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El me Milan - ricordi di un Nature Boy

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Era, è e sarà sempre così. Perché quando il ricordo piega, e senti un'odore d'asfalto grigio nei pori della pelle so che lei, al me Milan, mi parla.  E abbasso gli occhi, perché non ho risolto nulla e, forse, non c'era nulla da risolvere, se non la tirannia di un racconto.  E metto le mani in tasca, come allora facevo in quelle, bucate, del mio Montgomery col cammello con i bottoni in osso.  Era stato un regalo di papà, forse troppo largo, perché ero piccolo e magro; ma tanto "che male fa? poi ci cresce dentro".  E io ci sono cresciuto dentro e dentro ci sono cresciute le mie paure e quelle strane sensazioni adolescenti tra le costole, in una Milano che d'inverno sapeva d'umidità e d'estate, invece...d'umidità ancora.  Ci sono cresciuto dentro camminando per le strade e contando i tombini del Giambellino, con una calamita in tasca, perché a volte c'erano delle monetine da recuperare, per comprarci poi la spuma al bar, un posto dove papà mi dice

De profundis (una scrittura in onore di Vladimr Lubarov e Arvo Part)

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  Opera di Vladimir Lubarov Ci sono stato a lungo davanti a quello specchio che pareva riprodurre all'infinito una nenia di memoria, terzine di suoni che erano balzi - avanti e indietro, per poi tornare, chissà dove.  Chissà dove? E ho tenuto a lungo lo sguardo fisso sulla candela sullo scrittoio alla ricerca dell'anima nera e nobile che sostiene ogni nostra tremula speranza.  Nero all'interno, bianco in mezzo, azzurro fuori, queste sono le alchimie di una fragile fiamma.    Ma tu non c'eri, né mi accompagnava la tua voce, non più. Allora mi sono rivolto ai semidei che abitano la mia libreria e ho cercato parole, lemmi di conforto. Ma le lettere si mescolavano come sotto uno sguardo fortemente dislessico e componevano continui nonsense in lingue arcane e sconosciute. Una sola aveva contorni di fuoco: una Alef, muta e regale.  Mi guardava dentro le iridi senza cercare nulla, o forse cercando il nulla che le abitava.  Fu allora che una goccia d'ambra mi rigò il viso. 

LA TARANTOLA (UN RACCONTO DI LUANA MINATO - già apparso nell’antologia “Schegge e frammenti”, Terra d’ulivi edizioni, 2019)

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Il racconto La Tarantola  che qui si presenta  è già stato pubblicato nell’antologia “Schegge e frammenti”,  Terra d’ulivi edizioni , 2019,   curata da Elio Scarciglia LA TARANTOLA Mattia Contini non amava i ragni e non li amava per un timore irrazionale, una paura infantile che riusciva a esorcizzare soltanto quando ne catturava uno e lo vedeva imbalsamato.  Lo prendeva cautamente con un piccolo retino, facendo attenzione a lasciarlo intatto, poi lo rovesciava in un vasetto di vetro ben sigillato e quando era sicuro che l'animale fosse morto, lo ”imbalsamava“ con un metodo che aveva appreso consultando i forum entomologi.  Solo in questo modo riusciva a tranquillizzarsi e a scacciare quell'idea assurda che gli veniva tutte le volte che ne vedeva uno, cioè di immaginare di essere lui la preda invischiata nei fili insidiosi della ragnatela e finire divorato nelle fauci di una aracnide a otto zampe.  Con gli anni aveva collezionato diversi esemplari di Araneae ma questa sua oss

Il femminile (negli occhi di quest'uomo)

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"Il femminile" , dicevi. "Il femminile" , ascoltavo, e già la mia mente si perdeva. Perché nel cuore di quest' uomo il femminile è voce nascosta, volto velato. Nel cuore di quest'uomo il femminile è il lontano abbaiare di un cane; in una notte d'estate. Un addio soffocato: perché? Perché io? Perché a me? È una lucina accesa poi in sguardi nuovi - vieni, completami, colmami. Nel cuore quest'uomo femminile non è mai evidenza, semmai emergenza, inciampo, canto e sussurro. È velo, ricordo, urlo strozzato, affogato in pinte di birra. Nel cuore di quest' uomo il femminile è apparizione e sparizione, separazione, assenza d'azione. Sono mani tese verso un vuoto che acceca (è:  mamma perché non torni ciò che eri? Perché non torni? ) "Il femminile" , dicevi, "dobbiamo riscoprirlo" . E rallentava il respiro. Il mio. Perché quella ri-scoperta nel cuore di quest' uomo è atto di coraggio; mai avuto prima, estremo e radic

"La immaginavo tonda"

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  "La immaginavo tonda  da bambina la vita", avvocato, " tonda e felice". Io ascoltavo e avrei voluto accendermi una sigaretta, ma non si poteva, perché certi racconti ti riempiono di fumo gli occhi e non serve fingere un distacco che non riesci ad avere.  "Le infanzie rovinate, le infanzie rovinate"  ripeteva la mia mente mentre la donna continuava il suo racconto.  "Ora ho paura di tutto e quel mostro, anche se l'abbiamo reso innocuo, mi ha rovinato il cerchio " . E vorrei dirle di farsi aiutare, che esistono associazioni alle quali posso introdurla per superare il trauma.  Ma ha lo sguardo fisso, vitreo, senza vita, di chi non trova più senso in nessuna parola di conforto.  E poi quali parole, Avv. Donati? Quelle che ti si strozzano in gola insieme al ricordo di un bambino che urlava di notte per la paura del buio, in una casa di periferia dove tutto sapeva di un dolore non detto dai sei milioni di nomi? Quali parole? Quelle che riconoscon

Kerameikos di Isabella Bignozzi

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Isabella Bignozzi Nasce il respiro duro dai giorni del taglio. Il frangersi degl’involucri, le unghie nella sabbia, i piedi sulla roccia bruna. Nelle cose taglienti il dolore s’apre il varco allo sterno, nel margine obliquo, che dà forma al nero. Senza corpo, senza luce. Giorni di cui non si ricorda il passo, ma il catrame alle suole, la ferraglia rotta nel fosso, le sagome cupe al vetro. Bocche di pesce. Nel buio degli alberi, un bosco. Finestre come portali. Riquadro di pioggia, riflesso di fiamma, nel tremore. Si solleva il mento con gli occhi vuoti, senza orizzonte, senza soffitto. Non le mani arcuate dalle vene, non il caldo del fiato, ma il margine affilato dei tetti, il grido dei corvi. La ghiaia bagnata, il vaso rotto nel gelo, gli uccelli sulle gronde. Rami intrecciati di rancore. È qui, nel tedio del vento, l’uscio di una casa vuota, che sbatte le imposte sul retro. Qui le ciotole di polvere, i ricordi come stoviglie sporche, un grigio che ferma le mani sul tavolo. Non ci sar