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Poesie inedite di Anna Segre con "lettera aperta alla poeta" di Sergio Daniele Donati

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  Cara Anna, lo sai, da sempre seguo i tuoi percorsi di vita e nella parola, poetica, e non.  E so, come tu sai di me, che esiste una visione laterale delle cose che ci accomuna, anche nella diversità dei tratti.  Io spesso mi nascondo dietro la parola, lo  sai e, in quel nascondiglio, mi elevo, per il poco che è concesso al cieco lavorio di un lombrico,   coi suoni e i ricordi che la parola veicola.  Io sono un attraversato , sai anche questo, da voci che in fondo non mi appartengono e più che scrivere trascrivo un antico dettato su un foglio un po' stropicciato. Tu, al contrario, sei talmente legata al  VERO  nei tuoi tratti che a volte per me leggerli è stordimento; quest'assenza totale di nascondimento, questo dire ciò che è, senza nemmeno celarlo in un'iperbole, in un climax, in un escamotage retorico di quelli che tranquillizzano, è per me fonte di ammirata visione. E, allo stesso tempo, non voglio nascondertelo, mi crea un sentimento di piccolezza enorme, questo tuo

(Redazione) - Lettera aperta a Gabriella Grasso in occasione dell'uscita della sua raccolta "Sciott" (Puntoacapo ed., 2024) di Sergio Daniele Donati

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  Sapevo, Gabriella, della mia incapacità - quasi un impossibilia  - di scrivere una nota di lettura classica alla tua raccolta Sciott ( Puntoacapo ed ., 2024), ancora prima di averla tra le mani. Perchè conosco i tuoi tratti, i timbri della tua voce poetica e i suoi ritmi, che così tanto spesso mi zittiscono e annullano la mia capacità di pormi al di fuori, o sopra, o a lato del testo. Nei tuoi testi c'è solo un luogo, ove io possa sostare: dentro. Leggerti, lo sai, per me è percorrere assieme a te le tue vie, soffermarmi nelle tue piazze, in quello Sciott che io immagino tondo ed accogliente storie di vita, dal calore tipicamente mediterraneo. E significa per me magari sedersi su un muretto a secco di quella stessa piazza, assaporare un gelato e trovar risposte. Così ad esempio mi è successo leggendo la tua Il poeta, forse, ché già su quell'avverbio in cui credo tanto, su quell'eppure sospeso possiamo stendere i panni di una domanda antica e persistente su cosa sia  poes

Lettera aperta di Sergio Daniele Donati a Danila di Croce (a proposito della raccolta "Ciò che vedo è luce" - pequod ed., 2023)

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  Mette rami più degli alti alberi  quel seme. E la forza  di quel seme ora è nel volo degli uccelli che lassù fanno il loro nido. dici tu, e io, abituato a sporcarmi le mani con l'humus nero della parola, non posso non pensare che la forza del seme — di ogni seme — è nella sua morte, nel suo sapersi annullare, perdere essenza per divenire altro da sé: germoglio, pianta, luogo di nidificazione e riposo per gli uccelli dell'interpretazione.  Ogni nostra parola dice — banale a dirsi — e, dicendo, si annulla, abbandona sé stessa e la culla del non detto da cui giunge, per permettere un volo sacro: quello dell'interpretazione, di un ermeneutica che è sempre altro da ciò che è stato detto.  Ecco la luce della tua raccolta, Danila, e — permettimi di dirtelo — anche la sua fertile penombra.  Perchè tu scrivi senza contorni, eppure in questo tuo approccio ai sacri pennini sembri non dimenticare mai il limite creativo del foglio.  Che occhi ha quell'ombra che mi gira attorno e

(Redazione) - Non alla poesia, non al poeta...alla «parola» - lettera aperta a Mirea Borgia a proposito della raccolta "Ismi" (Il Convivio ed., 2024) - una "non-nota di lettura" di Sergio Daniele Donati

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  Non alla poesia, non al poeta...alla «Parola». Questo volevo dirti, Mirea, dopo aver letto la tua raccolta " Ismi " (Il Convivio ed., 2024).  Ché forse siamo tutti presi da un imperativo tiranno che ci porta a cercare di definire il piccolo di fronte all'eterno  —  o all'abisso  —  che si dipana davanti ai nostri occhi. Umano, teneramente troppo umano, ridurre il reale ai limiti della nostra retina, Mirea.  Ma, leggendoti e soffermandomi sulle nenie senza tempo che proponi al lettore, io l'ho sentito quel richiamo. Ed era sottile e tenue, celato nelle tue ripetizioni, nell'ossessione di un avvilupparsi di lemmi alla ricerca di significanti: la Parola, prima della poesia, infinitamente prima del poeta. Hai ridato valore e spiegazione allo stento di una parola che sorge da lande melmose per divenire scia celeste, come sempre avviene; non senza fatica, non senza affanno. «La parola così poco umana da divenire Umanità» — questo pensavo leggendoti, ché in questa