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A proposito de "La tera coverta" (La terra coperta) di Carlo Rettore (Puntoacapo ed, 2023)

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Prima ancora di essere dialogo - o forse per poterlo diventare - la poesia è incontro. E ogni incontro, come sosteneva Freud, nasce come un primigenio inciampo disturbante nell'alterità.  L'altro da noi è, primariamente, elemento di disturbo per il piccolo equilibrio instabile che costruiamo attorno a noi stessi, come se fosse uno scudo. L'incontro con l'altro ci obbliga ad uscire da una zona di conforto per riconoscere nell'alterità i semi della nostra stessa identità - non c'è nulla di più rifiutato della conoscenza del proprio Sé - e del nostro possibile viaggio di ritorno in noi stessi .  La poesia, dicevo, ha anche questa spinta inziale - faticata e faticosa - soprattutto perché chi la legge è, in un certo senso, obbligato a lasciare che le altrui parole lo modifichino, che lo spostino da dove pensava, fallacemente, di aver messo radici per esplorare territori nuovi o, quantomeno, dimenticati.  L'incontro con l'altro, quindi, inizialmente è sempre