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Protections - Protezioni

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" Stasi ": foto di Sergio Daniele Donati   Protections Tu sais, quand je pose la plume,   et laisse ma dernière larme d'encre,   dans le stylo que je veux muet,   c'est pour te protéger, mon fils,   de l'illusion du vol dans les mots.   Les mots sont des plumes   et doivent être maintenus   à la juste distance   de l'astre qu'on appelle Silence;   un dieu mineur qui demande en tribut   son souvenir éternel   dans les espaces vides   entre les lettres et les termes;   entre les mots et les paroles,   entre l'espoir d'un retour   et le désir de fuite vers l'Ailleurs;   là où un cerf blanc   broute des herbes couleur d'espérance,   ignorant du poids que porte au monde   l'oubli de son brame. ________ Protezioni (Traduzione dal francese di  Sergio Daniele Donati) Lo sai, quando poso la penna,   e lascio la mia ultima   lacrima d'inchiostro,   nel pennino che voglio afono,   è per proteggerti, figlio, dall'illusione del volo nella pa

Genere In-verso - 14 - Laboratorio della censura. Chi ha paura del baccanale?

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  di David La Mantia   I Bacchanalia erano una festività romana, svolta tra le idi (15) ed il 17 del mese di marzo. Erano di chiara origine greca, legati ai misteri dionisiaci, citati anche nei Fasti di Ovidio. Il nome, però, è di origine romana e deriva da rituali dedicati a Bacco, anche se la sua derivazione è più antica e risale alla Magna Grecia, in particolare alla Campania, dove era fortemente radicato il culto di Dioniso, identificato con Bacco e Liber. In epoca romana, ma anche prima, era una festa divenuta in un secondo momento propiziatoria degli dei in occasione della semina e delle messi. Non a caso, in un secondo momento, confluirono ad aprile nei Cerelia, che festeggiavano Cerere, dea dei raccolti. La diffusione del culto orgiastico di Bacco a Roma avvenne intorno al II secolo a.C. Dal culto aperto a tutti del Dio Libero, benefica e solare divinità dei campi, tutta italica, si passó ad un culto misterico e notturno, riservato ai soli iniziati (originariamente solo donne,

Due poeti allo specchio (Laura D'Angelo e Sergio Daniele Donati)

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Come tu sai di Laura D'Angelo Bambina, vorrei che gli adulti che incontrerai crescendo fossero capaci di dolcezza e giustizia, vorrei che tu possa specchiarti nei loro sguardi e conoscerti un po' di più, vorrei che il dolore fosse l'altra faccia dell'amore, e che tu lo sappia, accogliendolo. Vorrei che tu apprenda il dono della comprensione, per essere meno sola, perchè tu possa ascoltare, perchè così l'amore è amore. Bambina, ora che crescerai vorrei che la memoria fosse per te amore perenne. Vorrei che il ricordo fosse il segno di un bene che si perpetua nel tempo, cosicchè niente per te vada via, ma che tutto sia, ancora. Vorrei che tu fossi piena di un amore vero e giusto, e che d'amore tu possa fare un canto, un persempre, ancora come tu sai una poesia.     Ti capiterà, bimbo di Sergio Daniele Donati Ti capiterà, bimbo, d'incontrare della vita striature  malinconiche  di un tramonto e capirai allora che la parola fine porta con sé  un doppio

Corrispondenze (due poete allo specchio) - di Irene Sabetta e Maria Benedetta Cerro

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_________ La finestra di Sandro di Irene Sabetta In-finite quattro volte mai estirpate le erbacce invadono la stanza da piccola cantavo filastrocche alla finestra mia nonna giocava all’uncinetto la distilleria distillava goccia a goccia il fluido trascorrere dell’infanzia di-stilla e canta di-stilla e piangi di-stilla e cresci di-stilla e cuci una tenda nuova di zecca una tenda fatta di stracci la matassa in gomitolo dipana _________ La trifora di casa di Maria Benedetta Cerro Quattro volte bendata        non vuole accecarsi. Trifora rovente     tre arsi occhi all’indietro rivolti. La grata alta dell’infanzia        quattro figli in un letto        quattro alterne malattie. Due madri. L’una dalla foto     tirava i corti lenzuoli l’altra lavava e cantava         cantava e lavava         cantava e Impazziva. La pialla lisciava le vene dell’abete del rovere del mogano del pioppo. La grand-mère dondolava e imitava la morte.   Noi la vita. Con l’arco / la lotta / le biglie     corda / bambo

La vibrazione dell'abbandono (Oblivion)

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  Foto ricavata dal Web Eppure trema ancora  e vibra, e, più lo tacito e ne spezzetto il nome  in tessere dello Scarabeo, più lui trema.   La vibrazione dell'abbandono è un bicordo antico.   Il resto sono richiami  alla nebbia della solitudine che non hai inventato tu, nè hai importato tu nella mia vita.   Nè l'avrei voluta io quando, nato al mondo, mi fu negato l'abbraccio che da sempre dona il respiro a chi odora ancora di placenta e del sogno di un ventre capace di filtrare  gli stridii della vita in suoni di cetra.   Ora tu vai, e così io, consapevoli entrambi  che un amore inizia prima dell'incontro e, se finisce, trasmette al mondo la sua bava di lumaca e il suono di questa fisarmonica che non ha sosta e dona a esseri inconsapevoli la sua nostalgica  e senza via di fuga rotazione attorno ad un sole che si fa beffa  dei nostri strazi.   Oblivion de Astor Piazzolla  Animazione di Ryan Woodward Video lettura  di Sergio Carlacchiani    

(Redazione) - Muto Canto - 16 - Gaston Bachelard: la fiamma come sostanza poetizzante

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di Anna Rita Merico …Chi ci aiuterà a discendere nelle nostre caverne? Chi ci aiuterà a ritrovare, a riconoscere, a conoscere il nostro essere duplice che, da una notte all’altra, ci fa esistere. Questo sonnambulo, che non cammina sulle strade della vita, ma che scende, scende sempre alla ricerca di dimore immemorabili. Il sogno notturno, nel suo profondo, è un mistero di ontologia… 1   Riflettere sugli infiniti rimandi a cui il fuoco può inviare apre orizzonti tutti da esplorare. Il primo richiamo è all’antico: nelle viscere di grotte preistoriche, la fiamma illumina, nel bordo scomposto dal movimento del bagliore, la proiezione della lotta-amicizia con l’animale. Si scorgono elementi che compongono la frase: la grandezza dell’animale, la paura suscitata, l’arte del suo contenimento attraverso l’agito nella pittura parietale, l’esplosione di una prosa intrisa, sino all’inverosimile, di simbolismo fino ad allora inaudito. Assistiamo muti all’alba di cosa? Si delineano aurorali process

"Un palpitio lontano e costante" - tre poesie inedite di Gisella Canzian con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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      Se c'è una cosa, a parer mio, che assimila la scrittura poetica al vivere o, se vogliamo prendere il percorso dell'astrazione, alla Vita, intesa come fenomeno più grande delle nostre stesse esistenze, è che il loro ritmo interno, il loro palpitio, se vogliamo rifarci all'archetipo del cuore, a volte si percepisce netto, altre volte pare esser un suono indistinto e costante, retrostante l'udito di chi legge (e vive). La vitalità delle immagini poetiche, così come quelle di un paesaggio colto da un treno, è sempre un Altrove, certo, ma un Altrove Prossimo e non talmente distante da non farci udire i suoi mugugni, così come i suoi canti. Queste riflessioni di poco peso, eppure per me importanti, mi sono giunte leggendo queste tre poesie inedite di Gisella Canzian , figlia di una terra, il Veneto, che queste riflessioni conosce sin troppo bene.  Sono poesie, come vedrete leggendole, allo stesso tempo potenti, in un certo senso disarticolanti, ma sempre rispettose dell