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(Redazione) - Estratto (con nota di lettura) dalla raccolta "Cucina Vigliacca - Ricette per rimanere in vita" (Affiori ed., 2024)

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  È sempre un piacere poter andare all'incontro di una poesia capace allo stesso tempo di farsi testimone di un'intrinseca sua ironia e, allo stesso tempo, di veicolare nella mente del lettore riflessioni e pensieri dal contenuto serio.  Ed è questa, in fondo, la funzione precipua dell'ironia applicata alla scrittura e, in particolare, alla poesia. Anni fa un maestro di pensiero mi chiese, per l'appunto quale fosse a mio avviso lo scopo di una battuta ironica. Di fronte al mio sorriso imbarazzato -  non avevo una risposta pronta a portata di mano - mi guardò e sorrise e poi aggiunse: "Poco importa se non hai risposte, la domanda ti aprirà varchi inimmaginati, soprattutto se saprai  cogliere il lato ironico in ogni cosa". Poi prese un pacco che aveva sul tavolo, ne strappo l'involucro di carta, ne guardò il contenuto e rise. Ecco cosa fa l'ironia: spezza, lacera, apre le coperture della vita ma solo per capire cosa c'è dentro, di lato, sopra, attorn...

Da "Midbar" (di Raffaela Fazio - Raffaelli Editore, 2019) - 08 - Teshuvà

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  TESHUVÀ (La nuova scelta di Giuda) Tratto da "Midbar" (di Raffaela Fazio - Raffaelli Editore, 2019) “ Allora Giuda gli si fece innanzi e disse […]: «[…] Abbiamo un padre vecchio   e un figlio ancora giovane natogli in vecchiaia, il fratello che aveva è morto ed egli è rimasto l’unico figlio di quella madre […]. Ora, lascia che il tuo servo rimanga al posto del giovinetto […] e il giovinetto torni lassù con i suoi fratelli! […]»” (Gn 44,18.20.33). Spogliammo, vendemmo il fratello più amato. Da allora il passato è sospeso: è l’eco dell’ultimo siclo che non tocca terra. Un tranello un cadere infinito. Ma il vuoto di un tempo esige il suo suono. Il potente reclama di noi l’innocente, il solo rimasto. Fratelli, fermate la fame del pozzo! Ch’io prenda il suo posto e risani lo squarcio. È il salto a ritroso, il ritorno in fondo alla cisterna il costo per uscire dal passato. Solo allora l’argento sfiora il suolo. Il futuro è calarsi nel buio una...

Due poeti allo specchio (Mara Venuto e Sergio Daniele Donati)

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  Sfuggire al trascinamento del corpo nello spazio, alla testa come raffigurazione alienata di ciò che è incorruttibile. Il nostro giustificarci di fronte alla vita, una volta e non altre, ci ha condotto alle foglie del cedro, agli aghi nutriti dalla linfa. Pur non volendo lasciare un rifugio per il distacco, passeremo alla terra e al suo riconoscerci. (inedito di Mara Venuto - 2025) Una cadenza lenta  – una caduta controllata – governa la nostra dimora nei modi verbali dell'infinito, là dove il corpo si fa scaglia, scheggia nero-ossidiana  di intuizioni che non ci appartengono. È il territorio inesplorato, il limine del non presente tra passato e futuro dove le nostre memorie vegetali plasmano maschere d'argilla  sacra grigio-speranza  e profumi d'agrumi  incontrano il canto atonale  della cannella e della mandorla. Nei modi verbali dell'infinito si cullano sinestesie nascoste, (e tu, e io) e noi sfioriamo la pelle di tartaruga di un altro che bussa c...

(Redazione) - Estratto dalla raccolta di Luigi Finucci "La prima notte al mondo" (Seri Editore, 2024) - con nota di lettura di Sergio Daniel Donati

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  Quando scrittura e simbolo incontrano i territori del silenzio e della diluizione dei significanti è necessario un grande sforzo sia per il poeta che per il suo lettore per mantenere schiena dritta e orecchio teso  all'ascolto di ciò che si esprime spesso con sussurri appena accennati. Occorre poi avere tra le proprie mani (qui parlo del poeta) un pennino fine (o un extra-fine) capace di dire nel sottile tutto ciò che nel fiume in piena dell'esistente sfugge.  Quando, in altre parole, all'onda del flusso di parole che necessariamente attraversa il poeta viene applicato il setaccio, quasi sacro, dalle maglie strettissime, di un discernimento antico, si è in presenza di una poesia che aspira all'altezza, alla verticalizzazione e al ritorno, con diversa coscienza nel Regno del Silenzio. Appare a chi vi scrive che questo sia senza dubbio il senso profondo del versificare di Luigi Finucci , come emerge nelle stupenda raccolta La prima notte al mondo (Seri Ed., 2024) opera ...

(Redazione) - Figuracce retoriche - 26 - Chiasmo

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    di Annalisa Mercurio Silenziooooooo! Non fate tutto questo chiasmo che mi devo concentrare! La figura retorica di oggi è la mia croce! Infatti, chiasmo deriva dal greco χιασμός : in greco chiasmós, da chiázō, “cioè dispongo in forma di χ”, ma attenzione! ⚠️ Infatti, la ventiduesima lettera dell’alfabeto greco non si legge “ics”, ma “chi” (per questo si chiama chiasmo e non icsasmo!) Perché prende il nome da questa lettera? Direte voi, e prima di sapere di cosa si trattasse me lo chiedevo anch'io. Allora ragioniamo: cos’ha di caratteristico questa lettera? È formata da due diagonali incrociate e, se la tagliassimo a metà nel suo punto più stretto, avremmo una “V” nella parte superiore, e nella parte inferiore una “V” capovolta a specchio. Questa peculiarità fa sì che sia perfetta per rappresentare il chiasmo, figura retorica che prende due elementi generalmente disposti parallelamente e li ricolloca secondo uno schema incrociato, a specchio, per esempio in poesia un verso...

Elia

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Sapevo del progetto e del meccanismo che regola senza errore la manifestazione del caos. Conoscevo le argille e le malte, i mattoni del muro dietro il quale canta il grillo, in lingua primaria e senza declinazione. Eppure hai scelto di parlarmi del tuo silenzio dal silenzio dei cedri e di obbligarmi a coprire i volti per evitare l'ustione dell'infinitamente piccolo su pelli già cotte dai raggi della tua assenza. Vento, incendio e terremoto furono le tue maschere senza voce né richiamo per abituare le mie orecchie alla privazione di suono dietro cui si cela la narrazione della nascita nel fuoco e nella pietra di una lingua universale. Ne scrivo ora sapendo del carro che mi attende dietro il grande luminare, al tramonto. סלה¹ _____ NOTE ¹  Trans. Sèlah - termine ebraico che nella liturgia, specie nei Salmi, indica una pausa sia ritmica che di riflessione. ² Foto e testo - inedito 2025 - di Sergio Daniele Donati

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 40 - Piccole riflessioni laterali sull'etica della parola (prima parte)

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  di Sergio Daniele Donati I A ben vedere, non c'è una grande distanza tra scrivere poesia e osservare del respiro le apnee.  Ogni tentativo di scrittura si situa sul sentiero stretto tra l'esperienza della vita e la sua rielaborazione mediata.  Eppure chi scrive sente necessariamente vibrare tra i suoi segni un afflato vitale che traduce – come può – nei lemmi che poi elegge come degni di posarsi sulla carta.  E ogni tratto di scrittura allo stesso tempo crea mondi e vive l'entropia del limite congenito della parola.  Di questo è ben cosciente il poeta che sa che non esiste lettera che non celi in sé una chiave di nascondimento e, allo stesso tempo, un significante  che in un certo senso non ne nasconda un altro; mille altri. Ciò che spesso viene chiamato stupore , quindi, in poesia altro non è che una sorta di fermata, un momento di stasi che ci permette di stare in contatto con la parola , sia quando scriviamo che come lettori.  Ovviamente ci sono p...

Questions intemporelles (Domande senza tempo)

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  Foto di Sergio Daniele Donati - Museo archeologico di Atene Quel est l'odeur de la cage   de la chambre-prison   dont je cache les clés  pour ne pas pouvoir me dire   libre d'en sortir? Et quel chant chante   le maître-silence dans les nuits d'août, alors que mon nom dilue   ses couleurs sur le fond de brouillard   de mes désirs? Combien de pas séparent   le choix de naître   de la conclusion du cycle,   et combien de temps dure l'apnée   entre la Tav et la nouvelle Alef? Pourquoi l'absence d'adjectifs ici me semble parler la langue   de l'intemporel et sans intention   alors que les symboles éternels du rêve   teintent de gris les volutes des fumées de l'Histoire?       L'enfant que je serai bientôt        se souviendra-t-il        de la balançoire refusée       ...

(Redazione) - Dissolvenze - 39 - Larua

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  di Arianna Bonino Foto di Arianna Bonino Larua Chi sono non so dirti, se mi chiedi. Esuvia la mia pelle ogni mattina e fuggo con il passo di faina mostrando al più le impronte dei miei piedi. Perché io bramo allor occhio che predi sfocata la mia immagine in sordina – come sull’erba all’alba fa la brina – per poi sottrarmi invece a quegli assedi? Forse pupille altrui fanno da specchio a me restituendo me, che guardo, per questo le titillo, le punzecchio? Ma se verso la luna punto un dardo, se fingo di spogliar più d’uno spicchio, lei con mia voce dice: “Sei in ritardo e d’animo codardo: tu temi di scoprirti già fantasma, né forma né sostanza, glauco plasma.”

(Redazione) - Passaggio in Grecia (Το πέρασμα στην Ελλάδα) - 05 - “Quella non ero io”: su "Era una nuvola" di Anne Carson

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    Di Maria Consiglia Alvino     Un bluff, un espediente, un imbroglio, una trovata, un gioiello di pensata. La verità è, che una nuvola andò a Troia. Fidatevi, Elena non è mai andata a Troia. È stato tutto un bluff. Al suo posto, ci è andato un eidolon , un fantasma o un doppio, come volete. Ce lo aveva già raccontato Euripide nella sua Elena (412 a.C.), seguendo a sua volta una versione del mito testimoniata da Stesicoro, Platone ( Fedro e Repubblica ) e dagli encomi di Gorgia e Isocrate; secondo questa tradizione “ apologetica ”, a Troia era andato un simulacro della vera Elena, finita, invece, per volontà degli dei e della Fortuna, in Egitto. È, questa Elena nascosta, una sorta di altra Penelope: fedele al marito, ma vittima della sua stessa bellezza e dell’odio causato dal suo doppio. Dalla nuvola, per l’appunto, per cui muoiono schiere di eroi e Troia è distrutta. È su questa scia che si colloca anche l’opera di Anne Carson, una delle voci più originali della...

(Redazione) - Fisiologia dei significanti in poesia - 08 - Greifen poetico: Greifen corporeo (parte II)

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  di Giansalvo Pio Fortunato   Parte II Delineare un insito parallelismo tra Greifen [1] corporeo e Greifen poetico o, meglio ancora, intendere anche semplicemente il Greifen per la poesia implica l’ammettere esplicitamente che la poesia sia un atto corporeo. Un atto corporeo che, nel dettaglio, si tesse nell’operatività reale del corpo, nella sua fenomenologia, nella sua attitudine strettamente percettiva. In tali termini, prima di proseguire nell’analisi, va precisato il senso con cui ci si riferisce al fisiologico . In quali ambiti – per intenderci – noi collochiamo il fisiologico e, conseguentemente, in quali termini la prensione poetica è fisiologica. La descrizione del Greifen – ed è abbastanza evidente – ha poco di fisiologico propriamente detto e molto di fenomenologico. Battere su questo chiodo non ha come intento il dare vigore alla fenomenologia (non è questo né il luogo, né l’ambito in cui discuterne), ma significa porre un orientamento interpretativo. Un ori...