Sull'adagio per archi di Samuel Barber (op. 11)
   Foto di George Christakis         Io, piccolo uomo,    che da quel nostro sogno comune ho ricavato   sopravvivenza e alberi e muschi    e mani carezzevoli immaginate sul tuo viso,    ti dico che so, amore mio.      So che tu vai, lontano,    dove i tuoi passi lenti ti conducono.    E so che non c'è spazio, statua di sale,    per il rimpianto nella tua scelta.    E so che il silenzio che ora mi chiedi   è una cerniera sigillata con cera lacca, rossa.      Mi volto allora io, che posso,    verso il mio passato di cherubino, ormai senz'ali.    E invoco, col tono rauco di un flauto spezzato,    un gelo eterno sul mio cuore.      Ma resta accesa in me la fiamma che tutto scioglie.    E io, piccolo uomo, la maledico.    Perché il suo fumo sale lento e storto    perdendosi nelle brume dell'evanescenza.    E non c'è spazio, né tempo, né segno   che possa coprire il mare placido della mia nostalgia.     ...