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Due poeti allo specchio (Mirea Borgia e Sergio Daniele Donati)

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  in questo giorno e in tutte le ore del domani il pavimento freddo tirerà a lucido l'uomo soffocherà l'identità che scopre nella graffiatura scivolerà di olio cera sguardi e volti tersi e in questo giorno e in tutte le parole del domani dovrò turbare il sonno dei morti appesi alle pareti invano pestare merda nascosta nell'erba del vicino e ancora perdonare la mia rinnovata sobrietà Mirea Borgia - inedito 2023 Già sento le ore del domani piangere del passato  il canto lento,  e nelle parole del poi la supplica di ritorno di un dio silenzioso alla terra che calpestiamo; distratti. I morti non hanno sonno ma vivono nel sogno - il nostro - e ciò che pensiamo sia la loro voce è solo il nostro canto di morte.                              Fedro non esiste,               è svanito nella pozza,               assieme a Narciso.               Resta invece lo strazio di Eco,               disumano e palindromo.                              Chiama un nome che non torna               al

Due poeti allo specchio (Mirea Borgia e Sergio Daniele Donati)

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  Ti voglio parlare dell’estremo morso e di ciò che resta della forma ‒ se resta ‒ nel tempo necessario a una cognizione. Ci ostiniamo alla disobbedienza cieca fino a quando un’occhiata all’occhio che rotea pronuncia il nostro destino. Vediamo in te la belva che ci consuma (siamo tutti Uno) e ancora adesso beneficiamo della ferocia. ‒ Sei leggendaria ‒ soffiamo ad aria bassa. ‒ Eroica quasi erotica, la dolcezza                                          del lasciarti andare . Il dialogo si smorza. Mi dici che il trucco è bramare con ripugnanza ma tu perdi tempo e resti qui a contemplare. Irretire l’armonia della fine. Dilungarti nel noi che ti ingrassa. Mirea Borgia  - inedito 2023 S'io fossi chi ancora non sono saprei far uso della piccolezza di una litote - è un gioco materno    quello della parola coi nostri limiti   per dirti delle mie notti - lo sguardo fisso sul muro    bianco del sogno cosciente   cercava assonanze   con le crepe che sentivo sottopelle.   Ma ancora non son

Tre inediti di Mirea Borgia

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La morte raccontava il movimento che la vita non riusciva a comprendere. Il sole, a farci da esempio, ‒ con le mille braccia adoranti ‒ si affermava per moltiplicato orgoglio. Era in auge l'ossessione: quelli che ancora non erano mai-vecchi scassavano di buio gli schermi. Un rumore inatteso, un sibilo di piscio a candeggiare il bianco. Non eravamo pronti per osteggiare i nuovi dei. Gridavamo solo allo scandalo. ______ L'effimero ha parlato di noi restando chino a baciare la bocca del vate. Ci fermiamo ad aspettare con la noia della compromissione ‒ noi, che trasportiamo da una parte all'altra il residuo l'ambiguità del chiarimento che brama quando tutto è disatteso o spaurito. L'istante vale l'istante che incrocia l'eterno determinato e indeterminato e viceversa. Nessuno ha la consapevolezza del disarmo. ______   Giustizia è fatta, l'identità è stagnante. Raggiungimi in quest’ acciderbolezza

Due poeti allo specchio (Mirea Borgia e Sergio Daniele Donati)

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Predicavamo il sogno, in riva. Il simbolo aveva lasciato le vestigia, i morti e il mare a cancellare tutto. Dio si era già confessato orfano. Eppure, restavamo ancora dritti - di umanità, infine - decretando le norme della nostra visione. Fine dell'umanità , primo punto. Libera la rotazione di accelerarsi. (Mirea Borgia -  inedito 2023) Li ho visti danzare a spirale e poi dondolarsi, prede d'una nenia antica e bruna. Li ho visti scambiarsi le pelli, e mutare colore alle iridi.  Ridevano, come ride il fachiro  del chiodo.  Li dicevano sporchi  solo coloro che disconoscono  il soffio che tramuta la polvere in vita. Avevano nuvole negli occhi e ali di falco tagliavano i loro cieli mentre cantavano un canto senza tempo; nel tempio del gioco davanti alla porta d'Oriente. Io li guardavo e non li dicevo ,  perché non c'è nulla da dire se non la fine d'un mondo, Mirea, là dove comincia  il nuovo che nasce. (Sergio D. Donati -  inedito 2023)

(Redazione) - Quattro poesie di Mirea Borgia tratte da "Cronaca dell'abbandono" con breve nota di lettura (il Convivio ed., 2022)

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Mi sono snaturata di venerdì.  Osservavo i panni sulla sedia  e la valigia già dettava il  percorso. Fuori, le rotelle  assorbivano i binari, mentre  i piedi deragliavano ancora.  Sono stati anni di manomissione,  di squarci abbandonati al  sogghigno del silenzio. La linea  guida tratteggiata convoglia  ogni ferita: l’altrove è una madre  che muore di sradicamento.    _____ Quando la maschera avrà svoltato l’angolo e la donna pagato la sua ultima pigione, quando la chiusa avrà scandito il nascondimento e passato il testimone a nuove mani,  potrai raccogliere i pezzi e ricompormi  sul rimorchio, strizzare l’occhio al mio amaro accadimento, indagare sulle lacrime che mi hanno intrisa, confortare la miseria salita sul podio. Ma leggerai una confessione dentro un diario vuoto. _____ Cosa accade?  Il lampo palesa la notte.  Pre-vede.  Allarme di chi non declina  nel buio.  Il ripiego più ambito è la fine.  Senza. ___________________________ Credo ha affollato le stanze: “mio dio – mio dio