Tzade (davanti al Giusto)


L'albero non nega
né acconsente.

Proclama la sua pienezza
dal silenzio delle radici.
E tace il canto
nell'ora che prepara i sogni.

Mi chiedevo dove
fosse la tua voce,
poi ho visto la corteccia.
Era la mia.
Sudori di resina
ne dicevano il passato.

Io non sono albero,
ma abbocco,
come pesce all'amo,
mentre danzano i simboli.

La parola è niente.
La parola è inciampo,
balbuziente,
è incanto di fattucchiera
per una mente semplice.

E io ne sono schiavo;
per questo non porto foglie
né dono frutti




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