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(Redazione) - Visioni contemporanee - 01 - A proposito di Valerio Scarapazzi

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  di Emanuela Maggini (Melita Ruiz) VALERIO SCARAPAZZI : pittore e disegnatore. Nasce a Roma nel 1978; compie i suoi studi presso il Primo Liceo Artistico di Roma in via di Ripetta, dove si diploma brillantemente seguendo soprattutto gli insegnamenti dei docenti Renzogallo e Bruno Conte. Viene scelto per illustrare album musicali di produzione privata spaziando dal bianco e nero al colore e unendo il tratto grafico ad un tocco sensibilmente interpretativo. Espone dal 2002 passando per via Margutta; vince numerosi premi, tra cui Premio Italia per Le Arti Visive (Firenze), Mostra Mercato a Budapest, partecipazioni al Premio Terna a Roma, ed altri numerosi eventi in cui dipinge dal vivo. Utilizza varie tecniche come acquerello, collage, acrilico, pastelli, matite, inchiostri, olio, e diversi supporti tra cui carta, multistrati cartacei, tela. Dalla fine del 2024 si dedica anche alla pittura enoica. Vive e lavora a Roma. Via d’uscita o d’entrata Quanto c’è di surrealista, romantico...

Il viaggio: da Abramo a Celan ( e ritorno)

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  Domani in ogni sinagoga del mondo si leggerà la Parashà di Lech Lechà  ( לֶךְ-לְךָ),  la centrale pericope della Torah che tradizionalmente si pone alla base del viaggio di Abramo alla scoperta fondativa del monoteismo. “Va’ via (lech lechà) dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre (dei tuoi avi), verso la terra che io ti mostrerò.” ( Genesi 12:1 ) Nella tradizione mistica ebraica, questo versetto, descrittivo della necessità dell'abbandono per la crescita spirituale, è però anche letto come un invito ontologico:  “vai verso te stesso”.  Il doppio termine lech (vai) e lecha (a te, per te) è, infatti, interpretato nello Zohar come un movimento interiore: “ per il tuo scopo, per la tua essenza, per il tuo segreto ” (Zohar I, 77b).  E in realtà la locuzione può essere letta in ebraico sia come Vai via/vattene che come Vai verso te stesso/all'incontro di te stesso. E questo, evidentemente, perchè il viaggio di Abramo non ha solo le caratte...

Sinestesia, poesia e meditazione ebraica

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  Per chi si diletta nella scrittura la " sinestesia " rientra senza dubbio nell'ambito della figurazione retorica e viene dagli stessi definita come un particolare tipo di metafora in cui un termine di uno specifico registro sensoriale ne richiama un altro di registro sensoriale diverso (ad es: il suono dei tuoi colori, il colore della tua voce) Eppure non ogni ricorso alla scrittura sinestetica si limita ad essere " escamotage " meramente retorico, potendosi ben immaginare che l'uso di locuzioni sinestetiche sia testimonianza di altro, di un'esperienza reale dell'autore. In questo ci conforta molto la moderna psicologia. La sinestesia, da un punto di vista medico, infatti, è una condizione in cui la stimolazione di un senso provoca automaticamente percezioni in altro/i sensi .  In altre parole, non è semplicemente una metafora o uno strumento del registro espressivo e di linguaggio, ma una reale esperienza percettiva vissuta da alcune ...

(Redazione) - Dissolvenze - 48 - Tusoteuthis

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  di Arianna Bonino Quando un tempo i cantonieri evocanti belle strofe, ancor liberi di fare come d’esser poco e niente, rinvenivano una scarpa dal veicolo caduta acquietavano il timore nel non quibus del silenzio. L’esemplare singolare stante destro per la strada ha il tropismo della foglia sopra il muro numerato: una calzatura sola da ch’è mondo desta il ciglio fa scompiglio, dà fastidio sulla rima palpebrale. È l’orrore d’esser colti dall’errore in contrassalto come smalto che sull’unghia millimetrico trascorre tal qual tempo che scolora. Sui soffitti museali stanno appesi i calamari che ciclopici e abissali furon bioluminescenza; carpo, dattilo e anche mano, ogni braccio ha le sue parti che movevan nella danza misteriosa di dorsali. Ora han l’aria d’impiccati: stinte sindoni spretate attraversano le volte ma di chiese sconsacrate. E però manca qualcosa dai colossi impolverati: un tentacolo gigante sta sinistro sul fondale, lacerato eppur vitale. L’esemplare singolare stante des...

(Redazione) - Fisiologia dei significati in poesia - 18 - Il poeta e la sua parola (Parte quarta - Antitesi)

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  di Giansalvo Pio Fortunato Ad un’analitica ipostatizzata della poesia risponde una ferrigna analitica espressiva, la cui ragione si istituisce nel modo proposizionale e nella rigorosa artigianalità. In tal senso, la riflessione meramente riconducibile ad un approccio da enunciato o la più costruttiva critica letteraria si muovono entro questo regno. Regno, nel dettaglio, tutt’altro che semplice, tutt’altro che coerentemente mediato. Senza dubbio – è bene precisarlo – la poesia, alla luce di un approccio proposizionale, trova poco spazio nella filosofia del linguaggio, malgrado evidenzi dei limiti anche abbastanza netti rispetto al diffuso modo di intendere scientificità e referenzialità del linguaggio. La pratica poetica, infatti, mostra abbastanza nettamente come uno stadio ontologico, logicamente costruito e dimostrato, possa essere smantellato dalla capacità connotativa e costitutrice di essenzialità ideali, com’è proprio della poesia. La rappresentazionalità sistematica del ...

(Redazione) - Anfratti - 09 - Autunno a Francoforte

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Di Alessandra Brisotto Che farei priva delle stagioni, dello scandire subìto, perciò sagomante, delle ore, della luce e della trasformazione. Che me ne farei di una libertà libera da tutto, attraverso la quale il mio corpo, privo di confini, si disperderebbe nell’aria tacendo per sempre. Mi pare simile alla morte, alla disgregazione della forza umana, alla privazione di quella gioia pazza di creare e distruggere a volte, anche ciò che si è forgiato, per raggiungere altri confini, ora più ampi, ora più ristretti, non senza dolore. Adesso che l’autunno è ritornato a raccogliere le foglie per l’amante, la portatrice dei suoi colori, la terra, ritorno a me, alle mie radici, dello stesso colore del fango. Ne sono lieta. Perché la terra va nutrita, rivoltata e idratata con le lacrime o la pioggia, con il vapore del respiro attraversato da parole e silenzi. Ieri sera un piccione nero si è attardato sul bordo del mio balcone. L’ho scorto quasi per caso, mimetizzato nella notte, dal brillare di...

(Redazione) - Voci dall'Umanesimo-Rinascimento - 08 - Il "De priscorum proprietate verborum" di Giuniano Maio: un caso controverso.

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  Di Gianni Antonio Palumbo Un ambito interessante, sebbene possa apparire arido (e a tratti lo sia anche), della produzione umanistica è rappresentato dalla lessicografia. L’attenzione ai classici determinava la volontà di raggiungere il pieno possesso delle lingue antiche, in particolar modo del latino. In tale prospettiva vanno letti gli Elegantiarum latinae linguae libri sex (I sei libri delle eleganze della lingua latina) di Lorenzo Valla, pubblicati postumi nel 1471 ma già circolanti negli anni Quaranta, o ancora il De Orthographia di Giovanni Tortelli, ch’era stato bibliotecario della Biblioteca Vaticana. Pubblicato postumo anch’esso sempre nel 1471, nasceva come un lessico dedicato alla corretta grafia delle parole di origine greca innestate nella lingua latina, ma finiva con l’essere ben più di questo; suggeriamo, per approfondimenti sull’opera, il volume di Gemma Donati, L’Orthographia di Giovanni Tortelli, Messina, Centro Interdipartimentale di Studi Umanistici, 2006. A ...