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Su "Primo levi e la coscienza poetica" (Elisa Occhipinti - Divergenze ed. 2021) - recensione di Sergio Daniele Donati

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  Poi arriva, anche per il tatuato , il momento dell'elaborazione; l'attimo di stacco -per me sublime- in cui guarda il proprio sforzo espressivo, il proprio piccolo alito sull'indicibile, prendere forma, seppur claudicante, evanescente; limitata. Per un ebreo parlare di Shoah è essenzialmente parlare di pelle e viscere; e interrogarsi sul rapporto e sulla possibilità di convivenza tra Shoah e Poesia è interrogarsi su un'ulcerazione profonda. Elisa Occhipinti nel suo magnifico libro Primo Levi e la coscienza poetica ( Divergenze ed . - 2021) è capace di percorrere quei crinali con delicatezza e profondità impareggiabili. Fa bene l'autrice, ad esempio, a delineare con chiarezza il punto di divergenza tra Levi e Celan sulla possibilità di poetare dopo Auschwitz. E per me, che del libro di Elisa Occhipinti sono stato appassionato lettore, il cenno a quella questione diviene altro da una mera discettazione accademica. Per chi scrive, specie se ebreo e specie se scrive