L’urlo più lancinante di tutti - un racconto di Antonella Perrotta

Sono nata piccola, sgusciata fuori tra le tue gambe nel tempo dell’urlo più lancinante di tutti. Non so dove lo prendesti l’ossigeno per quell’urlo, tu, così minuta. Lo raccontava mia nonna, tua madre, che non aveva mai sentito prima una partoriente lanciare un urlo come il tuo. Mi attaccasti al seno di mala voglia, (me lo diceva sempre nonna, tua madre). Poi iniziasti a piangere e il pianto mio si confondeva col tuo, ma non era lo stesso pianto, non credo: io ti cercavo e per questo piangevo; tu volevi che ti stessi lontana e per questo piangevi. Piangemmo entrambe per mesi finché io mi rassegnai e imparai a sorridere mentre tu continuavi a piangere. Avrò scoperto per caso la gioia di un sorriso e avrò pensato che era preferibile al piangere. Mentre tu, di piangere, non potevi più farne a meno. Fu per questo che ti rinchiusero in manicomio, ancora esistevano. Quando i manicomi furono chiusi, ti lasciarono andare. Tornasti a casa che avevo già otto anni, e neanche mi guardasti. Forse n...