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Visualizzazione dei post da aprile, 2024

Due poeti allo specchio (Luisa Trimarchi e Sergio Daniele Donati)

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  Luisa Trimarchi Stanza VII Raccolgo e mi raccolgo nella stanza - non ultima - la settima dove intravedo sul tavolo il tuo corpo mai nato: che capelli avevi? E gli occhi? E il tuo ridere? Ti ho parlato per notti intere - cercata nelle tombe dei bimbi morti - dove accarezzavo le foto. Il cimitero luogo perduto - mai visitato se non adulta negato nella memoria antica - memoria di effigi - storie intrecciate a epiteti perfetti - intagliati - tratteggiati come con lo scalpello - di foggia pregiata - angelo innocente vita appena intravista: del tuo corpo morto nessuna traccia. (ti avranno incenerita? Ah la retorica, maledetta retorica! Non si piange - salva sia la dignità - cerca la parola che non gridi ma che effonda!) Addormentavo bambole bambine sognando sorelline: tagliuzzavo capelli - cucivo copertine con buchi enormi mi accompagnavo alla solitudine dei giochi. (fra me e me - attendevo miracoli - scorgevo l’invisibile - mi accompagnavo alla desolazione nutrendo desideri: un giorno tu

(Redazione) - Dissolvenze - 30 - Otto

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  A cura di Arianna Bonino 06.50: La sveglia per andare a scuola ce la dava il nonno, che accendeva il fornello molto prima perché si scaldasse, come se stesse facendo prendere corpo e fiamma ad un piccolo falò, imponendo un passato remoto di gesti al futuro che lo aveva travolto, personificato in quella cucina economica di formica azzurra e bianca. 07.00: Un silenzio di versi e sbadigli si spandeva per casa: erano i nostri, tre piccoli mostri, tre bestie cieche impigliate nel sonno. 07.10: Il mio corridoio saputo a memoria, il gioco segreto dei passi sui visi di marmo inventati: 1-2-3: sinistro sul verde, poi il destro sul bianco x 2 e poi ancora verde, bianco, bianco, verde. “Prima che il gallo canti, ti avrò perdonato tre volte”, storpiavo contando. E non capivo. 07. 20: Per anni il caffè è stato solo il suo odore. Mio era il latte, di me che non ebbi il primo mai, né dopo. Sgorgava in fiotti sbagliati da strane mammelle-piramide. 07.30: La mano segreta pescava nel sacco: sfior

Beethoveniana (sulla settima sinfonia)

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  Sai che si alzano  fumi verticali di lontano?  Presenze di umana distanza,  in una natura che, verde, aspira al tramonto  ocra del pensiero. Volevo celarmi ancora tra le pieghe di quei suoni, ma i corni incitavano al ritorno, la veste strappata per il lungo viaggio, e i flauti restavano legati a una speranza di rinascita senza voce.  Io non so perché  mi parli d'amore mentre l'erba cresce indifferente  e il seme non sa che solo la sua morte,  un abbandono senza strappo,  donerà al mondo un nuovo virgulto.  Io non so perché mi chiedi com'è che io torni, inesorabile, a osservare un passato mai esistito e non posi mai il mio sguardo sulla falsità della primavera. So che mio è il canto nostalgico, il racconto senza sosta  del languore dell'antico, il sospiro d'addio di un popolo  troppo a lungo restato imperituro.  Ci diciamo vivi  ma disconosciamo le sabbie che hanno forgiato i nostri pensieri e le schegge di roccia che contengono i segreti dei nostri silenzi. E tu m

A proposito della raccolta di Daniele Ricci "Lezione di meraviglia" (peQuod ed., 2022) - nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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Un vero piacere per la Redazione de Le Parole di Fedro potersi soffermare sulla raccolta " Lezione di meraviglia " (peQuod ed., 2022), del poeta Daniele Ricci . Una scrittura la sua che traccia sempre linee chiare e malinconiche tra un vissuto personale e il riflesso e richiamo che questo può avere su un universale battente . Il poeta, in altre parole, si pone nella terra di confine tra osservazione/percezione e rielaborazione e il suo tingere questo percorso di nostalgiche sfumature pastello non può che rendere compartecipe il lettore del  dato di abbandono che ogni osservazione - e anche ogni scrittura - porta con sé. Nella lettura delle sue composizioni il senso di una perdita che, tuttavia, innaffia il terreno della consapevolezza, è dunque sempre presente. L'elemento poi di poetico abbandono è confermato dalla struttura dell'intera raccolta in cui il tema guida del viaggio   è molto presente.  Viaggio, quello del poeta, che, come dovrebbe essere ogni viaggio,

Sinagoga - Un sogno

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"La lotta con l'Angelo" di Eugène Delacroix   Resta la brina  sul ricordo di quell'abbraccio, sulla penombra di quel luogo  in cui il sacro si mescolava con l'odore dei nostri epiteli. Eri più vecchia e io, senza tempo, privato del tempo per dire del rimpianto e della nostalgia. «Mi sei mancata» , dicevo. «Ti amo ancora»,  rispondevi. Ma c'era poi quella presenza; il volto coperto da un velo di lino nero stava alla finestra  e prendeva in foto un luogo che vieta le immagini, dietro a un vetro che piangeva gocce di pioggia novembrina dense come colla. E il tuo spavento  e la mia rabbia mentre fustigavo il vuoto  con rami secchi intrecciati, pesanti come il marmo. Poi l'urlo strozzato in gola -  la mia -  «ti faccio vedere io cosa significa fotografare il vuoto», urlavo alzandomi.  Figlio del sogno ho lottato anche io contro il vuoto e ho perso l'attimo per dirti che anch'io ti amo ancora.  Là, in una sinagoga  abitata solo dal nostro incontro palind

(Redazione) - Non alla poesia, non al poeta...alla «parola» - lettera aperta a Mirea Borgia a proposito della raccolta "Ismi" (Il Convivio ed., 2024) - una "non-nota di lettura" di Sergio Daniele Donati

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  Non alla poesia, non al poeta...alla «Parola». Questo volevo dirti, Mirea, dopo aver letto la tua raccolta " Ismi " (Il Convivio ed., 2024).  Ché forse siamo tutti presi da un imperativo tiranno che ci porta a cercare di definire il piccolo di fronte all'eterno  —  o all'abisso  —  che si dipana davanti ai nostri occhi. Umano, teneramente troppo umano, ridurre il reale ai limiti della nostra retina, Mirea.  Ma, leggendoti e soffermandomi sulle nenie senza tempo che proponi al lettore, io l'ho sentito quel richiamo. Ed era sottile e tenue, celato nelle tue ripetizioni, nell'ossessione di un avvilupparsi di lemmi alla ricerca di significanti: la Parola, prima della poesia, infinitamente prima del poeta. Hai ridato valore e spiegazione allo stento di una parola che sorge da lande melmose per divenire scia celeste, come sempre avviene; non senza fatica, non senza affanno. «La parola così poco umana da divenire Umanità» — questo pensavo leggendoti, ché in questa

Due poeti allo specchio (Laura D'Angelo e Sergio Daniele Donati)

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  D'estate Qui c'è aria di primavera, eppure lo sento il desiderio che mi spinge a dirti, in cerca di un tuo cenno, di un tuo presente che sia tu, tu e tu soltanto. Fuggono questi anni e i fiori nuovi mi dicono che ancora un altro è passato, mentre cambiano le stagioni e le ombre dei ricordi si fanno più dolci. Mi baci e sei l'estate. (Laura d'Angelo - inedito 2024) L'incontro Nasce sempre da un profumo — un'ombra sottopelle, un'ambra di memoria — il desiderio di un incontro. E poi, lo sai, non dà cenni né attende invito il mistral sulla costa. Prendi delle mie parole, delle mie lettere bislacche, il vuoto di senso e lascia che parlino la lingua dei fiori di miseria ai tuoi lobi abituati al canto del sacro. Non ho altro dono che l'arte dell'inciampo; un bambino caduto di bicicletta che si preoccupa più del graffio sul manubrio che del ginocchio scorticato; questo sono io, e tu il mare. (Sergio Daniele Donati - inedito 2024) _____ NOTE BIOBIBLIOGRAFI

A proposito della raccolta di Enzo Cannizzo "Il cielo pende dai lampioni" (Algra Editore ,2020) - "non nota di lettura" di Sergio Daniele Donati

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  Dice il poeta  Enzo Cannizzo  (1) 2 ottobre ci prende per mano tra i bagliori dei parabrezza e lo schianto dolcissimo di un altro mattino piove in piazza roma una ragazza si stringe al dizionario e a me pare che in quest'assenza d'interpunzione prenda vita l'eterno gioco, quel nostro vivere il reale come una sequenza senza fine di immagini a cui, alle volte, non siamo in grado di dare che una descrizione minima, fugace. Perchè nel dire senz'altro aggiungere brilla sempre un significato ulteriore e, se volete, un gesto che ridona libertà - quindi è gesto di liberazione - il lettore dalle sue stesse catene.  C'è, in altre parole, nel dire senza attribuire che scarsi e incisivi aggettivi alle proprie parole, un'elevazione etica che lascia all'interprete il commento.  E questo ci fa stringere, come la ragazza sotto la pioggia, alle parole, alla loro potenza liberatoria, soprattutto se le stesse ci vengono donate come una essenza in sé.  E aggiunge il poeta: 13

Cinque poesie inedite di Patrizia Caffiero e una nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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  «...Forse questa montagna che ti ombreggia/questo ostacolo corposo e sfuggente/è soltanto la conseguenza amara/del tuo non dare un Nome alle Cose.» scrive in uno degli inediti che oggi pubblichiamo la poeta Patrizia Caffiero.  E in questi versi che paiono centrali mi pare di poter scorgere tracce di un pensiero che ha radici nelle profondità da un lato del Mito e dall'altro in un pensiero mediorientale ben preciso. C'è sempre tanto delle cose nel Nome delle cose , la loro essenza secondo alcuni pensieri, e c'è tanto di ricco nel saper tornare all'origine dei lemmi che danno Nome alle cose.  Ma questo pensiero, sembra suggerirci la poeta, porta con sé un'amarezza di fondo, ché altro non è che la constatazione dell'impossibilità di poter sfiorare la realtà delle cose al di fuori del linguaggio, della parola.  Ed, in fondo, è la stessa ossimorica dolce amarezza che ritroviamo nei versi: «...Ho costruito la casa nel mar/ma non avevo il progetto/quando sono andata

(Redazione) - Genere In-verso - 08 - ll gatto in poesia, simbolo del Femminino e della libertà

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  A cura di David La Mantia Rousseau: «Vi piacciono i gatti?». Boswell: «No». Rousseau: «Ne ero sicuro. È un segno del carattere. In questo avete l’istinto umano del dispotismo. Agli uomini non piacciono i gatti perché il gatto è libero e non si adatterà mai a essere schiavo. Non fa nulla su vostro ordine, come fanno altri animali». Boswell: «Nemmeno una gallina, obbedisce agli ordini». Rousseau: «Vi obbedirebbe, se sapeste farvi capire da essa. Un gatto vi capisce benissimo, ma non vi obbedisce».   di  James Boswell Tratto da Visita a Rousseau e a Voltaire traduzione di Bruno Fonzi, Adelphi 1993) Libertà, dunque. Del resto, i Greci chiamavano il gatto “ailouros”, l'essere che agita la coda, estremo emblema di autonomia, di rispetto degli altri perché non interessato ad esercitare potere. Ma perché identificare i gatti con la figura femminile? Certo, sono oggettivamente belli, armonici, autonomi, liberi, alieni dal servilismo, affascinanti nelle loro pose, capaci di dare affetto e