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Il quarto Alef-Bet - 02 (Alef/Bet)

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Scrivere dell'attimo  che precede ogni scrittura, del calore contenuto nel ghiaccio, d'una casa che attende un ritorno, prima che sia detto luce perché luce sia. E poi fermarsi a osservare il ritiro del Soffio nelle nostre gengive per permetterci la Parola; e sorridere  al futuro che si dipana davanti ai nostri occhi come nebbia,  e stillare lacrime di cristallo da occhi antracite  spezzando come pane  il ricordo d'una unità perduta.  Foto e testo inedito (2022) di Sergio Daniele Donati ©  

Il quarto Alef-Bet - 01 (Tav/Alef)

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Torna da un orizzonte profano l'onda del silenzio e lascia sulla rena  ricordi vuoti di rocce, sciolte dall'opera  immobile del paguro. La porta che si chiude  non sia un vuoto ma il luogo dalla cui serratura filtrano bagliori corruschi, prima che luce  sia detto perché luce sia. Ogni chiusura è sigillo e prisma e scompone  l'unico nel molteplice, l'afonia nel sibilo acuto d'una natura vergine a sé stessa. Innalzavamo a un firmamento assente inni d'incoscienza, la fronte ancora segnata  da limo sacro e fertile. Fummo detti figli del canto prima del primo suono, prima del primo intento e della prima visione. Fummo detti figli del soffio prima del primo alito, del primo aliseo e del primo seme. Per questo i padri  ci sfiorano le nuche; perché non sia detto  che il lichene dell'oblio possa intaccare la gola  d'un figlio che ricorda il suo futuro.

Fenice

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Non credere che ciò che cede e si cela e diviene evanescente si dissolva nelle terre dell'oblio. Fenice eterna, cerca  una nuova forma per risorgere. E se provi poi,  ammirato dalla sua trasformazione, ad accarezzargli le piume l'ustione sul tuo palmo sia testimonianza di quando hai cessato di credere nelle sue potenzialità. Oggi mi manca una voce, una sola, eppure mille. Le cerco tra le mie lettere e tace non solo la Alef, come è solita fare dalla notte dei tempi, ma anche la Tzade, canterina. Ha paura che il suo messaggio di giustizia oggi non sia adatto per un uomo con le ossa rotte. Si corica al mio fianco, come sempre, la Nun e mi canta una nenia antica e di miele; una nenia, la sua, di sole tre parole: Tu sei l'Uomo. Sergio Daniele Donati - inedito 2022 Foto di Noelle Oszwald

Alef

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Alef di Sergio Daniele Donati Ho compreso che mi guardi e taci, e attendi il mio primo vagito per passare la tua mano di madre sul mio volto. Ho compreso che il tuo silenzio, è spazio lasciato al vento messaggero, per comunicare il nuovo mondo. Là avrò posto e il mio nome, che ancora non pronunci, navigherà nel flusso di chi mi ha preceduto. Alef, madre eterna, con occhi di giada e sorriso evanescente.