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De profundis (una scrittura in onore di Vladimr Lubarov e Arvo Part)

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  Opera di Vladimir Lubarov Ci sono stato a lungo davanti a quello specchio che pareva riprodurre all'infinito una nenia di memoria, terzine di suoni che erano balzi - avanti e indietro, per poi tornare, chissà dove.  Chissà dove? E ho tenuto a lungo lo sguardo fisso sulla candela sullo scrittoio alla ricerca dell'anima nera e nobile che sostiene ogni nostra tremula speranza.  Nero all'interno, bianco in mezzo, azzurro fuori, queste sono le alchimie di una fragile fiamma.    Ma tu non c'eri, né mi accompagnava la tua voce, non più. Allora mi sono rivolto ai semidei che abitano la mia libreria e ho cercato parole, lemmi di conforto. Ma le lettere si mescolavano come sotto uno sguardo fortemente dislessico e componevano continui nonsense in lingue arcane e sconosciute. Una sola aveva contorni di fuoco: una Alef, muta e regale.  Mi guardava dentro le iridi senza cercare nulla, o forse cercando il nulla che le abitava.  Fu allora che una goccia d'ambra mi rigò il viso. 

Al limite boschivo (Dedicata a Thomas Bernhard)

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Dedicata a Thomas Bernhard Al limite boschivo , là, dove risulta facile  dichiarare sacri i muschi  e vagare con lo sguardo, senza appoggiare il ricordo ai suoni di cetra dittatori che martellano le mie tempie, al limite boschivo - dicevo -  ascoltavo la tua voce.  Non deflagrava, né era miele; sgretolava - questo sì - i cristalli di rocca delle mie certezze e parlava d'un uomo  con lo sguardo bambino  di mio padre, il cui pigolio arreso portava la ferita  d'un ritorno impossibile, d'una chiave  di comprensione negata  dai fiumi della storia. Al limite boschivo io no, non perdonavo,  né recitavo i Salmi nella lingua senza tempo; mi accucciavo su quella roccia in posizione fetale - l'occhio sinistro rivolto ai suoi ambrati licheni - e piangevo, come piange, senza saperlo, il salice mentre raccoglie dal ruscello delle memorie le lacrime di popoli annegati  nei gorghi e mulinelli d'una parola tiranna. Foto e testo inedito (2022) di Sergio Daniele Donati ©

Stasi

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È come un valzer il ritmo della stasi degli oggetti. Un tempo per osservare, un tempo per dirsi altrove, un tempo per tornare. Una penna appoggiata al tavolo è ciò che ha scritto,  ciò che non ha scritto, ciò che scriverà. Così la nostra esistenza tiene quel ritmo calmo, che nemmeno l'affanno, nemmeno il sigillo alla madre che ti guarda di lontano, riesce a coprire.  La vita è sempre in tre tempi; e ciò che è stato, e ciò che è, e ciò che sarà di un uomo che più scrive  e meno comprende; di un uomo che meno comprende e più scrive. Sergio Daniele Donati - inedito 2022 Foto di Noelle Oszwald

Stanze del velo

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Quante volte ho dimenticato, trascinato via dal sogno, che non c'è cielo più striato  di promesse color indaco che dire: "io proteggo". Là stava un filo teso  tra Oceano e Aldebaran; mi apprestavo a percorrerlo - il piede nudo e senza rete - sorretto solo dai graffi dell'abbandono Il velo copre - e la cecità sostiene - chi rifiuta la statua di sale alle sue spalle e porta - sulle spalle - il peso d'un futuro nemmeno intuito Ci volle il sogno   per trascinarmi via dalla litania che ripeteva solo il mio nome; dirsi per negarsi; dirsi  per negare il soffio dell'altrove. Il futuro non è l'attimo che segue - quello è il presente tra poco - Il futuro è il legame dorato con ciò che è bene resti  estraneo, per poterci dire vivi. E ci si allontana  dalla propria stessa ombra come s'allontana la cometa dalla propria coda; assenti a se stessi, finalmente. ______ Tutte le foto che hanno ispira

Ti benedica - יְבָרֶכְךָ

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  Paul Klee - All'inizio A mio figlio Gabriel  e a chi ne sorregge i passi Lo chiedo a te che scivoli tra le pieghe di lemmi stentati, balsamo e olio sacro sulle ferite  d'un uomo piccolo, benedici quell'ossidiana pura e non ricada sul figlio l'inciampo del padre, e traggano giovamento dal soffio che crea gli accenni di peluria sulle sue labbra. Accolgano  i tuoi volti una voce che cambia e assume timbri di muschio e sgretola in briciole  sacre ricordi d'assenza. M'hai donato facoltà di procreare, ora incidi un solco profondo tra padre e figlio e siano d'ambra e oro antico i ponti stretti tra passato e futuro. Si rivolga alla terra del ritorno, solo dopo lungo viaggio verso lo straniero, il suo passo. E fa che dimentichi, e poi ricordi, un padre che inciampa e balbetta a ogni respiro, e dedica ogni sforzo a tornare eretto in tempo per vedere la tua pace e i tuoi volti volgersi al figlio, e dimenticarsi infine del mio nome. Sia perfetta ai tuoi occhi la trasm