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Il sogno di Joyce (un racconto di Goffredo De Andreis) - con nota di lettura di Cristina Simoncini

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  IL SOGNO DI JOYCE Un sabato sera di metà giugno, James Joyce – che ha una ventina d’anni o giù di lì – mentre sta entrando al Davy Byrnes per bagnarsi il becco, tenta di rimorchiare una pollastra. Le ronza attorno, propone una pinta al pub, fa lo spiritoso. Insomma, ci prova, ma non si accorge che nei paraggi c’è il ganzo della ragazza, un tipo irascibile, un attaccabrighe incline al pestaggio che, appena si accorge delle mire del giovane Joyce, lo stende con due cazzotti poderosi e definitivi. Potrebbe chiudersi qua, ma il tipo è una bestia e ha tracannato in eccedenza, quindi, non pago, continua a colpire con i calci, finché, di punto in bianco, come se si fosse ricordato di un appuntamento, si gira e se ne va, lasciando Joyce con due costole rotte, un polso slogato, profondi tagli agli zigomi e l’autostima sotto i piedi. Il ragazzo Joyce rimane a terra a lungo. Il sangue gli esce dalla bocca, avrà sputato uno o più denti, probabilmente. Non ce la fa a muoversi e nemmeno a chie...