Post

Visualizzazione dei post con l'etichetta Jaques Lacan

Redazione: Un approccio lacaniano nella lettura di due episodi di Infanzia di Lev Tolstoj di Tiziano Mario Pellicanò

Immagine
Sigmund Freud equiparò il desiderio del ritorno alla fase della vita inorganica alla fusione con il materno, per Jacques Lacan il soggetto non ricerca quest’ultimo, ma aspira a colmare il Vuoto primordiale con la sua costante ricerca, destinata a chiarire il senso dell’esistenza, strettamente correlata alla coazione-a-ripetere: «la vita non pensa che a morire» . Non a caso, Jacques Lacan considerò l’esistenza come una ex-sistenza attraverso la rilettura del Todestrieb freudiano 1 . Il piccolo Nikolàj si ferma sulla soglia di questo vuoto di cui non possiede gli strumenti per una possibile decodifica, se non per mezzo del distacco e con un atteggiamento che rasenta l’indifferenza. Altri indizi, per la verità abbastanza palesi e neanche tanto censurati, ci illuminano sul rapporto tra il protagonista e la madre e possono essere rivelatori del comportamento scandaloso di Nikolaj dinanzi alla morte della donna e spiegarne, almeno in parte, le motivazioni. Un rapporto improntato, a volt

Farsi campo (rivisitando Lacan)

Immagine
Possiamo porre solo le domande di cui conosciamo già la risposta , ¹ eppur ci piace percepirci immersi in un tiepido dubbio, perché del socratico detto dimentichiamo ogni istante che la chiave è contenuta nelle prime due parole.  La morte e il dubbio  sono sempre atti di fede: senza fede nella morte  chi mai potrebbe sopportare la vita che vive? ² ____ ¹ affermazione di Jaques Lacan in una conferenza del 1972 alla Sorbonne. Ovviamente la stessa andrebbe rivista nel contesto dell'intero pensiero esposto dal grande pensatore in quella circostanza. ² sempre di Jaques Lacan alla medesima conferenza

(Redazione) Lo spazio vuoto tra le lettere - 03 - "La guerra è l'elaborazione paranoica d'un lutto" (Fornari, Lacan, Amichai e Ungaretti)

Immagine
A cura di  Sergio Daniele Donati “La guerra è un'elaborazione paranoica d'un lutto” dice lo psicoanalista Franco Fornari  nel suo indimenticabile saggio “Psicoanalisi della guerra” (1966) 1- 2 La frase può apparire criptica e sicuramente merita più profonde riflessioni di quelle che questa rubrica può offrire. Ad un primo livello sembrerebbe dirci che, sia per gli individui che per i popoli, guerra e conflitto sono la risposta esteriorizzata ad un dolore e lutto che si è incapaci di elaborare all'interno di sé.  E questo, sempre secondo Fornari, avviene secondo "dinamiche" che apprendiamo in età evolutiva e trovano radice nella paura della perdita della madre.  Il neonato, in altre parole, sente l'esigenza della madre, fonte di vita e nutrimento, per sopravvivere. Questo gli fa percepire una sorta di sdoppiamento perché la persona che gli dà la vita è in grado con la sua assenza,  anche eventuale, di dargli la morte.  Tende dunque, per sopravvivere a scindere