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Visualizzazione dei post da novembre, 2021

Chanukkah e Kintsugi

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Che vuoi che sia una crepa sul muro o una traccia nera, di muffa su soffitti umidi? E perché dovrei coprire i miei dolori con speranze dai suoni stranieri? Lascio la gioia del Kintsugi a chi maneggia la spada con la grazia del petalo bianco sul muschio - ne resto ammirato come chi sa riconoscere una maestria aliena. Io ho mani sporche d'inchiostro e in questi giorni mi scotto le dita con la cera; accendo candele nella speranza della speranza e, se non viene, non immagino la mia argilla, spezzata a terra, ricomposta da mani divine, né le mie vene attraversate da rivoli di metalli liquidi e preziosi. Ogni speranza di speranza contempla silenziosa la possibilità d'una caduta, anzi, d'un rotolio di massi su crinali scoscesi. (Sergio Daniele Donati - Inedito, novembre 2021) _____ [NdA: il titolo di questa poesia è derivato dalla festa ebraica di  Chanukkah  e dalla pratica tradizionale giapponese del  Kintsugi . Due modi diversi e profondi di narrare il r

(Redazione) Dissolvenze - 01 - All'improvviso

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  A cura di Arianna Bonino Se proprio dovessi finire nell’obiettivo della macchina fotografica di qualche scrutatore d’anime, l’ideale sarebbe non saperlo. E che lui fosse Miroslav Tichý . I più bei baci sono quelli rubati e forse questo vale anche per le fotografie.  Quelle dove non guardavi, quelle che ritagliano un particolare, un movimento, l'imperfezione di un istante che da qualsiasi diventa unico e irripetibile. Tutte le modelle di Miroslav Tichý lo sono state senza saperlo. Chi poteva sospettare infatti che quel clochard eccentrico e stralunato passeggiasse per le strade di Kyjov in cerca di movimenti da cogliere, di battiti inconsapevoli, di corpi ombrosi da tramutare in idoli carnali? D’altronde tra le mani aveva soltanto uno strano oggetto a forma di reflex, ma costruito in cartone, plastica e corda. Un giocattolo inoffensivo nelle mani di un vagabondo un po’ folle.  Tutto vero o quasi: un giocattolo, un vagabondo, la folle libertà di non possedere che i propri sguardi,

That old slow blues

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"Marea" di Sergio Daniele Donati Mi sono immaginato per un momento figlio d'un altra storia in cui non ridevi del mio batter sempre sugli stessi tasti e capivi che l'ultimo accordo di settima minore di un giro di blues richiama sempre il primo; in cui accettavi la feroce legge che vuole che due suoni siano identici solo in teoria - lo stesso tasto d'un piano, lo sai è influenzato dal peso del dito che lo percuote e, non meno, dalla sua umidità. Ma tu ridi, perché non sei figlia dell'umido. Per te il diverso non ha mai nulla a che fare con la ripetizione - come se le stagioni, diverse, sì, ogni volta, non si ripetessero ogni anno. Io però dell'umido sono ben figlio, ho labbra rosse e gonfie e la mia armonica è piena della mia saliva, i miei occhi colano umidità salata quando tengo un micro-secolo in più l'ultima settima, prima di tornare al primo accordo - non commuovono anche te gli ultimi caldi autunnali prima dell'inverno? E poi diciamolo, io son

Sognavo tanto

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  "Bella di notte" di Sergio Daniele Donati Sognavo tanto. Prima che mi togliessero il sogno, che lo tagliassero in coriandoli multicolori; prima che il pulcino tornasse nell'uovo e la terra fosse confusa di nuovo con le acque, io sognavo tanto. Tempo senza sogno, smemorato e asmatico, tempo che traccia linee evanescenti di dolore, macchie d'inchiostro simpatico su fogli senza firma. Però, prima, io sognavo tanto.

He (terzo ciclo)

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"He" di Sergio Daniele Donati Stiamo tutti fermi a osservar la soglia a farci cogliere dallo stupore d'un vento lontano. Pochi però sanno o dicono del dolore d'ogni narrazione dello strappo e dell'abbandono, del timore che crea un viaggio se non ne sai immaginare  la possibilità di ritorno. Per questo resto ancora un poco nel luogo protetto e apro la finestra. Che il presente e l'altrove si mescolino sulla mia fronte a formare speranza

(Redazione) Riflessioni, non recensioni - 01 - Un Padrino per riflettere

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A cura di Stefania Lombardi Riflessioni sul film “Il Padrino” di F. F. Coppola Per anni ho considerato "Il Padrino" il mio film preferito perché ha tutto: storia familiare, passioni, intrighi, vendetta, decadenza, romanticismo, tragedia, commedia, massime di vita. Ci sono film migliori, ovviamente, e ne conosco moltissimi; tuttavia, qui ho trovato gran parte dello scibile per considerazioni filosofiche; e non solo. Sto dando per scontato che lo conosciamo tutti e per questo allego qui di seguito alcune mie vecchie riflessioni al riguardo. Contengono spoiler perché sono, appunto, riflessioni e non recensione. “Io credo nell’America” . Così inizia un autentico capolavoro della storia del cinema, meglio conosciuto come “Il Padrino”. Ci troviamo davanti a un film che è poesia pura, oltre che film cult d’eccezione. “Il Padrino” non è solo una storia di mafia; identificarlo in una delle tante storie mafiose sarebbe recargli un imperdonabile torto, non rendergli la dovuta giustizia,

Su "Al di là della polvere" (Fabio Ivan Pigola - Divergenze ed. 2021) - recensione di Sergio Daniele Donati

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Mi diceva quand'ero ragazzo un anziano signore, un vero amante delle parole, che la grande letteratura è una burla in cui il lettore parte, lancia in resta, con un'idea già formata su cosa leggerà e si trova poi disarcionato da un cavallo imbizzarrito e, in breve tempo, con la faccia nella polvere. «La letteratura, quella seria,» diceva, «è un cavallo pazzo e ti porta dove vuole lei, senza neanche chiederti il permesso».  Con gli anni le mie abilità di lettore si sono raffinate e ora posso dire cosa sia per me la grande letteratura, forse. Ma, anche se non rinuncio a trovare un poco inutile cercar definizioni, tuttavia, quell'idea dalle tinte western, in cui la letteratura prende il ruolo d'una sorta di mustang indomabile che ti porta lontano da una destinazione facile e attesa, mi è rimasta nel midollo. È sempre questo il primo criterio di valutazione per me, che mi avvicino con entusiasmo a volte eccessivo all'altrui scrittura: prendo un libro in mano e, prima an

Due poeti allo specchio (Amina Narimi e Sergio Daniele Donati)

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  Dumìa La voce sottile dell'acquabuona portava altro pane intorno alle querce, fra i larici d'oro dei solchi profondi. Cercava la tacca, il tocco dell'angelo, il taglio perfetto dell'umidità, con le dita più sacre di un madonnaro quando posa per terra il celeste Maria. Carezzava le vulve, i seni degli alberi nell'amata dumìa della polvere viva benedetta compagna del biancomangiare arresa alla grazia della neve più alta. Si è confuso alla resina il suo respiro lasciando le mani e un giovane anello per disegnare da un fianco all’altro dei pesci antichi che lentamente risalgono l'aria mutando in uccelle. (Amina Narimi - Inedito 2021) Il giorno che mi diedero il nome Il giorno che mi diedero il nome fuori pioveva forte. Il vecchio aveva voce morbida, figlia di mondi lontani. “Che sappia chi è il suo Giudice”, disse, poi si rivolse al Silenzio nella capanna: “Taci,” gli disse, “lascia parlare il vagito”. E io piansi e le galassie sorrisero -inesorabile non è la

Due inediti di Agnès MK

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  Chi non ride mai, non è una persona seria (F. Chopin) Aritmetica-mente (gioco di parole) Se almeno fossi altro da quello che non sono sarei di sottrazione il resto consistente la parte che rimane tra l’esser tutto e il niente sarei la soluzione la prova, non l’errore ________________ Erronea-mente (gioco di parole) Tu, io e l’amore contro testa vinse contro cuore giunse la ragione in-contro a strapparci dall’errore di noi, fronte contro fronte divenir, di due, uno solo

Dialoghi poetici coi Maestri 26. - Dialogo a tre ( Yehudah Amichai, Erez Biton ed io)

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Deserto del Negev Durante un viaggio verso Arad, il grande poeta israeliano Yehudah Amichai e il superbo poeta non vedente Erez Biton si ritrovarono nelle colline del deserto del Negev. Erez chiese a Yehudah di descrivergli il paesaggio del deserto. Amichai prese allora la mano di Biton nella sua e tacque. Nel 2010 Biton pubblicò una poesia in memoria di quell'istante di scambio silenzioso, cui rispose poi Yehuda Amichai col testo che sotto si riporta. Ho immaginato spesso di assistere a quell'incontro; anzi penso di avervi davvero assistito. ________ Erez Biton Dire il deserto (dedicato a  Yehudah Amichai) La tua mano taciturna Ha abbozzato davanti a me Oasi nel deserto Verde su verde. Come vasi comunicanti Una mano tocca l’altra. Sono passati attraverso i tuoi occhi A me La grandezza del dire E la meraviglia Del roveto ardente. (Erez Biton-2010 trad Sarah Kaminski, Università di Torino) ____ Yehudah Amichai Una volta ho viaggiato lungo il Mar Morto con un poeta cieco. Vo

Due poeti allo specchio (Federico Preziosi e Sergio Daniele Donati)

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Federico Preziosi Sai che Obbedienti a memorie da troppo tempo rinchiuse nel piano delle lusinghe informi stanno agguati - diresti, senza peso. Così leggeri sembra che ti scrutino dal basso verso l'alto, si inabissa il pianto poi risorge da maree incontenibili ma qui non lo diresti, non diresti mai nulla, qui non dici e taci sopra l'orma della spiaggia perché, vigliacco, sai che sparirà col mare alto. (Federico Preziosi - Inedito 2021) ___ Sergio Daniele Donati Seduce Seduce, è vero, la lingua altrui se poggia su assenze antiche. E richiama il mito delle sirene ogni canto, anche il più sacro. Ci attrae poi l'albero maestro; le sue resine e ambre; e così il taglio delle corde su nostri polsi troppo vissuti. Ci diciamo bambini e ci inganna l'attesa d'una canizie annunciata; perché all'infanzia mai vissuta non sappiamo rinunciare; né possiamo alzare alto il grido d'una esistenza destinata all'evanescenza; nel sogno. (Sergio Daniele Donati - Inedito 202

(Redazione) Specchi e labirinti - 01- Specchiarsi in campi d'ostinato amore

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A cura di Paola Deplano   Umberto Piersanti Lo specchio non è solo l’utile oggetto che la mattina ci serve a truccarci o a sbarbarci. In altri tempi, in altri luoghi, gli si sono attribuite magiche proprietà sciamaniche e il ruolo di porta tra il reale e i mondi dell’Aldilà e della magia – Alice non a caso ne ha attraversato uno, la matrigna non a caso ha chiesto a lui chi fosse la più bella del reame, i nostri vecchi non a caso li coprivano se qualcuno moriva, affinché il defunto non si impaurisse nel non vedercisi riflesso. E l’elenco potrebbe, ovviamente, continuare all’infinito, includendo nella categoria dello specchio anche quelle del ritratto, dell’ombra e del doppio. Il poeta, lo scrittore, l’artista in genere hanno, rispetto alla persona comune, una sorta di specchio interiore che ne riflette i pensieri, il vissuto, la personalità. È questo specchio endoscopico che fa dire a Flaubert Madame Bovary c’est moi e a Foscolo «Mi sono dipinto con tutte le mie follie nell’Ortis». In

Volevo dirtelo

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Portone della Abazia di Chiaravalle A mio padre Volevo dirtelo,  volevo davvero, ma ormai eri perso  in un infinito sollievo.  E poi c'era la Valle e il suo Silenzio; là ci siamo incontrati per l'ultima volta, sotto lo sguardo benevolo d'una volpe adolescente.

Dalet

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  "Dalet" di Sergio Daniele Donati Aprimi i pori della pelle perch'io possa accogliere tutte le voci del mondo e riesca a distillare risolini infantili da grida e strazi. Insegnami la difficile arte della riconoscenza, prima ch'io nasca a un mondo sordo e troppo intatto per dirsi vero.

Due poeti allo specchio (Annalisa Mercurio e Sergio Daniele Donati)

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Shin di Annalisa Mercurio   Le piccole cose Da sottili e perpetrate ferite, guarirò quando imparerai a leggere cicatrici tortuose di labbra ricucite. Mi domando se davvero non vedi carni che bruciano sempre più a fondo, coi tuoi occhi coperti di fango; se davvero non sai che giorno dopo giorno mi spengo mentre attendo.   (Annalisa Mercurio - Inedito 2021) Nun di Annalisa Mercurio Lenisce Lenisce, è vero, l'altrui sguardo sulle nostre guerre - colavano da un cielo indaco balsami inaspettati mentre liberavo dal fodero l'elsa della mia spada e la terra urlava forte l'imperativo del taglio -. Non chiederti ciò ch'io non vedo. È troppo vasto il mondo che l'uomo nega a sé stesso e troppo stretto il rifiuto del nostro stesso nutrimento. D'altronde bisogna, lo sai, saper chiudere gli occhi per mantener vivo il sogno. Chiediti piuttosto quale miracolo renda i contorni della tua parola nitidi al mio sguardo astigmatico e affaticato, quale silenzio sostenga la voce antica

"Spesso il male di vivere ho incontrato" - convegno PuntoZip sul tema della angoscia (06.11.2021)

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Autunno - foto di Sergio Daniele Donati Il 06.11.2021 si è tenuto un interessantissimo convegno online sul tema della angoscia a titolo  "Spesso il male di vivere ho incontrato", coordinato dalla bravissima d.ssa Stefania Lombardi   Ecco l'intero video del convegno (diviso in sei parti) e il testo poetico Cambiamento e Angoscia di Sergio Daniele Donati . Parte prima Parte seconda Parte terza Parte quarta Parte quinta Parte sesta ( e intervento Sergio Daniele Donati) Cambiamento e angoscia - testo poetico di Sergio Daniele Donati

(Redazione) Letti da Francesca - 01 - Tra le cose e gli altri, Ivan Ruccione (Arkadia Ed)

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A cura di Francesca Piovesan Tra le cose e gli altri, di Ivan Ruccione , sono frammenti di vita incastonati tra le parole. La quattordicesima uscita della collana SideKar , per Arkadia Editore , è una prova d’eccellenza della scrittura breve, a volte brevissima. Ruccione con poche righe che, in alcune pagine, raggiungono le poche parole, tratteggia personaggi e personalità che orbitano nel quotidiano. Amori che escono dalla porta, o che rimangono inermi all’interno delle mura domestiche, aspettando un giorno nuovo per rimettersi alla prova, o per decretare senza troppo rumore la loro fine. Lutti che trapassano il corpo, e diventano immagini impalpabili, sogni, odori di vestiti abbandonati. Padri e madri presenti, assenti, in potenza. Padri e madri che dimenticano, che non riescono a vedere, a capire. Padri e madri che diventano genitori dei loro stessi genitori, perché il tempo è ineluttabile, non perdona, non ammette fermate troppo lunghe. Ricordi racchiusi in immagini stinte, come,