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“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (conversazione tra Giansalvo Pio Fortunato e Sergio Daniele Donati sul Salmo XXII)

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  Giansalvo Pio Fortunato Ho la gola secca dalla lotta e le croci dei miei padri sanno già resistere nella battaglia: un tempo i profeti coltivavano la vigna, sapevano il tempo del raccolto, conoscevano i mezzi per cantarsi la buona riuscita. Ora è la diaspora, voce secca nelle viscere dell'esilio; ora il taglio derivato dalla furia, i palmi che scrostano le superfici del martirio. Sergio Daniele Donati Che della diaspora sia colto allora  il richiamo al ritorno. È scritto.  Così come dalla suppurazione della ferita è detto che un nuovo tendine prende forma. E, se la voce tace e la gola si secca, non ci resta che il canto muto del disincanto, e una voce che - bambina - sia  scheggia   di verità per le nostre illusioni.  Il Salmista Ma io sono verme, non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo. Giansalvo Pio Fortunato In questo viaggio nel confino è la storia che si narra i peccati, deridendoli. Ho lo slancio unto di uno spatriato: entrambi chiamiamo a voce alta Dio, ch

"Genealogie verbali" - un saggio di Giansalvo Pio Fortunato

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Definire la poesia un’arte abissale è quanto di più comune, ma anche quanto di più incompreso la storia della letteratura e dell’esperienza poetica ci abbiano consegnato. Una simile prominenza teoretica, infatti, pare assai spesso porre i poeti dinanzi ad un “aut aut” , che si scandisce nel constatare e capire la propria pochezza o, parallelamente, nell'arrivare all'esaltazione del proprio fenomeno poetico. È indubbio, infatti, che, soprattutto ai giorni nostri, l'idea di un costrutto misterico ed il fascino del “nero” (nel senso sinestetico del termine) rendano la seconda opportunità molto più appetibile. Eppure questa figurativa dell’abisso vuole fugare ogni forma manieristica ed ogni obiettivo esoterico. L’appunto, che qui emerge prepotente, è di tutt’altra direzione e pare piuttosto abbattere le barriere elitarie e trionfalistiche della poesia. Prima, però, di ultimare questo percorso e giungere all’aut aut, sopra citato, bisogna soffermarsi anzitutto su una domanda nev

(Redazione) - A proposito di "Civiltà di Sodoma" di Giansalvo Pio Fortunato (RPLibri ed., 2023) - Estratto dall'opera con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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Se c'è una cosa che si ammira in una giovane scrittura non è tanto saper paventare semi, esistenti o meno, di saggezza, quanto saper creare nel lettore sentimenti di stupore; stupore questo che è tanto più un dono quanto più il lettore poggia erroneamente la sua funzione sulle trappole della sicumera che, volenti o nolenti, l'esperienza a tutti noi dona.  Contenere e sovvertire il so già tutto del lettore  è la funzione della gioventù nella scrittura, sia essa di natura anagrafica che di esperienza di pubblicazione.  Ma questo è un dono comune, che tante giovani talentuose penne elargiscono agli occhiali presbiti che inforco ogni giorno più volte.  Giansalvo Pio Fortunato con la sua raccolta " Civiltà di Sodoma " (RPLibri ed., 2023) va ben oltre la già preziosa funzione di ringiovanire il lettore.  Il suo dono, che ha un odore lievemente antico, è quello di saper proiettare il lettore esperto in dimensioni in parte dimenticate e, allo stesso tempo, rinvigorenti.  In f