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Il quinto Alef-Bet (binomi) - 03 - Ghimel e Dalet

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  Dopo il primo passo una porta azzurra e, dietro, pensieri celati al mio stesso pensiero.           Occorreva farsi piccoli allora           e rinunciare a parole di muffa           per dare nutrimento puro           al nòcciolo di pesca           che abita i miei midolli.  Varcai nel sogno quella soglia con la coscienza che al risveglio  il colore dei miei occhi sarebbe mutato.  La varco oggi nel ricordo di ciò che cercai di essere per poter stare al tuo fianco.           Si tinge  di indaco e cobalto,           di paura e desiderio           il gorgo senza fondo           della tua assenza           per un uomo incapace           di parlar d'amore.

Il quinto Alef-Bet (binomi) - 02 - Bet e Ghimel

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  E mi dici:  esci dalla casa e io non voglio che temo la bora e la boria del mio primo passo. E mi dici:  esci e cadi e io non voglio rincorrere chi non ha mezzi propri né voglio inciampare su lemmi ancora sconosciuti. E mi dici: ti indicherò io dove andare. E io mi guardo allo specchio d'ottone di un'infanzia negata, e non posso che uscire dalla casa che quello specchio mente e mi fa bello e pronto al mondo mentre ancora il cordone ombelicale con un'assenza barbara e palindroma canta il suo canto di vendetta. E mi dici: esci dalla casa, io ti proteggerò, e poni la tua mano calda sulla mia nuca.  E io esco, e il mondo, sì il mondo, si mostra alle mie retine, e tu, che tutto sai, mi puoi dire cosa sia quel liquido caldo e salato che mi scende dagli occhi? ____ Testo - 14.10.2023 - di Sergio Daniele Donati

Il quinto Alef-Bet (binomi) - 01 - Alef e Bet

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  Il richiamo ovattato d'un silenzio d'attesa, là sul crinale sottile della coscienza, e la risata sorda d'un abisso beffardo. Quasi tutto allora era tenebra e confusione e assenza di nome, per me,  non ancora nato alle piogge dell'interpretazione. Sentivo a volte un borbottio lontano, uno strascicare di piedi anziani su sabbie roventi, e un crepitare di fuoco e odori di spezie e fumi di the e sudori di pelli rugose, cotte da un sole solitario.  Allora fui detto , aprii gli occhi, un senza-nome appena nato e accolto nella casa della trasmissione.  Ora giungo le mani - un gesto antico - e mi copro il volto stanco. Una vita a onorare la Parola di nuovo coperta da venti guerra e chiamo con l'ultima mia voce il ricordo del primo passo  che mi fece uscire dal rifugio allora a camminare tra le genziane dei lemmi che un paziente maestro mi mostrava. E dammi, Maestro, ancora una volta la facoltà di percorrere quel tragitto a spirale nei costrutti e nelle lettere e di creder