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Altérité (alterità)

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Foto di Sergio Daniele Donati C'était toi  - ne l'oublie pas - qui m'as appris à ne pas fermer les yeux sur l'alternance  des contraires. Et, quand tu me promets la terre, je sais bien qu'en même temps tu me refuses le ciel. Tu es surpris que je ne sache pas encore comment vivere à l'intérieur d'une pensée raréfiée Mais mon ventre n’a pas été créé en forme d’alambic. Comment peux-tu me demander de pouvoir saisir le message de tes gouttes pures et sacrées, alors que tu m'as donné une terre au même moment que tu m'as volé le ciel? Mon visage est ridé et fatigué, et mes paumes sont couvertes d'une boue qui ignore mon nom - suis je doué pour créer des anagrammes ? - et il est peut-être temps que tu me coupes le souffle et que tu crées un autre homme, sans côtes. Qu'il reste seul! _____________ Sei stato tu - non lo dimenticare - a insegnarmi a non chiudere gli occhi sull'alternanza dei contrari. E quando mi prometti la terra io ben so che nel

(Redazione) - Conversari - 02 - Due occhi di merlo

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  A cura di Maura Baldini La sua poesia non fa rumore, non accenna all’enigma, non rovescia gli occhi con colori sgargianti, non lascia sgomenti; si posa, invece, sulla tavola ancora apparecchiata, sul guanciale spiumato dall’uso. Talvolta avvolge di gelo il cuore, come quel buio che entra inatteso negli occhi, quando la giornata ci pare ancora lunga e invece è finita. E, come ogni fine, ci atterrisce, interrando la speranza, per poi farla germogliare ancora nel riverbero di una candela accesa durante un temporale. Thierry Metz , nato a Parigi il 10 giugno del 1956, non s’inerpica sul verbo come i poeti accademici, gli sperimentatori per opportunismo, ci lascia, invece, addosso la fatica della parola frugale, eppure esatta e aggraziata come il suo sorriso, filo di luna su un volto massiccio, presto sconquassato dall’alcol. Il poeta ci conduce nell’alchimia di giorni tutti uguali, nel peso della manovalanza del lavoro e della vita, ci poggia sulle spalle il cappotto della fatica, e talv

(Redazione) - Un tenace filo di lino - Qualche riflessione sparsa (e un dialogo un po' folle) su "Poesia ininterrotta" di Paul Éluard

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  Mi capita sempre più spesso di sentire l'esigenza di riprendere in mano gli autori della mia formazione, quasi dovessi lustrare di nuovo la loro lampada d'Aladino nella speranza che il loro genio voglia ancora una volta concedermi il dono dell'elevazione.  Forse dietro questa esigenza si nasconde un mio lento movimento di ritiro nelle origini o, forse, una tendenza a creare sinapsi tra un prima e il dopo, alla ricerca, forse un po' ossessiva, ma certamente tanto mia , di un legame di un tenace filo di lino,  che unisca ciò che io attribuisco agli anni della mia assunzione del ruolo di servitore della parola altrui a ciò che ritengo essere per me scrittura.  Ieri ho ripreso il magnifico testo di Paul Éluard " Poesia ininterrotta" (Einaudi ed. - titolo originale "Poésie ininterrompue", Gallimard 1946). E l'Opera, doppiamente mirabile per la presenza in introduzione e traduzione del grande Franco Fortini, ha ancora una volta manifestato il suo gen

Dialoghi poetici coi Maestri - 64 - Edmond Jabès

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  Il avait – lui semblait-il – mille choses à dire à ces mots qui ne disaient rien; qui attendaient, alignés; à ces mots clandestins, sans passé ni destin. Et cela le troublait infiniment; au point de n’avoir, lui-même, plus rien à dire, déjà, déjà. Edmond Jabès Tratto da L’appel (1985-1988), in Le Seuil le Sable, Poésie - Gallimard, 1990, p. 396 _____ Aveva – così gli pareva – mille cose da dire a queste parole che non dicevano niente; che attendevano, in fila; a queste parole clandestine, senza passato né destino. E ciò le sconvolgeva senza sosta; al punto di non avere, lui stesso, più niente da dire, già, già. Traduzione libera di Sergio Daniele Donati Il était chauve. Et son regard restait  immobile sur le vide de la parole ,  d'où il tirait – quand il avait de la chance – des petits cris de joie enfantine, comme lorsqu'un vent froid nous réveille du monde des morts. _____ Era calvo.  E il suo sguardo restava immobile sul vuoto della parola, da cui ricavava - quando era for