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Visualizzazione dei post con l'etichetta Sergio Daniele Donati

(Redazione) - Estratto da "Prima dell’estate e del tuono" di Luca Pizzolitto (peQuod, 2025 – con prefazione di Gianfranco Lauretano) - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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Leggendo la magnifica ultima raccolta di  Luca Pizzolitto dal titolo " Prima dell’estate e del tuono " (peQuod, 2025 – si segnala a rafforzarne la bellezza la stupenda prefazione di Gianfranco Lauretano), si ha la netta impressione che essa rappresenti un punto di non ritorno nella poesia del poeta, in cui sacro, silenzio e mistero della parola divengono gli assi centrali di un particolare movimento a spirale (verso il centro) che si può percepire leggendo l'intera opera.  Il titolo stesso evoca un senso di profonda  sospensione,  di attesa di una qualche rivelazione, descritta a tratti coi suoi effetti esplosivi, e altrove con una delicatezza che commuove. Quella di Pizzolitto  è qui una poesia da un lato sobria e poco enfatica, che non cade mai nei tranelli di una lirica meramente autocelebrativa, e dall'altro fatta anche di ritmi apparentemente sincopati , in cui pause e ripetizioni, accentuate da una netta carenza di interpunzione, hanno un ruolo centrale...

Poesie inedite di Marco Sbrana - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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Siamo molto lieti di pubblicare alcune poesie inedite di Marco Sbrana , giovanissimo poeta e vivace e promettente critico, su Le parole di Fedro . Come vedrete sono poesie che lasciano poco spazio agli eccessi di una mediazione lirica e simbolica eccessiva, ma che, al contrario cercano nella necessaria crudezza di alcuni passaggi sia contenutistici che linguistici l'effetto di ancorare il lettore ad una realtà privata di inutili fronzoli descrittivi. Sono quindi poesie che manifestano una ricerca di un vero cui strappare i suoi veli protettivi, più che da ri-velare e che, quindi, non possono non poggiare su un dato anche etico preponderante e importante. Sicuramente pare a chi qui vi scrivere di poter scorgere tra i versi di Marco Sbrana una sorta di promessa di continuare a ricavare dalla parola il vero che emerge quando si evita di giocare eccessivamente con essa e, al contrario, ci si sa abbandonare a un dire che è trascinato dal flusso di una costante osservazione sul reale,...

Due poeti allo specchio (Alba Toni e Sergio Daniele Donati) - Dialogo della disappartenenza

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  DISAPPARTENENZA (Non-appartenance) di Alba Toni La divisibilità dell'atomo prova schiacciante di morte in vita di vita in morte ma quante bugie collegate all'atomo e alla sua attività lunghissima di osservazione. Intanto è morto o è vivo. Intanto è vissuto bene benissimo in ottima proprietà fisica chimica temporale forse una impercettibile paura un segno nell'osso sacro e nel cuore (che ha funzionato perfettamente) incisa una targa. < Io sono la mia penna a sfera la mia sedia girevole quella mano veloce sui tasti > Ma la storia della malattia e della profezia del testamento e tutto il resto è falsa. Due morti forse sono state e ho già scritto due vite mirabilmente vissute giovane adulto nel mezzo anni uguali ad altri simili ad altri di quelli che saltano sul marciapiede anni sani abbiamo vissuto non malati non deprimenti. Anni celesti sulla crosta terrestre. La morte sempre presente ma per chi non lo sarebbe la morte sempre presente? Essa stessa ci muove ci esorta a...

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 49 - Oceani

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  di Sergio Daniele Donati (...)  ci sostiene un'ossatura liquida e il seme del   mutaforma  ha inscritto spirali di consapevolezza nelle nostre giunture. Per questo alle volte il nostro sguardo si fissa su un orizzonte mobile e fecondo. Cerchiamo altrove, assieme,  un luogo dove poterci dire ancora plurali e collettivi, dove il nostro grido identitario attiene solo ai licheni dell'esistenza. Là, tra i flutti, ci sentiamo l'un l'altro vinti, convinti  dell'inutilità della nenia che andiamo ripetendo  alle ossidiane  dei nostri stessi figli.  Ci guardano, come si guarda qualcosa che deve esser perso; come si guarda qualcosa che svapora  nelle nebbie del tempo e lascia sorrisi da Stregatto  in un cielo grigionebbia . La nostra aura azzurra è figlia del vento e del pianto, nipote dello squasso e di lave sacre la cui memoria è scritta nella pietra levigata dei nostri desideri.  (...)

Il viaggio: da Abramo a Celan ( e ritorno)

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  Domani in ogni sinagoga del mondo si leggerà la Parashà di Lech Lechà  ( לֶךְ-לְךָ),  la centrale pericope della Torah che tradizionalmente si pone alla base del viaggio di Abramo alla scoperta fondativa del monoteismo. “Va’ via (lech lechà) dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre (dei tuoi avi), verso la terra che io ti mostrerò.” ( Genesi 12:1 ) Nella tradizione mistica ebraica, questo versetto, descrittivo della necessità dell'abbandono per la crescita spirituale, è però anche letto come un invito ontologico:  “vai verso te stesso”.  Il doppio termine lech (vai) e lecha (a te, per te) è, infatti, interpretato nello Zohar come un movimento interiore: “ per il tuo scopo, per la tua essenza, per il tuo segreto ” (Zohar I, 77b).  E in realtà la locuzione può essere letta in ebraico sia come Vai via/vattene che come Vai verso te stesso/all'incontro di te stesso. E questo, evidentemente, perchè il viaggio di Abramo non ha solo le caratte...

My life has been a dream

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My life has been a dream of breathing fields of wheat and a gentle wind over juniper bushes and velvet mosses. Now I know that to die is to awaken and embrace unyielding mists of an irreversible insight and embody the mute answer of Ulysses to the sirens.

J’aurais dû te dire - Avrei dovuto dirti

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J’aurais dû te dire   que ce seraient   mes derniers mots   qu’il ne resterait alors   qu’un fossile d’amour, inavoué   derrière un silence pétrifié, parmi des sons gutturaux et enfouis   dans les cavernes de mes pensées. Avrei dovuto dirti che quelle sarebbero state le mie ultime parole, che non sarebbe poi rimasto che un fossile d'amore, inespresso dietro un silenzio pietrificato, tra suoni gutturali e segreti, nelle grotte dei miei pensieri.  _____ Testo - inedito 2025 - e traduzione dal francese di Sergio Daniele Donati

I've been waiting

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  Pourquoi pleures-tu? Pourquoi as-tu détourné  ton souffle  du sanctuaire de mon silence? I’ve been waiting  for your sign   for eons and eons;   I was just looking   for your gratitude   and recognition,   or for a translation   in the forgotten tongue   of the blind earthworms.   But every waiting,   and you know it,   if unheard,  becomes a star   and a shy hope   for other eyes;   as it dies.

I guardiani del nulla

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  Ci si scontrava poi con l'inutilità del gesto quasi fosse un limite.  Ma era nel pozzo  dei senza apparente senso , dal magma mugugnante e senza forma di questioni mal poste — dal corpo al corpo — che si forgiava  l'etica del movimento. Là, dove poesia  e i clangori del silenzio trovano la loro culla, dove il premio era la fatica ho visto uomini — e non ero io — commuoversi nel pianto  per un'inaspettata armonia, per un ciglio di bambino sulla guancia. Erano uomini sporchi la cui unica speranza  era l'assenza di speranze; uomini curvi,  piegati sull'insegnamento  della danza delle penombre. Mormoravano in quelle grotte, tra stalattiti di pensiero, formule senza senso e aramaiche benedizioni. Che la terra torni alla terra — dicevano nella balbuzie — che il cielo torni  a sognare i cieli. Erano i guardiani di un nulla fertile e gravido del nulla che irrora le iridi di chi prega  e ne cambia il colore. Video-lettura dell'autore ...

Un legno spezzato di culla

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Sentiva voci nel vento, lontane: i tocchi di un cielo impazzito, canti azzurri di voci soprane, un bimbo nel bosco smarrito. Guardava la luna, poi nulla, brillavano morte le stelle; un legno spezzato di culla il numero oscuro sulla pelle.   _____ Testo - inedito 2025 - e foto  di Sergio Daniele Donati 

Prima che sia troppo tardi

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  Bisogna salvare il granello, prima che sia troppo tardi, l'ombra di un ramo sul muro prima che sia troppo tardi. Il piede stanco e vecchio, strascicato sugli asfalti di un'esistenza sincopata, bisogna salvarlo, prima che sia troppo tardi. Bisogna salvare il bambino, prima che diventi adulto, prima che sia troppo tardi. Bisogna salvare il libro e tutte le pause che contiene, bisogna salvare i suoi silenzi, i suoi tacitamenti prima che sia troppo tardi. Bisogna scuotere il cedro, sotto un tetto di foglie, prima che sia troppo tardi e dare un buffetto a quel bimbo dai capelli color carota a quel bimbo che ci guarda e sorride e non torna, prima che sia troppo tardi. _______ Testo, inedito 2025, e foto di Sergio Daniele Donati

Estratto dalla raccolta inedita "All' uomo azzurro" ("Dla błękitnego mężczyzny") di Izabella Teresa Kostka - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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  È sempre un grande onore – e motivo di grande responsabilità – ricevere da una poeta la possibilità di leggere e pubblicare in estratto una sua raccolta ancora del tutto inedita. Questo perché in un certo senso l'occhio che si addentra in territori ancora del tutto inesplorati porta con sé anche l'onere del maggior rispetto che si deve tributare alla spontaneità di un dono puro e importante.  Se poi i versi che si ricevono nascono in una lingua che – ed è una grave pecca – non si conosce e ci si affida alla traduzione della stessa poeta, oltre al senso di responsabilità si vive una sensazione necessariamente dialogica in cui il lettore si pone all'ascolto, oltre che dei significanti che ricava da versi italiani , di suoni, così come li immagina,   in gran parte sconosciuti. E in questo gioco di scatole cinesi, di matrioske, ancora di più la piacevole sensazione di lettura si è amplificata nel caso specifico perchè i versi di  Izabella Teresa Kostka sfiorano co...

In piazza grande (in dialogo immaginario con Lucio)

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  (Tanti accapo e nessuna poesia lo dico prima io, per non sentirmelo dire) Che io un giorno io torni  è sicuro, Lucio, e sai bene che allora mi siederò (ci siederemo?) a contare quante stelle mancano a quell'eterno desiderio di morire  perché possa avere soddisfazione.          [ A modo mio, a modo nostro          ce lo diremo,  Lucio,           di quanto dolore e quanta poesia           sia nascosta dietro una carezza           mai ricevuta – e tanto cercata.] Capiranno in pochi – forse solo noi due – e mi uscirà un emiliano singulto, o forse una bestemmia, perché sono vecchio e non volevo  [Dio solo sa quanto ho lottato] che andasse così. Testo – inedito 2025 – di Sergio Daniele Donati

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 48 - Sette poesie inedite di Erika Signorato

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  di Sergio Daniele Donati "Accogliere" è un verbo denso di richiami e crea nell'animo di chi l'ascolta una sorta di anelito, una sottile linea di morbida speranza.  A volte capita ancora di incontrare poesia che, pur non citandola mai, fa dell'accoglienza uno dei suoi principali moti.  Certo, la Poesia, si perfeziona sempre nell'essere accolta dalle orecchie e dal cuore del lettore, ma nelle poesie inedite di Erika Signorato esiste anche un movimento contrario che fa sì che il lettore si senta assorbito ed accolto e, in un certo senso, accudito dalle lettere e dalle parole; da testi e tessiture, in altri termini. Quella di Erika Signorato è dunque poesia di cura , anche di chi la riceve, come dovrebbe essere, in effetti, quasi sempre in poesia. Dovrebbe...già! A tratti con linee di una scrittura poetica di testimonianza di un quotidiano o di eventi personali, questi inediti, tuttavia, non rinunciano mai al simbolo che diviene con abilità estrema e massima...