La colpa di Dedalo
Ciò che è certo è che pulsa sotto lo stimolo
d'intenzioni e linfe collose. Sono trame, orditi
antichi e intrecci che parlano
la lingua incomprensibile della fascinazione.
E non ci resta che cullarci alla nenia, al suono
consolatorio di un flauto che svapora e poi riemerge
nelle memorie dei midolli, nelle stasi improvvise
– quali brividi dona a un occhio bambino lo stupore dell'ovvio.
Ti avevo avvisato, ma tu non ascoltavi,
la mente persa nelle colle che avrebbero dovuto
tenerti salde le ali nel volo.
Dice il Mito che fu Sole a provocare la tua caduta
– per altri la mia incapacità a trasmetter cautela –
ma io non lo credo – non lo credo davvero –
è sempre un'assenza la causa delle nostre rovine.
La tua verso l'astro non fu attrazione;
fu una fuga, un disincanto.
Fu la privazione d'amore
per la penombra e il regno dell'evanescenza
a spingerti in un alto-basso, alla ricerca di rifugio
alle tue paure, dove rifugio non poteva essere.
Ti avevo avvisato, ma questo non mi basta,
e nelle sere in cui l'aedo e il rapsodo
intonano il loro triste canto
vesto elmo e maschera del saggio
e lascio che il verme della vergogna
scavi solchi di dubbio nel mio stomaco.
Nessun padre salva il figlio con la parola,
ma con lo sguardo che tace e tacita
e osserva.
Io questo lo sapevo
e non ci ho creduto abbastanza.
_________
Testo - inedito 2025 -
di Sergio Daniele Donati
Commenti
Posta un commento