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Su "Villa Lysis (1937)" (Tiziano Mario Pellicanò - Abra Books ed, Vicenza 2021) - recensione del prof. Michele Stanco

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Il recente romanzo di Tiziano Mario Pellicanò, Villa Lysis (1937), è tante cose insieme: un romanzo storico (perché ambientato nella Napoli degli anni ’30), un giallo (perché al centro c’è un assassinio), un romanzo psicologico (perché è un tentativo di ricostruzione del movente del delitto), un romanzo filosofico (perché il delitto, e l’indagine che ne segue, si innervano di ragioni più profonde, legate al senso stesso dell’ex-sistere). Romanzo giallo, si è detto, ma – occorre precisare – di un giallo sui generis. Infatti, dal momento che l’assassino è (o sembra essere) già noto, l’indagine non riguarda le circostanze del delitto, ma è volta soprattutto a ricostruire l’identità psicologica dell’omicida. Ricostruzione, peraltro, non semplice, perché il medico legale chiamato a svolgere una perizia psichiatrica dell’omicida finisce per diventarne una sorta di controfigura, in un gioco di specchi in cui l’anima dell’uno si riflette nelle parole dell’altro. Ed è forse questa la cifra più