Chanukkah e Kintsugi

Che vuoi che sia
una crepa sul muro
o una traccia nera, di muffa
su soffitti umidi?
E perché dovrei coprire
i miei dolori
con speranze dai suoni stranieri?
Lascio la gioia del Kintsugi
a chi maneggia la spada con la grazia
del petalo bianco sul muschio
- ne resto ammirato come chi
sa riconoscere una maestria aliena.
Io ho mani sporche d'inchiostro
e in questi giorni mi scotto
le dita con la cera;
accendo candele nella speranza della speranza
e, se non viene, non immagino
la mia argilla, spezzata a terra,
ricomposta da mani divine,
né le mie vene attraversate da rivoli
di metalli liquidi e preziosi.
Ogni speranza di speranza
contempla silenziosa la possibilità
d'una caduta,
anzi, d'un rotolio di massi
su crinali scoscesi.

(Sergio Daniele Donati - Inedito, novembre 2021)
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[NdA: il titolo di questa poesia è derivato dalla festa ebraica di Chanukkah e dalla pratica tradizionale giapponese del Kintsugi. Due modi diversi e profondi di narrare il rapporto dell'uomo con le proprie crepe.]






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