(Redazione) - Dissolvenze - 30 - Otto

 
A cura di Arianna Bonino

06.50: La sveglia per andare a scuola ce la dava il nonno, che accendeva il fornello molto prima perché si scaldasse, come se stesse facendo prendere corpo e fiamma ad un piccolo falò, imponendo un passato remoto di gesti al futuro che lo aveva travolto, personificato in quella cucina economica di formica azzurra e bianca.

07.00: Un silenzio di versi e sbadigli si spandeva per casa: erano i nostri, tre piccoli mostri, tre bestie cieche impigliate nel sonno.

07.10: Il mio corridoio saputo a memoria, il gioco segreto dei passi sui visi di marmo inventati: 1-2-3: sinistro sul verde, poi il destro sul bianco x 2 e poi ancora verde, bianco, bianco, verde. “Prima che il gallo canti, ti avrò perdonato tre volte”, storpiavo contando. E non capivo.

07. 20: Per anni il caffè è stato solo il suo odore. Mio era il latte, di me che non ebbi il primo mai, né dopo. Sgorgava in fiotti sbagliati da strane mammelle-piramide.

07.30: La mano segreta pescava nel sacco: sfioravo le lettere di pastafrolla. La B di balena, di bocca, di bacio, la F di farfalla, di fiore, di fumo. La E di elefante sfuggiva, la I era facile, si dava, voleva: era la prima a spezzarsi e ridursi in sfridi sul fondo.
Facevo parole nel latte.

07.32: Tutti pronti; io invece giocavo con la pelle del latte che si tendeva come il ghiaccio sotto i pattini di Gretel e guardavo ancora il buco della O riempirsi di bianco e annegare lentamente, sprofondando fino all'ultimo mio respiro in quel grappolo di bollicine scoppiettanti intorno al bordo di frolla poroso e sommerso, finito poi chissà dove, sciolto nel liquido che si richiudeva su quel naufragio fatale.

07.35: "Mangia, perché non mangi?". 
Non sapevo cosa fare.
Le parole si dissolvevano per sempre e in quella forma senza forma entravano in me,
che bevevo contando i sorsi vitali: 1,2,3,4,5,6,7,8. Otto, sempre otto.
La salvezza dell’otto.

07.40: Tutti pronti. 
Io lì, con gli occhi nel latte.
1,2,3,4,5,6,7,8.
8.00.

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