(Redazione) - Genere In-verso - 08 - ll gatto in poesia, simbolo del Femminino e della libertà

 
A cura di David La Mantia

Rousseau: «Vi piacciono i gatti?».
Boswell: «No».
Rousseau: «Ne ero sicuro. È un segno del carattere. In questo avete l’istinto umano del dispotismo. Agli uomini non piacciono i gatti perché il gatto è libero e non si adatterà mai a essere schiavo. Non fa nulla su vostro ordine, come fanno altri animali».
Boswell: «Nemmeno una gallina, obbedisce agli ordini».
Rousseau: «Vi obbedirebbe, se sapeste farvi capire da essa. Un gatto vi capisce benissimo, ma non vi obbedisce».

 di James Boswell
Tratto da Visita a Rousseau e a Voltaire
traduzione di Bruno Fonzi, Adelphi 1993)

Libertà, dunque. Del resto, i Greci chiamavano il gatto “ailouros”, l'essere che agita la coda, estremo emblema di autonomia, di rispetto degli altri perché non interessato ad esercitare potere. Ma perché identificare i gatti con la figura femminile? Certo, sono oggettivamente belli, armonici, autonomi, liberi, alieni dal servilismo, affascinanti nelle loro pose, capaci di dare affetto e trasmettere pace, serenità. Per essere emblemi di empatia.
Ma soprattutto, dal punto di vista simbolico, sono quasi sempre legati alla donna. In Egitto questo felino era la manifestazione terrena di Bastet, dea della salute e protettrice della fertilità, della maternità e delle gioie terrene (danza, musica e sessualità) , rappresentata col corpo di donna e la testa di gatto. Nella sua mano sinistra c'era quasi sempre un amuleto sacro a forma di occhio di gatto, l’utchat, che possedeva poteri magici. Tenuto al collo, proteggeva chi si accingeva ad un viaggio, mentre regalato alle nozze era augurio di una ampia prole. Nell’Antica Roma erano allegorie di Artemide Selene, dea dei boschi e della luna, con la funzione di custodire e proteggere la casa. Nella mitologia del Walhalla, i gatti, simbolo di buona sorte per i neonati e le famiglie numerose, guidavano il carro della dea Freyja. Nell’induismo, rappresentando la fertilità, sono sacri a Shasthi, la dea che presiede alle nascite. Alleato della sfera della meditazione, perché silenzioso e lieve nel suo agire, il suo lato yin/femminile è molto sviluppato, in particolare nello stadio della volubilità. il gatto, per tradizione, è un animale connesso con l’energia oscura dell’universo. Con il buio, con la notte, con il mondo ctonio.
Questo spiega alcuni degli antichi pregiudizi legati ai gatti, soprattutto neri, che venivano associati per tradizione alle dee lunari notturne, a Persefone, in particolare.
Secondo la tradizione alchemica e cabalistica, Il gatto si conferma allegoria della luna, dell’umido, del femminile, della terra, del notturno, contrapposto al maschile, al solare, al cielo. E’ il simbolo del sinolo tra realtà umana e spirituale, tanto che lo Stregatto di Lewis Carrol fa quello che vuole, uscendo dalla storia e rientrandovi all’improvviso, come se non fosse legato ad uno schema logico. In una fiaba contemporanea come “Coraline” è capace di passare da un mondo all’altro a suo piacimento, senza farsi risucchiare. Le sciamane native americane attribuivano ai gatti poteri di cura, e in effetti studi scientifici recenti hanno spiegato come le fusa, emesse a 20-140 hz, siano tra le frequenze già note che favoriscono l’organismo, riducendo lo stress e regolando la pressione sanguigna. I monaci zen ritenevano addirittura che fosse in grado di “mostrare la Via” dell’armonia e della pace
Ma in poesia? Sono mille e mille i versi dedicati a questo animale. La mia scelta è indirizzata ad un percorso che ne evidenzi proprio quelle caratteristiche
Mariangela Gualtieri sottolinea la funzione terapeutica della gatta, capace di collegare mondo finito ed infinito con le sue fusa, quasi un mantra salvifico

La miglior cosa da fare stamattina
per sollevare il mondo e la mia specie
è di stare sul gradino al sole
con la gatta in braccio a far le fusa.
Sparpagliare le fusa
per i campi la valle
la collina, fino alle cime alle costellazioni
ai mondi più lontani. Fare le fusa
con lei – la mia sovrana.
Imparare quel mantra che contiene
l’antica vibrazione musicale
forse la prima, quando dal buio immoto
per traboccante felicità
un gettito innescò la creazione.

Il gatto di Charles Baudelaire (1857) evidenzia lo stretto rapporto tra donna e felino, sul piano di una sensualità voluttuosa e incontenibile

Vieni bel gatto, vieni sul mio cuore amoroso;
trattieni i tuoi artigli
ch’io mi sprofondi dentro i tuoi begli occhi d’agata e metallo.
Quando a bell’agio le mie dita a lungo
ti carezzan la testa e il dorso elastico,
e gode la mia mano ebbra al toccare il tuo corpo elettrico,
vedo in spirito la mia donna:
profondo e freddo come il tuo, il suo sguardo, bestia amabile,
penetra tagliente come fosse una freccia,
e dai piedi alla testa
una sottile aria, rischioso effluvio,
tutt’intorno gira al suo corpo bruno.

Lo stesso rapporto naturale tra gatto e figura femminile viene riproposto ne Il gatto di Guillaume Apollinaire (1911)

Io mi auguro di avere in casa mia:
una donna provvista di prudenza,
un gatto a passeggio fra i libri,
e in tutte le stagioni amici
di cui non posso far senza.

Ne La gatta di Umberto Saba (1961) l'animale si pone come esempio di un amore al femminile, quasi una malattia. Selvaggia, senza pace, matta sono le parole chiave dell'identificazione tra la ragazza e il felino.
La tua gattina è diventata magra.
Altro male non è il suo che d’amore:
male che alle tue cure la consacra.
Non provi un’accorata tenerezza?
Non la senti vibrare come un cuore
sotto alla tua carezza?
Ai miei occhi è perfetta
come te questa tua selvaggia gatta,
ma come te ragazza
e innamorata, che sempre cercavi,
che senza pace qua e là t’aggiravi,
che tutti dicevano :’È pazza’.
È come te ragazza.

Il magico di questo rapporto indissolubile tra donna e gatto é il centro della poesia tardo ottocentesca di Paul Verlaine, in cui la presenza del diavolo e di una sensualità esacerbata è garanzia di mistero e segreto

Donne e gatti

Lei giocava con la sua gatta
E che meraviglia era vedere
La bianca mano e la bianca zampa
Trastullarsi nell’ombra della sera!
Lei nascondeva – la scellerata –
Sotto i guanti di filo nero
Le micidiali unghie d’agata
Taglienti e chiare come un rasoio.
Anche l’altra faceva la smorfiosa
E ritraeva i suoi artigli d’acciaio,
Ma il diavolo non ci perdeva nulla
E nel boudoir, in cui tintinnava, aereo,
Il suo riso, scintillavano quattro punti fosforescenti.

Esemplare, come esempio di nido familiare, La gatta di Giovanni Pascoli. Qui l'animale assume le doti di accudimento tipiche della sfera femminile. Ci sono infatti il figlio, il calore del camino, il mondo esterno come pericolo

Era una gatta, assai trita, e non era
d’alcuno, e, vecchia, aveva un suo gattino.
Ora, una notte, su per il camino
s’ingolfava e rombava la bufera

trassemi all’uscio il suon d’una preghiera,
e lei vidi e il suo figlio a lei vicino.
Mi spinse ella, in un dolce atto, il meschino
tra’ piedi; e sparve nella notte nera.

Che notte nera, piena di dolore!
Pianti e singulti e risa pazze e tetri
urli portava dai deserti il vento.

E la pioggia cadea, vasto fragore,
sferzando i muri e scoppiettando ai vetri.
Facea le fusa il piccolo, contento.

Ne Il nome dei gatti Thomas Stearns Eliot si accinge, invece, all'impresa più difficile, quella di attribuire ad ogni gatto un nome adeguato. Impresa difficile perché è un animale sfuggente, che rifiuta, come l'acqua di Eraclito, di mantenere la stessa essenza, un profondo ineffabile unico nome. Il mistero profondo dell' esistere

Mettere un nome ai gatti è un’impresa difficile,
Non un gioco dei tanti che fate nei giorni di festa;
Potreste dapprima anche pensare che io sia matto da legare
Quando vi dico che un gatto deve avere TRE NOMI DIVERSI.
Prima di tutto, c’è il nome che la famiglia usa ogni giorno,
Come Pietro, Augusto, Alonzo o Giacomo,
Come Vittorio o Gionata, Giorgio o Bill Baley –
Tutti nomi sensati da usare ogni giorno.
Ma se pensate che vi suonino meglio ci sono nomi più fantasiosi,
Alcuni per i signori, altri per le dame:
Come Platone, Admeto, Elettra o Demetrio –
Sempre nomi sensati da usare ogni giorno.
Ma io vi dico che un gatto ha bisogno di un nome che sia particolare,
Caratteristico, insomma, e molto più dignitoso,
Come potrebbe altrimenti tenere la coda diritta,
O mettere in mostra i baffi, o sentirsi orgoglioso?
Nomi di questo tipo posso inventarne mille,
Come Munkustrap, Quaxo o Coricopat,
Come Bombalurina o Jellylorum –
Nomi che non appartengono mai a più di un gatto alla volta.
Ma oltre a questi c’è ancora un nome che manca,
Nome che non potrete mai indovinare;
Nome che nessuna ricerca umana potrà mai scovare –
Ma il GATTO LO SA, anche se mai vorrà confidarlo.
Quando vedete un gatto in profonda meditazione,
La ragione, io vi dico, è sempre la stessa:
La sua mente è perduta in estatica contemplazione
Del pensiero, del pensiero, del pensiero del suo nome:
Del suo ineffabile effabile
Effineffabile
Profondo e inscrutabile unico Nome.

Ne I gatti lo sapranno di Cesare Pavese il gatto assume capacità di sguardo superiore e specifica comprensione del mondo. La protagonista e l'animale diventano un binomio inscindibile

Ancora cadrà la pioggia
sui tuoi dolci selciati,
una pioggia leggera
come un alito o un passo.
Ancora la brezza e l’alba
fioriranno leggere
come sotto il tuo passo,
quando tu rientrerai.
Tra fiori e davanzali
i gatti lo sapranno.
Ci saranno altri giorni,
ci saranno altre voci.
Sorriderai da sola.
I gatti lo sapranno.
Udrai parole antiche,
parole stanche e vane
come i costumi smessi
delle feste di ieri.
Farai gesti anche tu.
Risponderai parole –
viso di primavera,
farai gesti anche tu.
I gatti lo sapranno,
viso di primavera;
e la pioggia leggera,
l’alba color giacinto,
che dilaniano il cuore
di chi più ti spera,
sono il triste sorriso
che sorridi da sola.
Ci saranno altri giorni,
altre voci e risvegli.
Soffriremo nell’alba,
viso di primavera.

Sorprendente, ne LA MORTE DER Gatto di Trilussa (Carlo Alberto Salustri) è la rappresentazione del mondo animale come quello umano, come Fedro. La gatta assume comportamenti umani, medio borghesi, incentrati sul rispetto delle regole della società

È morto er Gatto. Accanto
c'è la povera vedova: una Gatta
che se strugge dar pianto;
e pensa: — Pe' stasera
me ce vorrà la collarina nera,
che me s'adatta tanto! —

Frattanto la soffitta
s'empie de bestie e ognuna fa in maniera
de consolà la vedovella affritta.
— Via, sóra spósa! Fateve coraggio:
su, nun piagnete più, ché ve fa male...
Ma com'è stato? — Ieri, pe' le scale,
mentre magnava un pezzo de formaggio:
nemmanco se n'è accorto,
nun ha capito gnente...
— E già: naturarmente,
come viveva è morto.
— E quanno c'è er trasporto?
— chiede un Mastino — Io stesso
je vojo venì appresso.

Era una bestia bona come er pane:
co' tutto che sapevo ch'era un gatto
cercavo de trattallo come un cane;
che brutta fine ha fatto! —
E dice fra de sé:
— È mejo a lui ch'a me.
— Ah, zitti! — strilla un Sorcio — Nun ve dico
tutto lo strazzio mio!
Povero Micio! M'era tanto amico! —
E intanto pensa: — Ringrazziamo Iddio! —

L'Oca, er Piccione e er Gallo,
a nome de le bestie der cortile,
Si dice a qualsiasi donna della quale s'ignori il nome.
j'hanno portato un crisantemo giallo.
— Che pensiero gentile!
— je fa la Gatta — Grazzie a tutti quanti. —
E mentre l'accompagna
barbotta: — Che migragna!
Un crisantemo in tanti! —
Poi resta sola e sente
la vocetta d'un Micio
che sgnavola e fa er cicio...
— Questo dev'esse lui! — dice la Gatta:
e se guarda in un secchio
che je serve da specchio...
In fonno, è soddisfatta.

Chiudo questa breve rassegna con un testo straordinario, "Il gatto in un appartamento vuoto” di Wisława Szymborska. Dove la morte, il massimo mistero, fa capolino nelle stanze abbandonate, nel micio consapevole del cambiamento che questa ha imposto, nella rottura di un equilibrio, che mai potrà essere ripristinato.

“Morire – questo a un gatto non si fa.
Perché cosa può fare un gatto
in un appartamento vuoto?
Arrampicarsi sulle pareti.
Strofinarsi tra i mobili.
Qui niente sembra cambiato,
eppure tutto è mutato.
Niente sembra spostato,
eppure tutto è fuori posto.
E la sera la lampada non brilla più.

Si sentono passi sulle scale,
ma non sono quelli.
Anche la mano che mette il pesce nel piattino
non è quella di prima.

Qualcosa qui non comincia
alla solita ora.
Qualcosa qui non accade
come dovrebbe.
Qui c’era qualcuno, c’era
poi d’un tratto è scomparso
e si ostina a non esserci.

In ogni armadio si è guardato.
Sui ripiani si è corso.
Sotto il tappeto si è controllato.
Si è perfino infranto il divieto
di sparpagliare le carte.
Che altro si può fare.
Aspettare e dormire.

Che lui provi solo a tornare,
che si faccia vedere.
Imparerà allora
che con un gatto così non si fa.
Gli si andrà incontro
come se proprio non se ne avesse voglia,
pian pianino,
su zampe molto offese.
E all’inizio niente salti né squittii”.


Che altro? Forse solo ricordare, a conferma di quanto detto, che Nietzsche scriveva che a volte la sua gatta assomigliava ad un essere umano, in particolare ad una donna.

«Una donna. Un gatto. Un simbolo che offrirà ancora elementi su cui discutere e confrontarsi.»

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BIBLIOGRAFIA

  1. Perchè filosofi e poeti amano la liberta dei gatti - sulla Voce di Venezia
  2. Il simbolo del gatto su Tuscany People
  3. John Gray, Filosofia felina. I gatti e il significato dell'esistenza, Rizzoli, 2022
  4. 10 poesie dedicate al gatto su "liberiamo.it"
  5. AAVV - I gatti lo sapranno. Il gatto e i suoi poeti, Passigli ed., 2020

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Commenti

  1. David una scoppiettante carrellata colma di interessanti riflessioni su quanto "appare" quotidiano, scontato, conosciuto e tale, si dimostra, non e'. Anna Rita

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