(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 46 - Tacitazioni (in prosa poetica)
di Sergio Daniele Donati |
Accade – e lo fa senza grandi annunci – che l'estate arrivi
e la mente e il cuore si volgano all'idea di un meritato riposo.
E in questa necessità di sospensione senza ritorno,
di stasi e dilatazione dei tempi, viviamo un po' tutti,
chi con piacere profondo, chi con ansia e sofferenza.
Eppure, nemmeno allora, la voce bambina tace.
Saltella
– intuizione appena accennata, inchiostro ancora da mettere nel pennino.
Saltella e bisbiglia
– richiamo per uccelli, mano tesa verso il vuoto.
Io resto qua, ad ascoltare il canto malinconico di un abbandono annunciato,
dietro le coltri umide di un pensiero troppo antico per trovare parola e ascolto.
Resto qua consapevole che, quando la tacitazione viene dall'alto,
non resta che coprirsi i volti
con un manto di lino, lacero e sacro.
Perché il sacro che non ha nome ha la forma dello strappo
della definizione del sé per differenza,
di una "Tzade" (1) tatuata sul braccio.
"Ti riconosco perché diverso da me", dice
"Mi riconosco della stessa materia del Tutto", rispondi.
Il mondo, o una voce che era prima di lui, dice "taci, è l'ora"
e lo dice con la precisione ruvida della meridiana sul muro
d'estate, nella stagione in cui i suoni si fanno naturalmente lontani
e divengono lo sfondo dei nostri desideri d'abbraccio.
Quando la parola chiama la tacitazione
io prego e tremo
perché dopo quel silenzio
o è la Creazione o l'Abisso
tremo e prego
cosciente che non è più l'ora del tentativo
ma quella del volo
o della caduta.
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(1) - lettera ebraica simbolo di rettitudine, giustizia ed equilibrio tra il giusto e il misericordioso.
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