(Redazione) - Il Femminile - 01 - Forough Farrokhzad

A cura di Patrizia Baglione

Il Femminile, è il nome della rubrica che andrò a curare per Le parole di Fedro
Una rubrica che ho voluto fortemente e che vuole evidenziare il tenero e caparbio mondo delle donne, attraverso la poetica di grandi autrici contemporanee. 
Aprirà la rubrica, la poetessa persiana Forough Farrokhzad. 
Intensi sono i suoi versi il suo modo di stare al mondo. 
Simbolo del coraggio femminile, che lotta contro tutto e tutti per farsi valere.
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La  poesia della protesta – protesta attraverso la rivelazione – rivelazione del mondo più intimo delle donne (considerato tabù fino ad allora), i loro segreti e desideri intimi, i loro dolori, aspirazioni. Parliamo della poetessa iraniana Forough Farrokhzad, una vita breve ma intensamente vissuta, con cui anticipò la lotta delle donne iraniane di oggi, caratterizzata da scelte personali ed artistiche di assoluto anticonformismo rispetto alla morale della società persiana dell'epoca.
Nata a Teheran e terza di sette figli, a sedici anni sposa per amore il caricaturista Parviz Shapur, un lontano cugino da cui un anno dopo ha il figlio Kamyar. Dopo tre anni di matrimonio decide di divorziare per dedicarsi alla poesia, pur perdendo per sempre la possibilità di rivedere il figlio che fu cresciuto dalla famiglia del marito.
Forough riversò tutte le emozioni di questa fase della sua vita nella prima raccolta poetica, La prigioniera (1955)

[…]

O cielo, se, un giorno, volessi
Da questa muta gabbia prendere il volo,
Che direi agli occhi in lacrime del bambino:
Perdonami, io sono un uccello in cattività.
Io sono quella candela che, con il dolore del proprio cuore,
Illumina una rovina;
Se decidessi di spegnerla,
Distruggerei un nido.

Un dolore in versi, di una donna a cui hanno strappato un figlio. Presto La prigioniera, divenne una sorta di “manifesto rivoluzionario” e  Forough divenne così “la poetessa del peccato”. Pagó duramente le sue scelte di libertà con il disprezzo che la fece ammalare di depressione e la portò ad un breve ricovero in un ospedale psichiatrico.

Saluterò di nuovo il sole,
e il torrente che mi scorreva in petto,
e saluterò le nuvole dei miei lunghi pensieri
e la crescita dolorosa dei pioppi in giardino
che con me hanno percorso le secche stagioni
[…]

Muore qualche anno dopo, il 13 febbraio 1967, a soli trentadue anni, in un incidente stradale, la cui dinamica resta poco chiara. I suoi versi annunciano la nascita di una scrittura femminile spregiudicata. Lascia un profondo segno nella storia letteraria. Ha saputo fare la differenza, se questa differenza sta in quello che si porta e in quello che si lascia - ma “La voce, la voce, la voce, solo la voce resta.”

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