(Redazione) - Figuracce Retoriche - 03 - ANAFORA EPIFORA SIMPLOCHE

A cura di Annalisa Mercurio

Iniziamo oggi con le figure di ripetizione. Ne vedremo una decina, ma non scappateeeeee! Non le faremo tutte oggi: saranno divise in comode rate e non sarà traumatico, prometto. Cominciamo. Guardate bene questa immagine e cercate di memorizzarla. Il primo ‘gioco’ di oggi infatti è quello di memorizzare il nome delle tre figure che analizzeremo, usando un’associazione di idee. Il termine che ho scelto per rappresentarle è anfora, un’anfora che vado a riempire di bigliettini, aventi tutti la stessa parola, o la stessa frase. Presto capirete perché.


ANAFORA
Per passare dall’anfora all’anafora basta aggiungere una lettera e da qui partiamo! Secondo l’etimologia della parola, il termine anafora viene dal greco ἀναϕορά anà + phèro, ovvero porto indietro, porto di nuovo, riporto (no, non quello dei capelli, noi riporteremo altro). L’anafora in pratica, è la ripetizione di una parola o la ripresa di un concetto. Lo scopo, è quello di porre l'accento sull'elemento che viene ripetuto, ma dobbiamo assolutamente ricordare che nell’anafora, la ripetizione avviene all’inizio dei versi.
In poesia troviamo tantissimi esempi di anafora, andiamo a leggerne subito qualcuno:

Per me si va nella città dolente,
Per me si va nell’eterno dolore,
Per me si va tra la perduta gente

Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno

S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo;
s’i’ fosse vento, lo tempesterei;
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo

Cecco AngiolieriS'i fosse foco, arderei 'l mondo


(Quei s’i’,i’,mandereil’ vi dicono qualcosa? Esatto!!! Sono apocopi viste nella precedente puntata - per leggerla cliccate qui - e, se osservate bene, abbiamo anche una aferesi: ’l).
Vediamo ora Gabriele D’Annunzio che, con l’anafora in "La pioggia nel pineto" fa sì che la ripetizione del verbo, ci dia l’idea del ritmo regolare della pioggia e della sua persistenza.

piove sulle tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti
piove su i mirti 
divini

Passiamo ora al Cantico dei cantici, il quale contiene molti esempi di anafora: interessante vedere come nel quarto capitolo (versetti uno e due), l’anafora venga usata per scopi differenti: il primo, per celebrare la bellezza della sposa, il secondo per elencarne le qualità. Potremmo quindi classificare quest’ultimo sia come anafora, sia come accumulazione (vedi la puntata prima cliccando qui). Nel brano che segue inoltre, vedremo anche metafore, similitudini e figure retoriche che non abbiamo ancora trattato, delle quali parleremo in futuro.

Guardati! Sei bellissima, tesoro mio.
Guardati! Sei così bella.
I tuoi occhi dietro il velo sono colombe
i tuoi capelli sono come un gregge di capre
che scende dal monte di Galaad.
I tuoi denti sono come un gregge di pecore
che stanno per essere tosate,
che stanno risalendo dopo essere state lavate.

La figura retorica dell'anafora crea anche un particolare effetto ritmico, ed è molto utilizzata anche nelle filastrocche, qui un esempio di Gianni Rodari:

ha perso il tram di mezzogiorno,
ha perso la voce, l’appetito,
ha perso la voglia di alzare un dito,
ha perso il turno ha perso la quota,
ha perso la testa (ma era vuota),
ha perso le staffe ha perso l’ombrello,
ha perso la chiave del cancello
ha perso la voglia ha perso la via;
tutto è perduto fuorché l’allegria.
(Gianni Rodari, Giovannino Perdigiorno)

Abbiamo visto, che l’anafora si usa per sottolineare un concetto, per questo motivo viene spesso adoperata in politica.
Qui di seguito vi propongo il discorso di Martin Luter King pronunciato a Washington durante una manifestazione per i diritti civili il 28 agosto 1963:

(…) Ora è il momento di rendere reali le promesse della democrazia.
Ora è il momento di salire dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero illuminato dal sole della giustizia razziale.
Ora è il momento di sollevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza.
Ora è il momento di rendere la giustizia una realtà per tutti i figli di Dio (…)

Quella sopra citata è una piccola parte, se cercherete il testo integrale, potrete vedere che l’anafora, è stata utilizzata più volte in varie parti del discorso. 
Per vedere l’effetto che fa, imparatelo a memoria, salite sul tavolo e recitatelo con enfasi. Scherzo ma non troppo, se avete una buona memoria e non temete di passare per pazzi, fatelo!
Utilizzare l’anafora non è quindi così difficile: pensiamo ad esempio, a quando, per rendere l’idea di aver vissuto una giornata piena di impegni, ripetiamo più volte l’incipit della frase: “Sono andatə a prendere i ragazzi, sono andatə dal dentista, sono andatə a fare la spesa…”
È più semplice di quanto non si pensi vero?
Come ultima cosa, aggiungo che gli elementi ripetuti nell’anafora non sono obbligatoriamente identici, ma possono anche avere leggere variazioni.
Vi vedo attenti, quindi sento di poter proseguire e di poter passare all’epifora (o epistrofe).


EPIFORA (O EPISTROFE)
L'epifora dal greco ἐπιϕερo  epiphérō, porto in aggiunta, detta anche epistrofe, sempre dal greco ἐπιστροϕεύς, derivazione di ἐπιστρέϕω epistrophēs, torcere, volgere).


Nell’epifora le parole ripetute, sono alla fine dei versi, possiamo quindi definirla speculare all’anafora
Come esempio perfetto di epifora riporto di seguito un brano tratto da “Il mercante di Venezia” di William Shakespeare.

BASSANIO:

“Dolce Porzia,
Se tu sapessi a chi ho dato l’anello,
Se tu sapessi per chi ho dato l’anello
e capissi per cosa ho dato l’anello
e quanto malvolentieri ho lasciato l’anello,
quando non si accetta altro che l’anello,
abbandoneresti la forza del tuo dispiacere.”

PORTIA:

“Se tu avessi conosciuto la virtù dell’anello,
o la metà del suo valore che ha dato l’anello,
o il tuo stesso onore per contenere l’anello,
non ti saresti poi separato dall’anello.”

Mi sa che sia il caso di dire che Porzia se l’è legata al dito!

Curiosità:
Mi piace lasciarvi ora una curiosità musicale, una straordinaria nota Jazz: nel 1941 Thelonious Monk e Kenny Clarke composero un brano che fu registrato per la prima volta nell'aprile 1942 da Cootie Williams e la sua Orchestra con il titolo "Fly Right" pubblicato poi per la prima volta con il titolo "Epistrophy" nel 1948 come lato B del singolo di Thelonious Monk "In Walked Bud". Esiste una materia che si chiama retorica musicale nella quale si riprendono le figure retoriche letterarie. Non è straordinario vedere come vi sia tra linguaggi di diversa natura l’esigenza di respirarsi a vicenda? Di come avvengano scambi, oserei dire per osmosi, tra le arti?
Ascoltando il brano Epistrophy (vi ho accennato che l’epifora viene chiamata anche epistrofe), sentirete una ripetizione di frasi, un'epifora musicale.
Potete ascoltare il brano di T. Monk cliccando qui

SIMPLOCHE
Per terminare in bellezza, nell’affrontare l’ultima figura retorica di oggi sarò breve e concisa, e dulcis in fundo, mi cimenterò in una simploche. “Simplo cheeeee?” Direte voi!
Tranquilli! Se anafora ed epifora ora vi sono chiare, la simploche è semplice (merito un premio per le allitterazioni, lo so).
La simploche (dal greco συμπλοκή symplokè, intreccio) è la figura retorica costituita dall'unione di un'anafora e di un'epifora:
Anafora + Epifora = Simploche.

Tra le cose, tu
tra le rose e gli inverni, tu
tra i silenzi e cori stranieri, tu
tra te e me, un’altra me.
(A. Mercurio)
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Commenti

  1. Tu mi sorprendi sempre di più... 😘

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  2. Che splendida scoperta il tuo blog, grazie!!!

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    1. Il merito del blog a Sergio Daniele Donati e a tutta la redazione. A nome di questa, ringrazio.

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  3. Molto molto molto interessante…Grazie infinite

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  4. Grande Annalisa 👏👏👏🌻🌾🌞😄👋

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  5. Sempre interessante ripassare le figure retoriche con te, con la tua prosa che alleggerisce i concetti, rendendoli snelli, non mera enunciazione di nozioni. Grazie.

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    1. Grazie, una gioia per me poter condividere (da Annalisa Mercurio)

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