Estratti dalle sillogi di Salvatore Annunziata: “Mondo parallelo” e “Dello stesso amore” (entrambe Grausedizioni)


Siamo davvero lieti di poter pubblicare degli estratti dalle due sillogi di Salvatore Annunziata​ “Mondo parallelo” e “Dello stesso amore”, entrambe uscite per i tipi di Grausedizioni. 
La scrittura del poeta si caratterizza per le sue linee delicate ed incisive allo stesso tempo. 
Un fertile ossimoro, un apparente paradosso, che nei tratti di Salvatore Annunziata trova componimento degli opposti.
Il poeta ci conduce per mano in un uso della parola, non privo di tensione etica - ahinoi tanto preziosa quanto sempre più assente nella poesia contemporanea - ma mai impositiva. 
Una scrittura che suggerisce al lettore la pausa e la riflessione, la cadenza lenta e il ritmo costante, come di una salita in montagna.
Una lettura da non perdere.
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per la Redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore Sergio Daniele Donati


Estratto da “Mondo parallelo” (Grausedizioni)

Auschwitz

E non chiedermi
chi sono,
tanto poi
non ti rispondo.
E non guardarmi
queste mani!
Tra quello che resta
delle mie ossa
non cercarci
la speranza:
pietra morta
verso il lago dell’inutile
l’ho scagliata
oltre le mura.
Tanto io non spero.
Io non sogno.
Io non sono.

Alberi d’inverno

…chissà
se sanno
mi chiedo
che in fondo
a volte pure noi
dentro
abbiamo solo rami…

Accade

Accade
di ritrovarmi con poche parole
e per sfuggire alla solitudine
smarrisco per un attimo
l’idea di essere un uomo.

Come foglia caduta

Scendo fino in fondo
al mio dolore
e per un istante
ti rivedo.
E ti chiamo
ancora ti chiamo.
A bassa voce ti parlo
ancora ti parlo.
E tu che cosa fai?
Mi guardi
ma col nulla m’intrattieni.

(A mio padre)

Avere amore

È come guardare la vita
dall’alto
dell’idea della morte.
Guarda!
Guarda come sono chiari
i giorni creduti senza sole!
E così caldi ancora
anche i baci
creduti senza fuoco!
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Estratto da “Dello stesso amore”(Grausedizioni)

Inverno

Di questa malinconia
di porte chiuse
arrivata di colpo
sulle nostre spalle.
Di questo inverno
che ha rapito aquiloni
e voluto un fuoco acceso
per ogni stella scomparsa,
che vuole vedere camminare
foglie morte
indicando loro strade oscure
che poi conosceremo.
Tu cosa avevi
di questo inverno?
Con l’estate
che portavi sul tuo volto,
con gli occhi
che portavi ovunque:
tra gli incendi
appiccati dal tormento
e la profondità del sonno.
Coi baci
che portavi sulla bocca
e l’amore che portavi dentro il petto.
Quell’amore
che non ha colpe quando nasce,
che non ha colpe quando muore.

(Omaggio ad Alda Merini)

Il nostro tempo insieme.

È strada
tra cielo e terra,
è un campo di fiori
scampato alle falci.

È luce rimasta
tra gli altari e le chiese,
il nostro tempo insieme
è fuoco sgorgato
dai pozzi invisibili di pietra
e irrompe nel reale
come un’onda rincorsa
dalle mani del sole.

È ombra e spada di luce
sprovvisti di guerra e di sangue
è bocca che grida
è una collina che dorme.
È un cesto di speranze
il nostro tempo insieme
è vociferare di preghiere.

È strada
tra cielo e terra,
è un campo di fiori
scampato alle falci.

In un abbraccio

Al riparo dall’incuranza
di tutte le stagioni
e la collera sui vetri
di un incessante temporale,
non ci tocca
ora
il tempo
e il ritorno delle ombre deformate.

Io e te,
volto disteso
che ride a singhiozzi
davanti alla serietà
della tristezza
e alla derisione malinconica
degli scettici seduti

Io e te,
l’uno dentro l’altro,
e la nostra passione
come un grido di rabbia
contro questa vita
per averci concesso
solo questa vita.

Quando sono tra la gente
e osservo una donna che non sei tu,
una donna estranea,
mi chiedo se un giorno
io sarò
estraneo a questo giorno
dove io ti amo.
Quando sono tra la gente
che si odia e non si divide,
per solitudine
o per mancanza di coraggio,
trema la mia vita
nel pensarti
un giorno
estranea a questa notte
dove tu mi ami:
queste paure
vengono a trovare
le mie ore
ovunque sono.

Sei tu il mondo

Cammini
poi ti fermi:
sei tu il mondo.
Sei tu la primavera
coi suoi mille uccelli
tornati dal buio;
la voce che ho sognato
senza volto,
il bacio che ho sentito
risuonarmi nell’orecchio.
Cammini,
ti fermi:
sei tu il mondo.
Sei tu la canzone
rimasta nella conchiglia.

Sei tu
ciò che non fa di me,
dopo venti e lampi
a questo mondo,
un semplice sopravvissuto.

Quasi pomeriggio

Hai alle spalle
la città coi suoi rumori:
quello che tu dici
ha di importante
la tua voce.
Dalla vetrina
seduta
guardi non so dove
e mentre mediti l’astratto
sul tuo volto
ne immagino le forme.

Per un attimo

I miei giorni
non avevano passato
e tra un tramonto e l’altro
non cercavo più
lune sempre diverse.

Non attendevo stagioni
al varco del tempo
e le mie malinconie
non correvano più
per rifugiarsi nei portoni.

Sentivo il mondo
con l’universo tutto
non esistere più:
era tutto lì,
in te.
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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE

Salvatore Annunziata nasce nel 1981 a Pompei (NA), dove vive e risiede, ed è autore delle raccolte “Mondo parallelo” e “Dello stesso amore”, entrambe edite da Grausedizioni.
Quest’ultima viene premiata dalla giuria del concorso “Don Luigi di Liegro” presieduta, nell’edizione del 2015, dai poeti Dante Maffia e Renato Fiorito.
Più volte tra i premiati dalla giuria del concorso “Premio Alda Merini”, ideato da Vincenzo Ursini Editore, i suoi testi sono stati pubblicati in varie antologie, tra le quali “I poeti contemporanei Vol. 12” curata dal poeta Elio Pecora, e sul noto sito Rainews – Il primo blog di poesia della Rai, ideato e curato dalla poetessa e giornalista Luigia Sorrentino.
Testi editi e inediti sono stati pubblicati all’interno della rubrica “Bottega della poesia” del quotidiano “La Repubblica” di Napoli, a cura del poeta e critico letterario Eugenio Lucrezi; e di Roma, a cura della poetessa e critica letteraria Gilda Policastro.
Altri, inoltre, sono apparsi sul sito “Centro Cultural Tina Modotti”, nella traduzione in spagnolo a cura del poeta Antonio Nazzaro e sulle riviste on line “L’Estroverso” di Grazia Calanna, e “La locomotiva – Quaderno di poesia”.
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