Il condannato


E fu trovandosi legato a un palo
che capì la costrizione del lampione,
l'obbligo di illuminare 
sempre solo gli altri. 
E fu trovandosi, quasi per caso, 
a calpestare antiche tracce 
che si sentì liberato 
da quel pesante fardello. 
Non esiste altro dono da ricevere?”, 
andava ripetendo a se stesso,
quasi fosse il più nascosto 
degli antichi mantra. 
Non esiste altro dono da desiderare?”
Rimaneva intanto in ombra, 
come l'asta del palo, l'anima sua.
E quei fucili che prendevano la mira, 
lentamente, mirando al suo cuore, 
furono proprio loro a spingerlo 
a pronunciare la parola;
unica, irritrattabile, definitiva. 
Alzò lo sguardo,
lo posò su ognuna di quelle cinque 
grigie, opache, canne di fucile. 
Lo posò negli occhi di ognuno 
dei cinque fieri fucilieri. 
Fu uno sguardo unico, o cinque, 
o forse furono dieci sguardi distinti?
Certamente unica in quell'istante
fu la parola che loro indirizzò. 
Unica, potente, univoca 
e roca: “angeli”, disse.
I fucili si abbassarono,
i fucilieri persero la vista,
gli occhi velati di lacrime, 
l'urlo “fuoco” si fermò 
alle prime due lettere
e a chi lo stava pronunciando 
si seccò la lingua e l'intento. 
Tutto era silenzio. 
Il condannato, legato al palo,
l'ordine ritrattato, 
l'eco di una sola parola 
ancora presente:
"ANGELI-ELI-ELI-ELI"

Narra la leggenda che D-o stesso, di fronte a quella chiamata, evitò di mettere un sigillo troppo pesante a un libro che da tempo non sentiva più suo.
Fu in quell'istante che ogni cosa venne creata, in quel piccolo eterno istante di sospensione.
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Commenti

  1. Questo è straordinario, caro mio. Di gran lunga la cosa tua più ispirata, più ricca di magia, di pathos, di tensione che abbia mai letto. Questo è un pezzo da novanta, Sergio, abbine cura

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    1. Grazie davvero, Gianni. Sono felice che abbia incontrato il tuo gusto.

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  2. Meravigliosa, veramente

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