(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 31 - Declinare il silenzio - in dialogo con una poesia di Avraham Ben Yitzhak e per aprire a André Neher

 
A cura di Sergio Daniele Donati

Dice il Poeta:

Quando si spegneranno i rossi falò della nostra vita
ci toglieremo dalla fronte la ghirlanda delle feste
con le foglie scompigliate e le rose cadenti,
poi in silenzio scenderemo ai fiumi.
Al declinare del giorno ci fermeremo sulla loro sponda
inseguendone con gli occhi la corsa, –

loro, gli abbandonati e infinitamente orgogliosi della propria solitudine.

E circonfusi dal rossore del crepuscolo
commossi guarderemo, ed ecco arrivare fiori,

fiori bianchi

recati con tutti gli onori sul pelo dell’acqua –
rapiti dai margini di un giardino felice
per scherzo a mezzogiorno.

Allora sapremo: davanti agli occhi ci è passata la nostra giovinezza.

E quando il ricordo tramonterà dentro di noi

s’allungherà, si scurirà una dolente ombra di salici sul nostro capo.
E tuttavia lassù sorgerà stella dopo stella sulla cima dei monti,
santificando una notte grande ed estranea su di noi,
e un vento serale ci toccherà gemendo come suonasse violini neri.

Avraham Ben Yitzhak
(da “Avraham Ben Yitzhak, Poesie”, Portatori d’Acqua, 2018
Traduzione di Anna Linda Callow e Cosimo Nicolini Coen)

E mentre lui parla io sento di lontano declinarsi ogni piccola sfumatura che la parola silenzio può avere nel pensiero e nella cultura ebraica.
I silenzi che si esprimono in parole, in misure e passi comprensibili, si manifestano davanti a me, senza essere quasi mai detti, nelle parole di un poeta che tanto mi ricorda Rilke, nella sua stagione più matura.
Un silenzio – anzi, dei silenzi – che quindi si appalesano proprio perché, come nella loro stessa natura, vengono taciuti.
Il primo dimora nello spazio vuoto prima della prima parola della poesia che esordisce con un quando che ci dona tutto il peso e l'immensità del silenzio di attesa; lo stesso che in ambito più umano appare immergere il lettore in ciò che è prima della creazione della Genesi. 
Un quando dunque molto denso che si situa in un pensiero che declina verso il silenzio della speranza in ciò che sarà.

Suggestioni?
Certo, subito: attesa della creazione (e chi può attendere prima del primo atto creativo, se non lo stesso creatore), attesa messianica (quel quando esprime certezza e apre a un dire quasi- profetico ma ciò che è prima, e viene lasciato nel silenzio, non è altro che una preparazione lenta della malta della speranza di un avvento).

La discesa ai fiumi è l'unico evento descritto dal poeta in questa composizione dai sapori mistici degna di ricevere un avverbio del dominio del silenzio. 
Perchè? Non ne ho idea precisa, ma non posso non rimarcare che ciò che cala sull'uomo come una pioggia sacra (e qui la suggestione che il fiume in primis mi ha dato) per parte del pensiero ebraico è la Shekinà, il principio del femminile che è sostanza e elemento polare della Creazione. La Sua è discesa sacra, come di pioggia lenta, e, più che silenziosa, è sussurrata, bisbigliata; come è la parola quando diviene formula creativa e sacra e non urlo umano – troppo umano.
Potrebbe essere questo il motivo per cui a questo elemento si dona l'avverbio "in silenzio"?

Come si posa un petalo su una via acquea se non in silenzio?

Ecco il terzo silenzio che mi pare di respirare nella poesia. E il bianco, poi, è senza tema di 
smentita, un colore che richiama al manto nevoso, ad un'assenza di suono che è rigeneratrice e di riposo e coperta, anche qui sacra, sugli affanni dell'esistenza.
Sull'ultimo silenzio, quello del grande passaggio sulla cui verità non possiamo che raschiare che la superficie non dirò molto.
Vi lascio, però, i versi perchè possiate ascoltarlo voi in tutta la sua potenza e capacità di tramutare il pianto in benedizione.

E tuttavia lassù sorgerà stella dopo stella sulla cima dei monti,
santificando una notte grande ed estranea su di noi,
e un vento serale ci toccherà gemendo come suonasse violini neri.

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NOTE
1 - per qualche notizia biobibliografica sull'autore aprire questo link
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Commenti

  1. Nel silenzio scopro sempre di più me stessa e scopro che il silenzio ha mille sfumature. Barbara Rabita

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    1. Mai nulla di più vero, grazie Barbara. (Sergio D. Donati)

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