Poesie Inedite di Alessandra Corbetta, con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

 
Alessandra Corbetta
ritratta in foto da Daniele Ferroni

È un vero piacere poter accogliere su Le parole di Fedro alcune poesie inedite di Alessandra Corbetta in cui la riflessione quasi-filosofica si armonizza appieno con la scelta stilistica, timbrica e sonora che portano con sé gli odori e i sapori di un "poetare antico", nel senso più profondo del termine. 
Il lettore ne viene immediatamente coinvolto, anche grazie al sapiente uso di un "tu indeterminato", cui la poeta si rivolge, che crea nel lettore un clima di lenta e distesa confidenza, dove la riflessione scambia vivaci ed epiteliali sensazioni che navigano nei mari, spesso ignorati dalla contemporanea poesia, che sono allo stesso tempo "territorio comune e confine inesplorati tra un dire e un dirsi".
"Delicatissima missione", questa, che necessita di un equilibrio non solo lessicale ma di etica della parola non da poco. Perchè quel crinale, che la poeta percorre con estrema maestria, è molto stretto e per attraversarlo occorre avere uno sguardo capace sia di posarsi sulla linea dell'orizzonte che di guardare al passato, in una sorta di "strabismo visionario".
Una poesia, quella di Alessandra Corbetta, sicuramente matura che manifesta appieno ciò che è uno dei primari scopi di questa pagina letteraria: saper coniugare e riallacciare da uno strappo, storicamente evidente, contemporaneità con l'ascolto di voci del passato, poetico e non, e, in questo modo, rivitalizzare un flusso in cui il detto dell'altro diviene la matrice della nostra stessa poesia.
Ringraziamo pertanto Alessandra Corbetta per averci concesso questi suoi inediti. 

Per la Redazione de Le Parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati



_____
Baia della Vallugola
I tempi da quanto
tempo stanno dandoci torto?
(V. Sereni)

Hanno ridotto la nostra geografia,
mi dici, ma forse ripensi soltanto
alle tue belle ragazze in fiore,
ai discorsi sul lato opposto della riva.

Non occorre una dote per vedere la fine
nella striscia di terra che lega la colonia
alla Vallugola oscura.
Lì, nel miraggio bianco della perdita,
sull’orlo del verde selvatico
la Riviera si dimette,
e smette di crescere l’ardore
della tua gioventù vertiginosa.
_____
Il gioco del diablo (1)

Ma smetteranno di andare gli anni?
Una volta l’hanno chiesto ad A. e lei
per tenersi in equilibrio ha fatto come il diablo.
La risposta però non è arrivata
perché l’occhio stava già dritto sulla fine

Hexis, habitus, abitudine…
le veniva da dire senza successo
o Burri in calamita al frigorifero rosso
e poi le stoviglie ancora da lavare…
Ma se poi tutto cade – Burri, l’abitudine,
altro vasellame? –
resta da pensare che solo il diablo
resti in piedi, come le cose
che si muovono e tu non vedi

(1) Il diablo è un articolo da giocoleria, a forma di clessidra orizzontale, appoggiato nel punto centrale su un cordino, il quale è legato all'estremità di due bacchette: si tiene una bacchetta per mano e, muovendole adeguatamente, si ottiene la rotazione. Quello a cui qui si fa riferimento è la versione impazzata sulle spiagge italiane nelle estati di fine anni Novanta. Chi scrive ne possedeva uno verde, con il quale mai riuscì a fare un’acrobazia.

_____
Incipit

Quell’estate – la ricordi – abbiamo scelto.
Cosa avremmo tenuto e cosa perso, lo sapevamo.
Dietro le case tutto era già chiaro
ma la ruota panoramica saliva lenta,
il cameriere tardava ad arrivare;
dietro le cose qualcuno ci stava aspettando.
Quell’estate – ti sbagli – non è stata
una faccenda personale.

_____
C’è da fare un passo indietro
per restare allineati nel cerchio,
di poco flettere le ginocchia
e a voce alta dire lei o me
come in un film d’azione.
A poco a poco eliminare
la domenica e le feste
e il cerchio farlo con la bocca,
la fatica metterla nei piedi
il fiato tirarlo da sotto un fiore.

_____
Se ancora dobbiamo dire
di anni giovani e anni persi
non chiedere adesso il quando.
Abbiamo tardato – questo è chiaro –
e nei sobborghi chiari
ci hanno chiuso a chiave le porte.
Né uscire né entrare, questo è quanto.
Se guardi l’ora, sono le quattro.

_____
Abbiamo lasciato tutto andare.
O forse è questa la rassegnazione,
smettere la corsa poi più nulla.
Nulla da dire mormorando
all’orecchio muto dell’amico,
nulla da tendere
sui fili lunghi del bucato.
Nulla come una pietra
da poggiare per…

_____

Dentro ti sei detto:
eccola, la sirena.

Sirena e musa. Una bambina.
Lucente come la luna bianca,
stanca come un cane è stanco.

Piedini morbidi,
rimbombi nelle tempie.
Prendimi, ti dice.
Prendimi.

_____
NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE
Alessandra Corbetta (Erba, 1988) è dottore di ricerca in Sociologia della Comunicazione e dei Media e lavora come docente presso l’università LIUC-Carlo Cattaneo. Ha fondato e dirige il blog Alma Poesia (www.almapoesia.it), cura e conduce la rubrica televisiva “Poetando sul sofà”, dirige una collana di poesia e una di saggistica e scrive per diversi spazi online. La sua ultima pubblicazione in versi è “Sempreverde”, contenuta nel XVI Quaderno italiano di poesia contemporanea (Marcos y Marcos, 2023).

stampa la pagina

Commenti

  1. Poesie dense, pastose, compatte... dietro c'è tutta la sua solidità. Complimenti davvero! Barbara Rabita.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Barbara, sono delle vere perle quelle di Alessandra Corbetta

      Elimina
  2. Molto inedite per me.che possono stare in terrestri dialoghi e amori, specie in un loro linguaggio coraggiosamente e aperto

    RispondiElimina

Posta un commento