(Redazione) - a proposito di "Involontario narciso" di Ugo Mauthe (Il Convivio Editore, 2023) - estratto con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

 


Sembrerà folle dirlo, ma esistono diversi modi di vivere la brevitas nel verso. 
Un verso breve, per i più, è un verso capace di colpire come raggio laser, con poche parole il centro del lettore. 
E questo é senza dubbio vero. Ma è altrettanto vero che uno degli elementi costitutivi dell'incisività di una certa poesia non sta tanto nel conto delle sillabe, ma nel suo essere portatrice di verità.
Veritas e Brevitas, nella poesia di qualità vanno spesso a braccetto, e si dissolvono entrambe in quel punto finale (che sia scritto o meno nel testo qui pesa poco) che pare aggiungere un silenzioso Amén (e così sia, perché così è) al dire del poeta. 
Nella raccolta "Involontario narciso" di Ugo Mauthe (Il Convivio Editore, 2023) questo versificare per statuizioni lapidarie è del tutto evidente. 
Ma la sapienza creativa del poeta non ignora che è necessario un controcanto, perché la poesia, pur vera, non sia mai definitiva, perché la statuizione poetica non diventi statuto monolitico.
E questo controcanto, nell'opera in esame, è dato da una voce sottile, ma persistente e sacra, di ironia.
L'ironia è il medium che, nell'opera del poeta, mette in dinamica la relazione statica tra veritas e brevitas, in un certo senso. 
Un gioco, questo, di equilibri finissimi, che trascinano il lettore in un altrove ricco e fertile. 
Una raccolta, questa, che ricorda al lettore, quindi, il senso profondo della parola. 
O, almeno, uno dei suoi più profondi portati. Ogni parola dice sempre poco rispetto all'infinito dicibile e, ancor meno, rispetto all'infinito indicibile. 
La scelta di contrarre la parola ancora di più non può, dunque, che significare il desiderio di manifestare questo limite della parola come territorio, anche se in parte inesplorabile, ove la pianta della parola prende radice. 
Un raccolta, quella di Ugo Mauthe a mio avviso immancabile e sono molto onorato e felice di potervene proporre un piccolo estratto. 

Per la redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati

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ESTRATTO

nel sonno del tutto tutto è sogno
che sogno sia anche il risveglio
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ancora non è l'ora
di perquisire il passato
il tuo è un falso mandato
firmato nostalgia
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finisce così un giorno notturno
affacciandosi a se stessi
gomiti sul davanzale a vetri aperti
guardandosi passare
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fai scorta di ricordi
sperando di ricordare
di ricordarli - nodo
di sillabe che forse
non ricorderai come
sciogliere
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nervoso come in sala d'aspetto
passeggi avanti e indietro
risegni gli stessi segnati sentieri
vai sul sicuro eviti il percorso più duro
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arrotolo
anti estetici polpettoni
anzi maniglioni - spero
che qualcuno mi trovi
antipanico

Dice di sé l'autore: 
Nel 1967, ascoltando Sogno d’amore, ho buttato giù una poesia, la prima.Molti anni dopo ho letto una frase di Croce che più o meno suona così: “Da giovani tutti scrivono poesie. Chi continua
o è un poeta o è un cretino.” Io, che ho continuato, devo ancora capire. E ci sto provando ormai da alcuni decenni.
Nel frattempo ho letto migliaia di poesie attraversando secoli, terre, culture, autori e movimenti e ne ho scritte alcune centinaia, sperando che nella quantità si possa trovare un poco di qualità ma, anche in questo caso, devo ancora capire.
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