La danza dell'ubriaco greco (Zeybekiko)



Dove devo pescare questa volta? In quale lago, fiume, mare di parole? 

A quali miti devo fare appello? E per far cosa, poi?

Per descrivere la danza che la luce gioca nei tuoi occhi esiste un vocabolario?

E le nuances dei tuoi sguardi hanno un mito che le sostenga?

O provengono da un'essenza ancora più antica?

Oh sì, potrei scrivere tomi sulle extrasistole che i tuoi sguardi provocano al mio cuore malandato.


Ma si danza in due e io conosco un solo modo di farlo.

Allora mi alzo e inciampo. E rido.

E il tuo sguardo si fa serio, perché sai che potenza possa scaturire dal passo incespicato di un ubriaco.

Perdo l'equilibrio, è vero, ma questo mi permette di mettermi davanti a te.

Sei seduta con le tue amiche. E mi guardate.

E, lo so, tu non cogli quel rimprovero nei loro sguardi, mentre tacciono e pensano: “ma perché solo per lei? Perché quest'uomo danza solo per lei? Questo cialtrone, quest'ubriaco, questo genio, questo Nureyev greco che puzza di Ouzo di basso rango, perché non danza anche per noi?”

Non cogli le loro labbra strette e piccole e pallide, mentre io piroetto, piroetto, piroetto, lo sguardo fisso nel tuo. E poi balzo, in alto, in alto, che sembra di non tornare mai più giù.

Ma giù ci sei tu. E il tuo sguardo. E io ci torno. E ti porgo la mano. E tu mi concedi il contatto.

Non si resiste a questo tipo di danza.

Lo senti la musica suonare? E la gente che batte le mani e getta fiori bianchi ai nostri piedi? 

Amami, amami, amami.

Come se non ci fosse un domani.

Amami ora. E piroetta con me.

Là dove il Mito incontra il Silenzio dei nostri sguardi.






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