(Redazione) - Estratto dalla silloge di Federico Preziosi "Messa a dimora" (Controluna – Lepisma floema, a cura di Giuseppe Cerbino) con nota di Sergio Daniele Donati

 

È uscita da qualche mese la nuova raccolta  dal titolo "Messa a dimora" di Federico Preziosi (Controluna ed. – collana Lepisma floema, a cura di Giuseppe Cerbino che ne ha scritto una meravigliosa prefazione a cui si rimanda il lettore per meglio approfondire il senso profondo di questa scrittura)

La silloge, in diretto contatto e filo diretto, sia da un punto di vista contenutistico che di evoluzione lessicale e retorica con la precedente ("Variazione madre - del medesimo editore, 2019), appare essere un necessario e brillante completamento di una poetica del tutto particolare e preziosa in cui ogni inciampo della parola assume i connotati evidenti di campo di ricerca possibile, soprattutto per il lettore per il quale é quasi impossibile evitare di questionarsi sul rapporto etico/estetico tra scrittura e etero-direzione della parola scritta stessa.
Se nella prima raccolta veniva tracciato con interessante maestria il perimetro di un rapporto madre-figlio mai banale e mitizzato, qui il poeta pare interrogarsi (e interrogarci) sul significato profondo del suo proprio posizionamento nel mondo (relazionale, nella scrittura, nei confronti di una sacralità sottaciuta ma sempre presente).

È a parere di chi scrive nelle liriche più brevi che questo effetto positivamente estraniante esplica i suoi maggiori effetti, laddove la parola del poeta si fa più incisiva e definitiva, e dove un sapiente e accorto uso (ma mai abuso) degli aggettivi è capace di far da guida al lettore su percorsi prima facie impervi. 

Siamo dunque lieti di pubblicare in estratto alcune delle poesie della raccolta a nostro avviso maggiormente significative, invitandovi ad una lettura profonda dell'opera, possibilmente in sequenza con la precedente per poter appieno gustare l'evoluzione, non solo linguistica, del poeta Federico Preziosi.

Per la redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati

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ESTRATTO

Messa a dimora

Infine si asciuga la terra.
Seccato il nuovo solco dormiranno
nella messa a dimora le radici.
Fittoni o  fascicoli, non importa:
altri mali si ricordano
in un lessico di cui liberarsi,
lo stretto necessario da un meno che parla.

La fitta

Si indugia
lontana la dimora,
il promemoria
non mi chiede non
ti chiede cosa.
Ha già fatto il suo,
vedi?
Là c'è un tronco spoglio
ma la  fitta in cielo
quel gregge di nubi.

A malapena

Quel che abita un movimento in parole
sopra la veste a malapena detta
a malapena spoglia di lembi di pelle
a malapena Madre nel dar nome
al vuoto quando domanda chi sono.



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