Dialoghi poetici coi Maestri - 43. Fernanda Romagnoli

 
Strada

Di luglio, al lungo sole della sera
le case stanno appese
in un silenzio d'arnia dopo il volo,
Ragazzi se ne vanno alti leggeri
giù per la via. Farfalle
svolano le ragazze.
All'ombra delle tende azzurre gialle
approda il vecchio. Siede,
guarda intorno la scena: mitemente
nel suo castello d'ossa si consola
di farne ancora parte.
Ma l'anima - è in disparte

Fernanda Romagnoli
Tratto da "La folle tentazione dell'eterno"
Interno poesia edizioni

Stasi

Comincia sempre così, Fernanda,
il richiamo della stasi,
tra miraggi e fate morgane
d'un luglio che attanaglia i pensieri
e obbliga lo sguardo a posarsi
sull'Altrove quotidiano.
La morte e il mutamento
appoggiano piedi nudi
sui muschi d'una vita che palpita
e scorrono via come ipotesi
suoni di lira in un mito d'asfalto.

Le ossa, Fernanda, testimoniano resistenza
alla decomposizione del reale
- la tenace lotta di chi di vuol stare
là dove tutto si trasforma
in pulviscoli e nutrimenti 
per insetti senza antenne.
Poco conta, mia voce di cembalo, 
se un'improvvisa brezza
distoglie un estivo sguardo statico
dal flusso delle delle ere e delle stagioni.
Io me ne andrò, Fernanda, 
e lascerò dietro al mio passaggio
piccole impronte delebili e figlie del tempo
- spruzzi di cristallo, suoni di vetro -
da raccogliere d'autunno, nel tempo
delle nocciole. 
Si perderà senza rimpianti il mio nome
e le mie parole si dissolveranno
in suoni ancestrali. 
Allora - solo allora - avrà pace
il canto sgraziato 
d'uno  schiavo della parola.

Natura è dove tutto si dissolve
e gli inchiostri diluiscono, 
azzurrognoli e potabili
da gole arse dalla sete d'oblio.
Io me ne andrò e lascerò al mondo
un taccuino bianco;
riempilo tu della cetra della tua parola.
La mia è stanca e torna lenta
nel cappuccio della penna
che l'ha concepita. 



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