Il ritorno

Portone della Abazia di Chiaravalle - particolare
Tornare, 
con lo sguardo basso
ma non diminuito,
uno sguardo che cerca
a terra
semi di rinascita;
uno sguardo bambino 
- e dove sarà mai finita quella biglia,
quella di ceramica, la preferita,
regalo di papà.

Tornare come l'onda 
depositando conchiglie
su spiagge deserte,
dove il paguro 
mostra la sua buffa tenacia
al mare, indifferente.

Tornare allievo
col rammarico di chi
troppo a lungo 
è stato strappato al mondo
dal sogno di poter insegnare qualcosa; 
al mondo.

Tornare a guardare il proprio figlio
e scorgere in quei baffetti
e in una voce che cambia
il suo futuro di uomo
saggio
che non dimentica ancora 
vagiti neonati.

Eterno non è il ritorno. 
Eterno è il canto;
la stella che muore
lasciando a chi 
ne osserva di lontano
per milioni di anni
l'illusione della luce. 

Il ritorno è un lampo
preparato da eoni
di mancato ascolto.

Bisogna saper andar via,
aver abbandonato armenti
e amore e casa paterna
per poter tornare.

La Voce disse ad Abramo
"vai lontano verso la terra 
che io ti indicherò". ¹
Nemmeno la certezza di una meta
in quel monito. 
Abramo si mosse forse,
non solo per la potenza di una Voce
che non ammette repliche,
ma perché era figlio della parola
di una lingua antica
e ambigua per la quale 
vai lontano significa anche
vai verso di te.

___
¹ Lech Lechà in ebraico significa "vai via, lontano", ma anche "vai verso te stesso". Con questo imperativo la Voce si rivolge ad Abramo perché inizi il suo viaggio identitario.




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