La mia promessa

 

Poesia dedicata/poesia delicata

Ogni arrivederci cade 
goccia a goccia
su terreni arsi e irrora
tracce d'ossa 
e i frutteti sacri
della sapienza. 
Porto la parola 
- o dalla parola
mi lascio trascinare -
nel luogo di una gestazione sabbiosa e antica.
Perché è il nostro 
che ora sorge
lento, 
dalla saggezza del deserto.
Dei cammini a spirale
ove un mugugno forgia 
speranze di rinascita
riconosco il monito silenzioso
e pongo il mio stesso limite
a perimetro del foglio.
È vero,
scrivo spesso solo,
sotto la dettatura sgraziata
del dio dell'abbandono,
del latrato notturno 
di un cane, che confondo 
con la testimonianza finale 
della vita sorgiva del suono,
nonostante la tenebra. 
Incapace di un umano «e sia»,
scrivo solo di «ciò che fu» 
e sono scritto 
dal canto dello sterno,
dall'eterno rugore 
della corteccia d'un albero 
dal frutto proibito.
Non oso più coprire 
di parola la Parola, 
ed è impossibile per me 
ormai non dirmi figlio 
del vuoto delle galassie.
Poi c'è il pianto del ritorno,
la saga dei non detti urticanti.
Non ho sempre accesso 
agli altrui silenzi, né ai miei, 
ma conosco l'ascolto e la durata 
di ciò che prepara l'immenso.
A volte mi chiedo dello iato 
tra la parola che eleva
e il fango sotto le scarpe,
domanda che torna 
nel suono indecifrabile
del più piccolo assiolo.
«La notte e il giorno»
e in mezzo un respiro
che mi fa scrivere 
le parole «non ancora»
a un progetto senza tempo.
Resta con me, qui-ora,
in attesa di quel sacro vagito.
Nel grigio-blu delle tue iridi
danza il destino che ora so mio
e di cui accetto l'incompiutezza,
in attesa di un incontro,
il nostro, 
davanti al sassolino della testimonianza 
di una promessa eterna.

So di aver scritto "antico"
ma se sentissi solo un istante 
il palpito adolescente e aritmico
del mio cuore ora,
sorrideresti di un vecchio
con le iridi che brillano di stelle.

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