Tre inediti di Claudia Brigida Speggiorin

Dice di sé l'autrice: Sono nata a Varese nella prima notte estiva di quarantasette anni fa, sotto la protezione del Giovanni Battista e il pagano influsso delle streghe di Benevento. Sarà per questo strano connubio di forze sacre e profane che sopravvive in me l’eredità spirituale del sapere contadino e, infatti, credo nella vita che si rinnova in una gemma dopo l’inverno, nel consiglio delle stelle quando la direzione è confusa, nel ciclo trasformativo di una farfalla, nella muta dei serpenti se cambiare pelle diventa necessario, nel pieno e nel vuoto delle fasi lunari, nell’attesa che governa semina e raccolto, insomma, nelle leggi della natura che, poi, sono le stesse del cuore. Credo nell'invisibile talento creativo dell'Universo, ma soprattutto credo in quello dell'uomo come parte infinitesimale di esso. Lavoro in un centro per la cura della malattia psichiatrica e per il recupero dalle tossicodipendenze, dove mi occupo di proporre e coordinare attività espressive tese a ritrovare il valore della libertà. Nel tempo che rimane mi piace leggere, soprattutto poesie, approfondire i miti di antiche civiltà, fumare un buon toscano, cucinare ricette etniche e ruspanti piatti nostrani, dipingere con gli acquerelli, camminare nel bosco, guardare le stelle nei cieli di tutte le stagioni, e poi, mi piace scrivere, nel silenzio del tempo che rimane, mi piace scrivere lo stupore di questa vita. 
Ho pubblicato due romanzi: nel 2014 Lacrime d'inchiostro su carta di riso - piccolo libro sul destino - con Leucotea, e nel 2020 I tre volti di Ecate con Golem Edizioni.

INEDITI


Che ne sa una foglia
della timidezza del rosso
o di un amaro amaranto
che cova in segreto distacchi
nei serbatoi dell'estate?
Che ne sa di un gialloffeso
che cospira alla caduta
o dei bruni torti con cui il bronzo
sì vendicherà dei frassini
o dell'arancio clandestino
in depositi di riserva
sul fondo di un nettare verdopaco?
Che ne sa una foglia
del tremore che coglie il pioppo
quando la grande opera dell'autunno
convoca destini nei rami, deponendo
promesse in un atto di dolore.

Claudia Brigida Speggiorin ( settembre 2020)

Arriverà il giorno
(semmai la notte
abiurasse l'eresia
dei tuoi occhi chiusi
a calpestare stelle)
che il cielo pagliuzzato
d' aurora terrà in parola il mattino
e, nel caso fossi io giunta puntuale
per via di una partenza
ai tuoi passi bagnati
nei dintorni delle piogge, piangeresti tu
come ho già pianto io?
O se le spighe mature nei campi
avessero estati da mietere
e io raccogliessi covoni d' oro
dai miei silenzi
(sebbene murmure di fumo siano state
le parole nell' incenso)
trebbieresti tu i semi di un sorriso
dalla biada abituata, poesia sepolta
come ho già perdonato io?
O nel caso il quartiere fosse colto
da un destino di neve, talora accade ai primi di novembre
e io mi attardassi
in processione alle ombre
tra i passi dei morti
(inciampano anche gli spiriti
tre le mummie dei ricordi)
scaveresti tu trincee d' amore, così
come ho già disertato io
affinché non sia angusto passaggio di solitudine
il grido dei corvi?

Claudia Brigida Speggiorin ( aprile 2020)




Hai il permesso di vedermi fragile
baciare il seme dilaniato e
carezzare la randagia ferita
di una bellezza che ha coltivato a viole
l'inverno, tremando di paura.

Dove le divinità afflitte, barcollando,
hanno comandato primavere, qui e ora,
per non impazzire d' eternità
nella tomba di due occhi chiusi.

Nel sole timido di un febbraio
che ha sfidato la morte
addormentandosi sul mio seno.

In un brumaio, risorta piccolo petalo.

Claudia Brigida Speggiorin ( febbraio 2021)

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