Cinque poesie di Maurizio Meschia tratte dalla raccolta inedita "Sussurri d’ombre" - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

 



"Quando il simbolo canta, lo sguardo si fa muto"

Queste parole mi sono sorte spontanee leggendo questi estratti dalla raccolta poetica, ancora inedita, di Maurizio Meschia "Sussurri d'ombre" che mi hanno letteralmente trascinato in lande allo stesso tempo già visitate e straniere. Se c'è una cosa che della poetica di Meschia mi ha sempre colpito è la dinamica tra una certa estraniazione e lo stimolo al ritorno: una sorta di dialogo interiore tra un vissuto che porta via e la consapevolezza di un percorso a ritroso, guardando in avanti come quello di chi, allontanandosi da qualcosa, rifiuti di volgergli le spalle ma cammini all'indietro, quasi a non voler perdere il contatto con ciò che abbandona. 
Poesie di questa fatta e maestria sono davvero rare, perché trasmettono a chi le legge il senso di una puntigliosa e rarefatta ricerca che non trascura mai il particolare per una mera descrizione d'insieme.
Simbolo, lo si sa, è ciò che ci permette la conoscenza per similitudine, il richiamo alla natura metaforica del linguaggio, e in Maurizio Meschia - di qui forse le parole che si sono affacciate alla mia mente leggendolo -  il richiamo, pur partendo certamente dall'immagine (a volte quotidiane, altre elettiva e di radice) ha un intenso connotato auditivo.
Le poesie di Maurizio Meschia sono un legame diretto con il dominio dell'ascolto, nelle sue connotazioni anche spirituali e d'elevazione evidenti.
Per questo motivo, sono davvero lieto di poter pubblicare su Le parole di Fedro delle sue poesie ancora inedite - come inedita è la raccolta che le contiene.
È un profondo piacere dell'anima la lettura di versi che riconciliano con il senso profondo della lettura di poesia, senza sentire lo sterile stimolo di dover per forza di cose definire.
Anzi, percependo che all'interno di ogni de-finizione di ciò cha sia la poesia sia contenuta in un certo senso la fine di ogni pensiero ed intuizione sulla stessa.

Non in Maurizio Meschia, i cui tratti sono sempre quelli di un nuovo inizio, di un Bereshit perenne e costante di stupore verso la parola.

Per la redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati

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Verso Sirmione

L’occhio puro della natura
ti osserva sulla riva lacustre
mentre passeggi trascinando
i piedi e frammenti di passato,
cercando un’evanescente discarica
dove fare ecologia della mente.
Ti sovviene un verso di Catullo
che questo luogo tanto aveva amato:
ciò che è perso consideralo perduto
e rimugini l’apparente ovvietà.
Lui pensava a un suo amore
tu alla giostra dei tormenti
mentre un battello prende il largo
e dalla poppa ti manda un sorriso
l’angelo dei fallimenti.

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Nuvola nuda

C’è una foresta intima in ognuno
e nel suo fitto un sentiero che si snoda
ora inquietante, ora amèno
dove smarrirsi, liberamente.
In un punto non prevedibile
sosta una nuvola nuda,
custode dell’indicibile.
Ai suoi piedi riposa una goccia
stillata nel tempo dei tempi:
una lacrima forse o una gemma
di antica rugiada.

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Altro Kippur

Battezzato nelle acque del Verbano
e dei freddi ruscelli di Valgrande,
nato nel cuore di un’estinta Milano
dove ora ogni tramonto si sfarina
quando le volpi vanno a consumare
facili prede all’ora dell’aperitivo
e le iene attendono gli avanzi
sguaiate, berciando senza motivo.
Poco o nulla ti riguarda più
nel tuo digiuno da comunicazione,
oltre i cancelli dell’identità cercando
assoluzione per ciò che non è stato,
il non detto, non dato, non restituito
per l’inazione stagnante di mediocrità,
il buono tradito e la bellezza
nell’infinito gratuitamente elargiti.
Sia almeno reciproco il perdono
con il Grande Assente che sfugge
sull’unica struggente nota
del corno che scuote le coscienze.
Dentro le nebbie del presente
raccogli ciò che non hai mai sognato
e ti ritrovi a pronunciare i nomi
di quanti han concimato ciò che sei.

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Il giorno dei Morti

Luce fioca in cucina e dai vetri
il latte magro della prima nebbia.
Attorno a un tavolo si va radunando
una folla di assenze in attesa
di mute domande alla vera verità.
Pertanto, risposte non avranno
nel nido famigliare dove nessun padre
porta più nutrimento né madre lenimento,
dove sapienza e dissonanza aleggiano
e decenza ebbe il suo regno. Lì ora
si vorrebbe tumulata la tristezza,
in un tovagliolo abbandonato
su un pugno di briciole, macchiato
di vino e pomodoro.

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Minimi eventi

Nero zampetta un merlo
in un cono d’ombra invernale
e va chioccando a beccottare
dove a quell’ora quasi sempre
va a svanire un pensiero.

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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE

Maurizio Meschia (Milano,1952) ha pubblicato le raccolte di versi: Il geometra nel deserto e Venti di Provenza (Crocetti, 1987,1991), Poeta in cucina (Viennepierre, 2002, poi ripubblicato in nuova versione per Libreria Utopia Editrice nel 2016 con il titolo Notarelle conviviali), Stazioni di quieto esilio (Book Editore, 2004, primo premio assoluto San Domenichino-Città di Massa), Versìcoli economici e sdegnosi (Odissea, Milano 2009), Esercizi di piccola salvezza (Casabianca, Sanremo 2011), Brevi ricognizioni naturali (Lo Studiolo, Sanremo 2016) e i microracconti L’uomo su cui cadono piume (Edizioni Nuove Scritture, 2000). Ė autore di plaquettes e di edizioni d’arte per i tipi di Franco Sciardelli, Pulcinoelefante, L’altrove e A14.
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