(Redazione) - Specchi e labirinti - 24 - Luce altra di Ezio Settembri

A cura di Paola Deplano


Ezio Settembri ha una scrittura limpida, tersa, come la «Chiara mattina di novembre», luminoso incipit della sua silloge D’altra luce (PeQuod 2023).
Questo libro è una scrittura di esordio, ma un esordio già maturo, reso maturo dai molti inediti usciti in blog e riviste e dalle opere di riflessione e critica sulla poetica altrui (prendo ad esempio, fra tutti, il suo primo saggio Il mito ritrovato. La poesia di Umberto Piersanti, Edizioni Industria & Letteratura 2021). Una maturità che si è nutrita di molte letture, tra italiani e stranieri, e di esperienze di vita semplice e concreta che ne hanno fatto, nonostante la giovane età, un uomo solido e centrato, poco avvezzo a svolazzi e a voli pindarici. Ecco, il bello delle sue liriche sta proprio qui: nel regalarci le parole che ciascuno di noi, lettore o lettrice comune, vorrebbe poter dire. Nel regalarcele con sobria gentilezza, illustrando i suoi – i nostri – solidi valori. Chi cerca una poesia stravagante, di sterile avanguardia, con Settembri ha sbagliato indirizzo. Proprio per questo ci piace, perché ci riecheggia un Saba, uno Sbarbaro, un Gozzano, tutta quella folta schiera di autori apparentemente ritenuti semplici, a volte anche “minori”, ma che al contrario nascondono una solida ed innegabile grandezza.
I temi di Settembri, in questa silloge, sono come delle potenti colonne che reggono il tetto della sua vita: la famiglia, declinata al singolare nella commossa descrizione di ciascun componente e al plurale nella rievocazione delle radici; il lavoro, non un lavoro qualsiasi, ma quello di docente di lettere, che gli consente di passare il testimone di quanto appende ed ama, giorno per giorno; l’amore per il mondo, sia esso la Kiev bombardata o il bar sotto casa – entrambi vicini, cari e presenti, macrocosmo e microcosmo che s’intrecciano.
È difficile scegliere tra le sue poesie, tuttavia non possiamo esimerci dall’offrire a chi ci sta leggendo un assaggio di un libro che, veramente, è capace di portare luce e speranza. Un assaggio tenero, familiare, dove si parla di un legame di sangue che è solido e vivo come una quercia frondosa:
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Babbo

Non facevi che ripetere
“Le fregature bisogna prevederle in anticipo”,
con il presunto
tuo fiuto infallibile.
Forse era quello a scovare
ogni minima incrinatura
al rumore del motore.
E chissà perché
non capivi mai
la mia ironia,
sul naso adunco,
il vestito ingessato,
piccole storie
su principi e re
intrise di rispetto.
Stavo per chiamarti, stamattina,
al primo sbuffo
del motore ingolfato.
Ma il cellulare nuovo
non contiene “babbo”
come quello appoggiato
sullo scaffale.
Custodisco ancora
il tuo numero,
lo conservo
per l’inverno che viene.
____

Ma noi abbiamo sempre riso
così poco insieme.
Ci legava la tacita complicità
di un affetto spietato.
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Si fa strada in me la luce
dopo un errare assiduo,
stringendo i nervi nell’attesa,
per poi accingermi a partire,
attraversare uno spazio.
È caldo il fiato della vita
nel tic al volante,
quando ho paura di parlare.
È il sangue di mia madre.
____

E tu, a chi rivolgi il tuo canto,
umile scriba esiliato,
costretto alla solitudine,
destinato a non combattere?
A chi affidi i tuoi segni malcerti
ora che il ricordo si va consumando,
non più riaffiora il caldo buono
della vecchia cucina?
Tutti vi ravviso, miei cari,
varcando i battenti
che leniscono il cuore:
inatteso ti sorprendo, madre,
dall’angolo che accoglie
la nostra festa di luci e odori.
Tuoi sono i miei occhi, padre,
tristi come mai ne ho veduti,
di mia nonna e di quell’ombra
alta dietro il mio nome.
Vostri sono tutti quei fiati
che questa povera lingua declina,
ora che è notte, e più forte
sento stridere il male.

Saggiamente la neve
scende sui coppi.
Le zolle esauste che amavate
avranno tregua.
____

Incubo

Nella casa delle vacanze
sorgerà una base militare.
Le ombre che scorrono
orizzontali sui campi
sono dei camion, dromedari
che attraverseranno
un deserto di asfalto.
Da troppo tempo
la tua voce rotta, babbo,
non ci raggiunge più,
mentre guardiamo morire
le tue rose
sotto il filo spinato.
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Commenti

  1. Complimenti capolavoro.

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    1. La ringrazio moltissimo per il suo complimento (Paola Deplano)

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  2. Poesie molto belle Complimenti

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    1. È vero sono poesie molto belle e sono contenta di aver contribuito, nel mio piccolo, a fargliele conoscere ed apprezzare. (Paola Deplano)

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