(Redazione) - Il femminile - 03 - a proposito di Margherita Guidacci

 
A cura di Patrizia Baglione

Margherita Guidacci ritratta in foto da Dino Ignani

Ho messo la mia anima fra le tue mani.
Curvale a nido. Essa non vuole altro
che riposare in te.
Ma schiudile se un giorno
la sentirai fuggire. Fa' che siano
allora come foglie e come vento,
assecondando il suo volo.
E sappi che l'affetto nell'addio
non è minore che nell'incontro. Rimane
uguale e sarà eterno. Ma diverse
sono talvolta le vie da percorrere
in obbedienza al destino

Margherita Guidacci nasce a Firenze il 25 aprile del 1921. Il padre Antonio è un avvocato, la madre Leonella Cartacci è cugina dello scrittore Nicola Lisi che influenza e incoraggia la vena poetica di Margherita. I primi anni li vive in una “casa strana e scomoda, ramificata come un albero, ma con una terrazza sul tetto che era il mio regno. Di là si vedeva tutta la città e tutto il giro dei colli, e quando mi sdraiavo sul pavimento, come spesso facevo, vedevo solo il cielo ed il passare e trasformarsi delle nuvole”.
È figlia unica ma non è sola con i suoi genitori; è circondata molto spesso da persone anziane. 
La sua adolescenza , però, è anche un canto alla solitudine, fattasi più forte dopo la morte del padre. L’amore per la parola, la porta a laurearsi in letteratura italiana, con una tesi su Ungaretti
Di seguito si specializza anche in letteratura inglese e americana pubblicando traduzioni sui testi di Ezra Pound, Emily Dickinson, T.S. Eliot.
Secondo la Guidacci l’artista, dunque anche il poeta, non può vivere fuori dalla società, ma deve immergersi e rispondere alla sofferenza dei deboli.
Negli anni ‘60, a seguito di una profonda crisi psicofisica, la Guidacci viene ricoverata in una clinica neurologica, un’esperienza drammatica che la poetessa definirà il suo “Nadir, il punto di maggiore desolazione” e darà vita alla raccolta Neurosuite del 1970.
Segue poi un periodo altrettanto doloroso: muoiono la madre e il marito. 
Margherita non si ferma, continua a pubblicare, la poesia è una catarsi.
Muore a Roma nel 1992 e poco prima era riuscita a dare alle stampe un’ultima raccolta di poesie, Anelli del tempo.

Il tuo ricordo, sul fondo
della mia solitudine,
ne rivela l’ampiezza
e tuttavia la limita.

Così un canto d’uccello
addolcisce l’immensità del cielo
e una singola vela
rende umano il mare.
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