Speciale dedicato Stefania Giammillaro (quindici inediti della poeta)

 

I
Viaggiano le perplessità dei giorni
lungo le crepe degli affanni

La vanità dei tempi muore
impigliata tra setole arrese
agli ultimi capelli bianchi

Dimentico è il volo
sulla curva delle scale
quando la terra trema al rintocco
e il coltello è mantra devoto
sui ceri spenti di un baccanale

II

Ai sensi di una legge non scritta
rinfrancata da un silenzio di tomba
è vietato venire al mondo
in un qualunque giorno di pioggia

Senza tuono rimbomba
il dire del mare
che soffia e soffia un ruggito ancestrale
tra cosce nude e stoffe bagnate

L'appetito nasce senza fame.

III

Nascondimi al volo dei gabbiani
senza segreti da interpretare

Preservami da ogni male
che riservi per me
e inginocchia la colpa
al tuo abituale mentire
Sorprendimi con labbra serrate
al buio di ogni promessa
e tienimi stretta per non cadere
nelle tue mani

Accarezzami dal conforto
racchiuso nel non decidere
se amarmi
- per non soffrire
o odiarti
- per non morire


IV

Hai votato la tua sacra bellezza
al tabernacolo di amanti senza tempo

Hai offerto seni turgidi
all' usuraia abbondanza
e crocifisso imeni
su lenzuola di salvezza

Hai ingoiato scelte e rimorso la lingua
prima dell'ultimo bacio a stampo
stendendo panni di ghiaccio
su gomiti viola
appesi al balcone
delle marionette

Oggi dimentichi la tua forza
e se esiste giustizia che riscatta
la perdi al rigore dei birilli
nel travaglio di un parto, senza nascita

V

Lo sguardo gira ancora intorno
in cerca di un ricordo
che mi sveli essere legata a te.

Ma muta è la risposta
delle spallette su Lungarno
Nessun abbraccio che spaventi la piuma
Né nodo di tristezza a vomitare saliva

È l'impossibile successo
ora che appartengo
al vuoto del tuo grembo


VI

La geografia del corpo
non sconta il peccato originale
quando le narici adescano il polline soffiato
dal feroce ritardo di fine maggio
"La primavera può ancora arrivare"
schiaffeggia il sussurro
su chi trattiene il tumulto nelle ossa
e fino alle arterie nuoce il fumo
che indossa la bestemmia
di non essere come vorresti.

VII

È colpa dei girasoli che si nascondono alla luna,
della vista della Dea Fortuna
della mano fredda che ha smesso di respirare
della ruggine, che permette al tempo di passare

È colpa delle fragole senza panna,
del cielo, cacciato fuori dalla stanza
della festa conclusa troppo presto
del mostro-nostro non detto

La colpa è del senso
su cui non scommetto

VIII

Cinque mesi lontano da casa
è un guasto nel petto,
una lungimirante apoteosi senza brevetto
di pilota o genio

Arrendersi così all'inghippo dell'ironia
mentre i pensieri macinano misteri
del riconoscersi nello stesso volto
come se ci fossimo salutati ieri

IX

Provo ad indovinare il tuo amore 
in un gioco di scatole cinesi senza nome
precipitato in fondo
nell'ultimo silenzio nascosto
al tuo sentire.

"Sgranare il rosario dei misteri" - dici -
senza sciogliere i ghiacciai
appesi al tiro del tuo arco
e provare ad attraversare stalattiti di marmo
mano nella mano con te.

Non più una sfida scorgo
ma il rancore di una vista appannata
adesso che cieca ascolto
ereditando il lascito di un'ultima chiamata.

X

Accartocciarsi in anfratti
piegati da una stanchezza
dura a morire
seppur lieve al palato
E provare a perdere fiato
scivolando sul muschio verde
dello scoglio invisibile all'indovino
dietro la paura

È più scura la notte
quando non trovi alcun riflesso
nel nome pronunciato da altri
quando non scavi oltre la stimmate
della più laica devozione

E ora ti prego
chiamami Amore
E dunque ti chiedo
bruciami altrove


XI

Concedimi
la tempesta dei miei danni,
possibile perdono dei tuoi ritardi
al disordine dei miei sbagli
chiudi gli occhi
e assapora
il vapore denso che brucia la lingua
morsa dal rimorso
di un ultimo percorso
lento ad arrendersi

Spogliami e arrendimi
all'atto di fede
che imploro recitando parole nuove
per pronunciare il tuo nome
accanto al mio


XII

Disegnare a matita
l'incombenza di una minaccia
e cancellarne i granuli
acerbi di miele

Così l'olfatto sfugge al contatto
ma attira ogni senso
dell'impasto di terra
brulla bruciata
su cui vivo e tremo

E mi arresto
a conoscerne il pianto
E mi stendo
a respirarne il freddo

(dedicata alla strage di Cutro 26.2.2023)

XIII

Sono vecchie le tue scarpe, padre
ferite aperte sul passo stanco
antico lignaggio di un'educazione
votata al silenzio ingoiato
duro a morire,
mai espiato

Sono vecchie le tue scarpe, figlio
logorate dagli attriti del capriccio
usurate dalle bestemmie
del tempo contadino
che rinneghi
tra mani intonse
di amari pensieri (mestieri)

Sono vecchie le tue scarpe, uomo
che senza condanna
ti avvii alla colpa
piegata dalle ginocchia arrese
alle macerie mai risorte
da possibilità sospese

Prova queste scarpe, bambino
che nessuno ti sia più destino
di un cuore di padre, amore di figlio
o dignità di uomo
che nessuno sia più di te vanto libero
abbraccio di fuoco
nel tuo cammino.

XIV

Il destino consuma le proprie suole alle 8:29 di ogni mattino.
Peregrino si lava il viso e profuma
di Dove deodorante,
ricordando un tempo antico,
di corridoi intrisi di docce appena fatte
Se è triste,
si consola al cuscino
della memoria, che ora riscatta e ora
ristora...
Se è in viaggio,
abbandona la fine della storia al primo soffio di vento.
Per niente, si altera.
10 euro e 80!
Per l'ultima tappa del giorno
e per la seconda volta, in un giorno... senza resto.
Penultimo dissesto,
Prima del rientro a casa
sui passi del congedo.
E si ferma a chiedere l'ora.
Ora che è l'ora
Ora, che è pronto
In fondo, errare
è un po' sbagliare e un po' camminare. -

XV

Il gesto è lento
la mano salda
sul pavimento

Nessun risarcimento da imputare
alla paura
di farsi male

I denti sono stretti
la lingua morsa:
nessuno strappo
da addebitare alla colpa.
Il Credo è fermo
davanti la porta

E il segno della croce
forse salva,
ma tu ci metti la faccia
inclinata all'insù
per capire se ancora piove
in quel misericordioso altrove
dove ogni "Grazie" fa rumore.
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NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE

Stefania Giammillaro (Messina, 1987). Avvocato e Dottoranda in diritto processuale civile all’Università di Pisa. Ha all’attivo due pubblicazioni: Metamorfosi dei Silenzi, Edas, Messina, 2017, e L’Ottava Nota – Sinfonie Poetiche, Ensemble, Roma, 2021. 
L’unica sua novella “Nuncintedda” è stata pubblicata, con altri suoi componimenti, nell’antologia I Blu Books – Quaderni Collettivi, Vol. II, a cura di Valeria SerofilliFelici Editore, 2020. 
Ha conseguito diversi riconoscimenti negli anni, a livello locale e nazionale. 
Si è esibita in diverse performance poetiche, delle quali si ricorda Ciuri ri puisia, (ottobre 2021 a Torino), nell’ambito del Festival Indipendente di Poesia Trasfusioni, ideato ed organizzato dall’associazione teatrale Lo scatolino – Ars in code. Dal 2022 è curatrice della sezione poesia della Libreria indipendente Civico 14 di Marina di Pisa. 
In tale veste ha ideato e curato diverse Rassegne ed eventi culturali di cui si ricorda Un (A) Mare di Versi - Dialoghi d’autore, patrocinata dal Comune di Pisa e dall’Assessorato al Turismo, conclusasi lo scorso 29 aprile, che ha visto la partecipazione di ben otto poeti del calibro, fra i tanti, di Davide Rondoni e Beatrice Zerbini, oltre che aver conseguito un soddisfacente seguito. 
Alcuni suoi inediti sono stati di recente pubblicati sul quotidiano di rilievo nazionale La Repubblica, nella rubrica “La Bottega della Poesia”, delle sedi di Bari e di Napoli.
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NOTA DI LETTURA
di Sergio Daniele Donati

Siamo davvero onorati di poter ospitare su Le parole di Fedro ben quindici inediti di Stefania Giammillaro, poeta che chi qui ora vi scrive segue sempre con attenzione. 
I versi dell'autrice sono vere e proprie tracce di percorsi nell'umano. Ma è una umanità quella che emerge nelle composizioni di Stefania Giammillaro che non dimentica mai l'elemento che caratterizza l'uomo rispetto agli altri esseri viventi: la capacità di astrazione. 
Astrazione è termine che ha un magnifico false friend con gli spazi siderali (e i corpi che li occupano: gli astri) e se dobbiamo cogliere nei versi di Stefania Giammillaro una linea costante, un filo sottile e delicato di scrittura, è proprio quello di rendere la parola poetica non solo veicolo di descrizione ma anche, e soprattutto, di comprensione profonda dei motti dello spirito e del nostro animo. 
Una scrittura pesantemente umana, dunque, quella si Stefania Giammillaro, dove per "peso" si intende proprio ciò che ci ancora alla nostra natura impedendoci lo strappo e il naufragio in correnti per noi non idonee. Ma, allo stesso tempo, quella di Stefania Giammillaro è una linea poetica che ci dimostra ad ogni passo un altrove appena percepito - anzi, appena percepibile. 
È una scrittura che nasce da facoltà auditive a nostro avviso immense, raramente immaginifica, e sempre legata alla sonorità, qui intesa come facoltà di ascolto di voci profonde. 
Il lettore resta felicemente attratto da quel versificar dolce e armonioso, senza strappo anche quando descrive un dolore, perché capace di una parola certamente fuori moda e della quale si sente sempre più la necessità: rielaborazione. 
Ecco, la scrittura di Stefania Giammillaro  è rielaborativa di un vissuto, mai semplicemente descrittiva, e, quindi, è scrittura di movimento, di dinamica. 
Consiglio dunque a tutti di non perdere questa lettura, capace di trascinarci fuori dal dolore, attraverso proprio l'elaborazione dello stesso. 

Per la redazione de Le parole di Fedro 
Sergio Daniele Donati
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