Oblivion (una vez más)

Foto di Man Ray
Che poi - forse -
né tu né io
sappiamo cosa sia
la libertà vera 
da quella parola.
Oh, certo, conosciamo
ogni ritmo vitale, 
ogni scoppio,
ogni di bolla di sapone
da cui seguiamo
la dispersione iridescente
d'un amore mai nato.
Conosciamo - dicevo - 
ogni nostra culla
lenta, e i dondolii
al ritmo caucasico
della dimenticanza.
Sappiamo, sia io che te,
nasconderci dietro
-  o dentro - un passato
per noi troppo simile
per esser detto.

Ma, se questa melodia
- questo Oblivion senz'oblio -
ci lega i polsi
e c'intreccia gli sguardi,
è perchè di quella parola
fummo - e forse
siamo ancora  - schiavi.
Io ne divenni il servo
per averla detta
e tu per non averla
voluta sentire;
e non so, sai,
quale dei due domini,
delle due catene
- dire l'indicibile
o ignorarne l'esistenza -
sia più facile
da spezzare. 

La melodia che ci allaccia
- so che lo sai -
è discendente e piana
come un rifiuto;
un no detto lento
guardando l'iride
di chi lo riceve
riempirsi di cataratte d'oro.

Ma fu detto
- o forse scritto,
non ricordo -
al telefono, e
sai bene che ciò 
che non vede
dice, dice, dice,
sino all'ultimo
battito d'un cuore
malato; dice.





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