(Redazione) - Sei poesie di Gabriella Grasso con breve nota di lettura

Cortocircuito

Lo senti
l’archetipo
in questo alito di tempo
all’incrocio di ogni mondo

Lo tocchi
con mani bambine
nel caldo di questa materia
che docile assume
molteplici forme e colori
colonne volute festoni
di templi votati all’Immenso
gradoni di eterni teatri
per vivere con i tuoi pari
il ciclico corso dei venti
e smorfie beffarde
di uomini ormai mascheroni
fermati per sempre
su questi portali

Lo avverti
nell’aria, nell’oleandro
che macchia e rallegra ogni canto
di questa tua strada in salita

Lo ascolti
nel canto del”chiù”
e nelle voci
degli uomini che dalla fiera
ti chiamano
ti invitano a entrare
in quella caotica tela
per fonderti con gli altri fili
e reinterpretare con loro
la tua prima forma

Tratto da Quale confine, edizioni Kolibris, 2019


Ultimo tabù

Sai, da quando mi manchi
io non parlo più con nessuno
e nessuno mi parla
Sì, ci si scambia messaggi
per gestire la vita
e tenere ordinati
i cassetti mai aperti
O per dare un segnale
di pubblica voce
a chi non lo ha chiesto

Ma gli occhi degli altri
non si posano
e non si inoltrano
in nulla

Perché il dolore si impone
e resiste a ogni cosa
al rumore dei giorni in sequenza
ai propositi buoni di tutti
che affogano
nella realtà del silenzio
nell'evidenza
di quella che chiamano assenza

Perché il dolore resiste
e imbarazza
e smarrisce
e rimane, tra tanti
relitti di idee
che ci siamo lasciati alle spalle
l'unico vero
sconcertante
tabù

Tratto da Quale confine, edizioni Kolibris, 2019

Ti aspetto qui

Ti aspetto qui
sono un po’ stanca io
non vado oltre

E’ stato un viaggio
questo radente al muro
di sciara a secco
roveti innocui
lucertole beate
nella loro indifferenza secolare

Tu vai
a conquistare il mondo
ad affrontare il drago
che senti mugugnare
nell’antro del vulcano
e vincere quella medaglia antica
che spetta a chi ha coraggio
a chi non teme pioggia né fatica

Io resto e qui mi troverai
se vuoi tornare
e ti offrirò dal mio grembiule
le more che ho raccolto lungo il muro
nelle ore silenziose del mio stare

Tratto da Quale confine, edizioni Kolibris, 2019

Zolla tra zolle

Vorrei una tenda
in ogni angolo buono che mi ha dato
fiato
La pianterei puntando al cuore
di quella terra che mi è stata nido
e ci verrei
ci tornerei per ritrovare
sentore della vita

Mi scaverei una tana in ogni luogo
dove ho provato pace
per ritornarci col pensiero
e risucchiare
la linfa buona delle sue radici

Sparpaglierei i miei oggetti in ogni buco
in cui vorrei lasciare impronte e giochi
inutili trastulli
tracce opache
incomprensibili agli altri
evaporate
dagli alvei della storia

Mi illuderei d’avere avuto casa
nelle case degli altri
e dentro i covi degli animali amici
Sì, d’essere rimasta
foglia tra foglie
zolla tra le zolle
di una terra materna
illimitata

Tratto da “Il Generale Inverno” (Il Convivio ed., 2021)

Capomulini notte

A punte di spilli luminose
occhi di geco nel buio
sul mare cupo
del mio golfo

appunto segni di vento
nell’ansa della notte
greca normanna araba
obsoleta
inquieta
barocca sempre
certo
e come potrebbe
essere altrimenti

fiacca di odori
lenta nel presente
notte d’anima
nera
opalescente
indifferente ai versi dei poeti

sovrabbondante e scabra
nuda di tutto
piena del mio niente

Tratto da “Il Generale Inverno” (Il Convivio, 2021)

Voce

E a poco a poco
tutto ciò che ti manca
ti ha scavato
ha preso il largo
il peso tuo, le mani
il fiato
Ti hanno diserto
quelle che appaiono ombre in fondo al poggio
garrule
di una voce senza eco
che si perde
e a noi non lascia traccia a cui agganciare
alcun respiro
o lingua o suono
di cetra
o pietra
con cui segnare il passo e ripartire
a contare lo spazio i giorni le ore
i segni vuoti e pieni
le ossa delle parole

Tratto da “Il Generale Inverno” (Il Convivio, 2021)

BREVE NOTA DI LETTURA

Gabriella Grasso è poetessa capace di attingere a miti e archetipi della cultura mediterranea con una linea di scrittura che porta il lettore verso lo stupore del conosciuto. Nei suoi tratti, infatti, palpita con potenza rara l'Antico e la sua voce richiama memorie che, per l'appunto, stupiscono perché, benché non del tutto sconosciute, sono forse solamente coperte e rimosse. 
Per questo il poetare di Gabriella Grasso ha un richiamo diretto al mondo onirico, pur se poco tracciato e delineato.
La sua è scrittura fatta di ossa di parole (cit.), strutture archetipiche ed oniriche che risvegliano più che il ricordo, la memoria. 
Il viaggio che compie il lettore tra le parole della poetessa non è pertanto un vagare in lande affascinanti in quanto mai esplorate.
Al contrario, la lettura di Gabriella Grasso, è il piacere del ritorno ad un tempio antico. Un tempio ove si custodisce ogni nostra memoria che la poetessa sa trasformare in scrittura proprio perché cosciente del flusso millenario che sostiene ogni parola. 
Spesso l'emersione di una parola o di un verbo, sul quale l'autrice evidentemente vuole che la nostra attenzione si concentri, avviene con la tecnica quasi musicale dello staccato (versi contenenti un solo aggettivo o un solo verbo).
La solitudine di quegli aggettivi, sostantivi e verbi ha la funzione di far emergere il nodo attraverso il quale il lettore può fare un balzo di comprensione.
Vi basterà sussurrare piano il testo di Voce, che sopra si è riportato, per capire che non si tratta di cesure ma di nodi o punti d'osservazione che la poetessa suggerisce al lettore.
Che ne sia cosciente o meno la poetessa poco conta. 
Certo è che questo è tipico di un poetare molto antico molto vicino ad esempio ad alcuni dei Tehillim (salmi), in cui esistono spesso parole che si staccano dalle altre per far emergere una interpretazione diversa dell'intero testo. 
La lettura di Gabriella Grasso, che si consiglia di svolgere con lentezza quasi maniacale, gustandosi anche gli spazi vuoti tra le parole, dunque è per chi vi scrive atto di stupore per ciò che, già conosciuto, si è forse dimenticato. Una lettura che porta in un Altrove molto simile e vicino al nostro ieri.
Una lettura che definire importante appare a chi scrive doveroso. 

Per la redazione de
Le Parole Di Fedro
il caporedattore Sergio Daniele Donati


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BREVI NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE
Gabriella Grasso (Catania, 1971) vive ad Acireale e insegna lettere. Si è occupata di linguistica della LIS, Lingua Italiana dei Segni (Zanichelli, 1998, Del Cerro, 1999), di cui è interprete. Scrive per diversi spazi letterari, nazionali e internazionali.
La sua opera prima, Quale confine, pubblicata nel dicembre 2019 per le Edizioni Kolibris (Ferrara), ha ricevuto un attestato di merito al Premio Lorenzo Montano 2020 e il premio della critica nell’edizione 2020 dell’Etnabook.
Nel novembre del 2021 è uscito il secondo libro di poesie, Il Generale Inverno (ed. Il Convivio, Castiglione di Sicilia), già finalista come inedito al Premio Carrera 2021.
Un suo inedito ha vinto il primo premio al Sonetto d’argento-Premio Jacopo da Lentini 2020. Un altro inedito ha ricevuto una segnalazione (con pubblicazione sulla rivista Anterem e relativa nota critica) al Premio Lorenzo Montano 2022.
Suoi testi sono stati inclusi in antologie e tradotti in inglese (trad. di Gray Sutherland, di Ana Ilievska, di Chiara De Luca) e in spagnolo (trad. di Emilio Paz, di Antonio Nazaro). In Secolo Donna 2021 (ed. Macabor, 2021) sono presenti sue poesie e un contributo critico sulla sua poetica, a cura di Davide Zizza. Alcuni suoi testi, tradotti da Ana Ilievska, faranno parte di Guide to Contemporary Sicilian Poetry: an Anthology, a cura della Stanford University, in corso di pubblicazione.
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