Io non so dar fine (Oblivion)

 

Foto di Sergio Daniele Donati

Io non so dar fine 
se non alle forme;
son troppo abituato
a cercar tracce
nel dominio del sogno
per negare un senso alla scoria,
un odore alle ossicina di pollo
sul piatto; della sera prima.
Per questo io scrivo e tu danzi.
È tuo il sipario,
quando s'apre - o si chiude -
tra gli applausi di spettatori
incantati dalla grazia
dei tuoi movimenti. 
Certo, anch'io plaudo;
ma dietro i velluti spessi,
- al palcoscenico vuoto -
mi chiedo sempre cosa resti
del tuo sforzo eccelso
d'equilibrio; sul filo di lino.
Per questo scrivo,
e sempre su rotoli sacri, 
una storia senza fine;
mentre tu sai mettere 
la vocale sacra che distingue 
la morte dal vero.
Sono due vie elette
e lontane. La tua discende
da stelle di desiderio,
la mia è umida di muschi
di boschi inviolati.
È stato sogno pensare 
che potessero ascoltarsi.
Resta però la speranza 
che tu sappia togliere 
la nera fuliggine del giudizio
dai miei passi;
che tu riesca a donare 
al mio sguardo di allora
la potenza etica
d'una visione profonda;
e rifiutata. 





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