Due poeti allo specchio (Alba Toni e Sergio Daniele Donati) - Dialogo della disappartenenza #2

 

L’estraneità alla luce e all’ombra
parla sottovoce fuori da ogni radiazione elettromagnetica
non sto ferma neanche sotto la pioggia se non per puro caso non ho processi
da vendere regole da pesare
pietre che tintinnano nelle tasche.
Non ho scarpe bucate da riordinare per l’inverno
collane da indossare
terre dove tornare.
Non mi rassegno.

Perché è tutto così sbagliato
perché lo è sempre stato
mentre parlo neghi ogni evidenza
e sei così intellettualmente distante
praticamente non esiste motivo
o presupposto che giustifichi
ora e qui
una reale appartenenza.
Volevo mostrarmi una contadina
mostrarmi una lavandaia
mettere le mani sui nervi
stendere sul filo da bucato tutti i capelli uno per uno.
Ma stare è già un’esperienza privilegiata
potrei essere l’ultimo esemplare rimasto in piedi da studiare
che io non sfugga perciò che non sfugga
al mio destino
all’unica traccia
all’orma sulla pelle che cammina
in direzione ortogonale
inversamente proporzionale a me
che di mattina dormo e non mi sveglio.
Sogno ma non lo posso dire
che ti appartengo
poiché non dire è il mio unico modo
l’unico modo di dirlo.

(Alba Toni  - inedito 2025)



È solo una danza in cui – imbranato – io pesto i piedi
alla Vita quella del rimpianto, dell'avrei voluto
declinato in lingua antica, per non farsi capire.
Volevo essere poeta, e sono un tarlo
della lingua, e scavo tunnel di non-senso
sulle tastiere del mio computer, 
nella faglia del mio pennino
i cui inchiostri non sono liquidi seminali
e non danno vita se non al sogno
costante di evanescenza.
Volevo non essere più allora, 
poi la Vita mi ha imposto il suo tango,
e lo ballo, 
con scarponi da sci anni '80, ai piedi.

(Sergio Daniele Donati - inedito 2025)
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