(Redazione) - Dissolvenze - 27 - All Star

 
A cura di Arianna Bonino





Ho una gran voglia di una mela grossa e succosa. Ho una gran voglia di una passeggiata breve, tagliente e piena di gelo.
Ho una gran voglia di libertà.
Jiří Orten


Non so voi, ma personalmente i pic-nic ai quali talvolta ho partecipato, non si sono mai compiaciuti di sfoggiare quei bei canestri ricolmi di baguette dorate, frutta fresca, delizie d'ogni genere e ancor meno quelle valigette di vimini, ove cinghie in cuoio trattengono stoviglie bianche e blu – tassativamente numerate - e dai fini decori floreali, calici di cristallo a tulipano per gustare fresche bevande rigorosamente servite da bottiglie di vetro a sezione esagonale con quei bei tappi meccanici (senz'altro e assolutamente in porcellana) e dall'invitante opacità che sta a indicare che la temperatura di servizio è perfetta (come potrebbe non esserlo?); e poi posate lucidatissime e quindi lucidissime, certamente in argento, definitivamente in stile inglese.
I pic-nic che mi ricordo io, oltretutto, non vantavano nemmeno mezza di quelle tovaglie di cotone Percalle a quadretti Vichy bianchi e rossi (rosso ciliegia, non altri) su cui disporre club sandwich candidi e intatti, burriere con spalmino – e coperchio decorato con soggetti botanici e farfalle – e uova sode incastonate in micro-piedistalli dal bordino dorato sfornati dalle prestigiose botteghe artigiane di Limoges.
E, confesso, su quelle tovaglie a quadrettini, così perfette nonostante il prato soffice e fitto, spruzzato qua e là di margheritine con cui, dopo "colazione" (sì, si dice così), fare "m'ama-non m'ama", sonnecchiando sorniona all'ombra di uno scenografico e ombroso platano, magari occhieggiando da sotto la romantica tesa di un ancor più romantico cappello in paglia di Firenze lavorato a mano, e specificamente occhieggiando, dicevo, in direzione di un giovanotto sorridente e ancora affaticato dalla vogata, di ritorno dal petit-tour in barca sul lago – da cui s'alzano in volo proprio in quel momento tre anatre felici –, giovanotto dai bicipiti accennati ma concreti, vivaci e tonici sotto la camicia button-down dalle maniche risvoltate su avambracci dolcemente dorati, ecco, dicevo, su quelle tovaglie a quadrettini non ho mai adagiato in posa plastica le mie armoniose forme, avvolta in un abitino di candida batista costellato di piccoli Myosotis variopinti, così vividi da suggerire all’istante profumi di mughetto (anche perché il Myosotis mi risulta non propriamente aulente, ma sono dettagli).
Quel che mi ricordo io sono le gite, le scampagnate con le Converse ai piedi, il sacco di carta col pane comprato al mattino presto, prima di partire, la macchina parcheggiata alla meno peggio in mezzo alle altre, e quel pallone che finiva sul plaid infeltrito o nel barbecue improvvisato del vicino, e ricordo i termos di tè al limone fatto dalla mamma, pieni di zucchero e preoccupazioni.
O quei bei panini al salame che spuntavano dalla stagnola, mangiati stando in piedi, giocando a calcio, mentre finiva una canzone qualunque alla radio.
Con le mani nascoste nei maglioni e i K-Way che frusciavano addosso, aspettavamo un sole freddo, senza pensare a domani, alla prova scritta, all’esame, al resto.
Le formiche longobarde espugnavano il banchetto selvaggio, godevano nel cioccolato spezzato, trasportavano prede ciclopiche. Impazzite di gioia, furiose di vita, incredule.
Una festa e il tempo una scoperta futura.
Eravamo felici.
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Commenti

  1. Un bel racconto,giornate di gioventù

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    1. Grazie di cuore (da Arianna Bonino)

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  2. Una lettura interessante, sono felice di essermi fermato a dare un'occhiata!

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    1. Mi fa molto piacere, c’è tutta la rubrica (e il blog) da esplorare! Grazie (Arianna Bonino)

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