Dialoghi poetici coi Maestri - 54. Milo De Angelis


OMBRE

Di notte le ombre si aggirano per i campi di calcio vuoti, ripetono infinite volte i dribbling non riusciti e i tiri al volo mancati dai ragazzi. Le ombre del campo rifanno di notte le partite che avevano visto al mattino. Le porte sono lontanissime l’una dall’altra e i portieri non riescono a vedersi, non sanno quello che accade a centrocampo, molti chilometri più in là, dove tutto è diverso e non è più estate: pantano, sabbia, macchie di neve intralciano le ombre dei giocatori, alcune in canottiera, altre con la sciarpa al collo.

Milo Del Angelis 

OMBRE

Le mie no, Milo. Le mie ombre di notte inseguono lemmi e pericopi e salti nel mito del linguaggio che - fra noi possiamo dirlo - è il grande inganno; e non solo per chi scrive.
Le mie ombre di notte mi incrostano il sogno e disegnano sul muro, su cui danzano ombre cinesi, il volto divino e orribile della mia grande ferita. Un volto di donna, ça va sans dire, che non cessa di ridere degli inciampi dello storpio che qui scrive.
Dicono che nacque prima di me, quella ferita, Milo, ma io della sua nascita non fui testimone. 
L'ho vista crescere, però;eccome se l'ho vista crescere!

So solo, Milo, che vorrei anch'io vederle ilari - le mie ombre - a cercare di fare una rovesciata o un dribbling sul campo verde d'una vita senza angoscia, che non m'appartiene (la vita o l'angoscia? chi può dirlo?), perché sono ebreo e abitato da voci la cui lingua comprendo a stento.

Non la comprendeva nemmeno mio padre; mio nonno sì e la sua ombra, grande in difesa, di notte bloccava quella di Pelé nei campi di calcio che tu descrivi.

Io ho un'ombra esule, privata di parola che cerca nell'affanno la sua ragione d'esistere.
Così è, e a questa mia condizione alzo tutte le notti un calice pieno di...ombre.

(Sergio Daniele Donati)
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