Estratto da "La resa del grazie" di Paola Mancinelli, Giuliano Ladolfi Editore, 2019


Aver paura di dire
perché quando dici
vuoi dire bene
bene/dire.
Ogni parola
che esce dalla bocca
chiama come una madre
fa rumore di tavola
una festa di cose nuove da scartare
nel caldo feroce delle mani.
Quando dici il bene fai una luce
come di grazia
che attraversa il corpo
e ringrazia
quell’onestà dichiarata:
la sola cosa che ti rimane
per essere veramente
uomo.
______

Il cuore bambino è una montagna
che si muove con sguardo
di gazzella vigile, perla inconsapevole
di essere perla, ma consapevole della parola
che mastica come pane alla domenica.
Il cuore bambino è fragilissimo varco
per il vero, pietra di filosofia e grembiule
orecchio finissimo, labbra che non conoscono
inganno. Il cuore bambino è una mela granata
che governa il mondo, buccia sottile dell’universo.
Quando nello zaino mette tutte le cose
che servono per l’attenzione, mette anche me
e il mio dire adulto e complicato e distratto
così mi offre la sua mano alzata
segno antico della nostra alleanza.
______

Se io potessi misurarti la pazienza
a passi lenti, avrei circumnavigato il globo
ben sei volte. La mitezza è una perla
piccolissima che dimora in un pagliaio
tu la cerchi con mani di artiglio
e non la trovi, vedi solo la coda
dell’asino che sostiene il mondo in cui credi.
Vai più a fondo, dove anche i coralli
non osano brillare. Prendi in dono
la grazia luminescente e porta vigile
la sua fiamma sulla schiena.
______

Sempre a riparare gli slabbri
a ricucire le mancanze
tra le dita briciole e frantumi
e mai che si vada
          al cuore
alla parte piena delle cose
al punto in cui coincide
la parola con il fatto.
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Amare è questa fame degli occhi
e delle mani, senza risparmio
l’eterna ferocia del dare
perché da un preciso momento
non ci sei più tu, ma un altro ti viene dato
e il mondo si rovescia e fuoriescono
cose_case_maglioni_decisioni.
In questa disumana logica del dono
anche l’universo si inchina davanti a un sì.
______

Ti faccio casa
pane nel forno quando arrivi
faccio spazio
varco nel petto
miracolo quotidiano
tra le delusioni del giorno
ti dico tutte le cose accadute
e quelle che ancora non sono.
Metti il tuo poco nel mio
facciamoci largo
in questa pasta di cielo
l’abbraccio non ha peso
ma è aria di fiamma
che trema
come prima di un incontro
il bacio che ti devo
per essere viva.
______

Tu lo sai
non ho che questi occhi vigili da offrire
e queste mani
che lavorano la scena
di te che parli delle mie mani
e dei miei occhi, e mi chiedi del tempo
di come cambia le cose
come fa la goccia con la roccia.
E poi ti amo piano
come una silenziosa rivoluzione.
______

Quando vuoi qualcosa veramente
trovi tutto il tempo
lo spezzetti, lo arrotondi, l’ottimizzi
non tralasci, vedi in quello spazio
tutto il senso che ti aspettava buono
buono, come un cane dopo l’abbandono.
______

È di carne la parola che ti manca
che mendichi da sempre
non la pronunci
perché quando un tempo
tutto era nell’oblio
– liquido denso versato nella conca del nulla
una falda di luce ardimentosa
ha attraversato il suono

[e nulla è stato più come prima
ma tutto il nuovo
era a forma
di speranza]
______

Ho queste parole con me
mi porto dietro queste due, tre parole
una danza di sillabe storte
quattro passi barcollanti di lettere sdrucite
fonemi di garza e siero e strappi ben inamidati
ma ecco, tu con me fai la parola più forte
la parola nuova che albeggia il futuro
il soffio vitale che enuncia il chiaro
miracolando al mondo l’impossibile.
______

Povera è la voce che non trema
non traballa come fiamma al soffio
del respiro. Fammi l’estate dei gelsi
nel balsamo-madre cuci il canto
di tutte le ferite, il palpitante esodo dei flutti
rifila, annoda, tessi, dirigi certa
con ago che cura
un bisso di secoli amari
canovaccio per smarrimenti
sottile imbastitura
matassa di fragile stirpe
dacci ora parole di mussola
piccole nicchie di sutura
paternamente avvolgi le nostre mancanze,
riannoda i fili, riavvolgi, compatta, rammenda
l’identità spezzata
rocchetto dai milioni di giri
ricomponi la forma universale
il disegno d’origine, l’arazzo primordiale
ordito d’uomo che procede muto
ricamo emozionale
rifugio di tutti gli scarti
ogni cosa rinnova e spera.
______

Io imparo le cose più care
quelle che rimangono nel tempo
sempre le stesse
voce, faccia, madre, padre, figlio
e quelle che mutano di senso e di sostanza
casa, tavolo, letto, cassetto.
Io imparo l’aria asciutta del pianto
quando si secca d’improvviso
al sole del perdono.
______

Cura ci vuole
e un pizzico di attenzione

affezione

nutrire la fame della bocca
e del mistero
(piccolo vortice quotidiano)

essere

la levità del cristallo

in trasparenza
tagliare di colore
la luce

indirizzarla

al tintinnìo di una gioia
nei giorni senza voce

con quella tenerezza terribile
delle cose fragili

piccolissime.
______

La parola futuro la tiene tra i denti
un cucciolo di speranza dai calzini
rattoppati. Si costruisce il cielo
dai mozziconi di azzurro:
un tetto per l’inverno.
______

Deponete le armi voi che arrivate
offrite acqua e viveri
trionfate
magnanimi confortate
prendete pane, a lungo proferite
la parola noi, diffondete
la povera_parola_grandissima,
confortate, mettete balsamo sulle mancanze
ricucite, graziate e ringraziate.
Il tempo buono porta il vostro nome.
______

Perché l’unica cosa
che conta veramente
è questo nostro esserci
il dire noi qui, adesso
in questo istante
dove si veste di tutto
anche il nostro niente.
______

Se provassimo a fare
lentamente? Contando le pause brevi
e i lunghi periodi
lentamente sillabare ogni singola parola
scomporla, ricomporla
come esercizio di logica
lentamente scandire l’idea
imbastirla, lucidarla, entusiasmarla

se imparassimo il passo di lumaca
la sua atletica rallentata
(abbiamo anche una chiocciola
a corredo acustico)
se solo noi imparassimo a domandare lentamente

              lentamente

                              ringraziare.
______

NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE

Paola Mancinelli (Taranto, 1974). Approfondisce gli studi filosofici e teologici, ottenendo il titolo di Magistero in Scienze Religiose. È poeta e artista visuale. La sua ricerca si rivolge alla poesia e alle installazioni di arte contemporanea. Ha esposto in mostre personali, collettive e di gruppo. È presente nel volume Taranto, citta della poesia, a cura di Silvano Trevisani, Macabor (2022), nel volume Sud. Viaggio nella poesia delle donne (Volume secondo), a cura di Bonifacio Vincenzi (Macabor Editore, 2020). Ha pubblicato il libro di poesie La resa del grazie, Giuliano Ladolfi Editore (2019), con la prefazione di Giovanna Rosadini. È presente nelle raccolte poetiche Sud. I poeti (Volume sesto), a cura di Bonifacio Vincenzi, Macabor Editore (2019), Il corpo, l’eros, Giuliano Ladolfi Editore (2018), Close up. 0.10 Atti introspettivi di Sara Liuzzi, Gangemi Editore, Collana Contemporanea (2018), Parole Sante, Kurumuny Edizioni (2015). Ha pubblicato il libro d’artista Poesia, tempo presente. La parola e il tempo, Print Me Editore (2014). Suoi testi sono pubblicati su Atelier, Versante ripido, Perìgeion, Farapoesia, Centro Cultural Tina Modotti, su Repubblica Bari nella Rubrica La Bottega della Poesia curata da Vittorino Curci. Ha curato insieme ad Antonella De Biasi l’Antologia di autori vari “Cartoline dalla Puglia” per L’Erudita, marchio di Giulio Perrone Editore, 2023.
Riceve il Premio Speciale della Giuria nella 2ª Edizione del “Premio Poesia Inedita Poeti Oggi 2022” e il Primo Premio della 9ª Edizione del Concorso Internazionale di Poesia “Parasio – Città di Imperia” 2022 e il Gran Premio della Giuria nella 29ª Edizione del Premio Nazionale di Poesia Inedita “Ossi di seppia”. Svolge la professione di insegnante. Fa parte della redazione online della rivista Atelier, trimestrale di letteratura, poesia e critica per la quale cura la rubrica Visuale sul Novecento.


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